nel libero commento di Giovanna Viva
Cerchio settimo: violenti
Girone terzo: sodomiti Guido Guerra Tegghiaio Aldobrandi Jacopo Rusticucci la cascata del Flegetonte Virgilio getta nell'abisso la corda di Dante ascesa di Gerione
Già era in loco onde s'udìa 'l rimbombo de l'acqua che cadea ne l'altro giro, 3 simile a quel che l'arnie fanno rombo, |
Io ero giunto in un luogo dal quale si udiva il rimbombo dell'acqua che cadeva nell'altro giro simile al frastuono che fanno le api nelle arnie, |
quando tre ombre insieme si partiro, correndo, d'una torma che passava 6 sotto la pioggia de l'aspro martiro. |
quando tre ombre insieme si staccarono da una schiera che passava sotto la pioggia del martirio. |
Venian ver' noi, e ciascuna gridava: «Sòstati tu ch'a l'abito ne sembri 9 esser alcun di nostra terra prava». |
Esse venivano verso di noi e ciascuna gridava: «Fermati tu che dall'aspetto sembri non appartenere al nostro mondo». |
Ahimè, che piaghe vidi ne' lor membri, ricenti e vecchie, da le fiamme incese! 12 Ancor men duol pur ch'i' me ne rimembri. |
Ahimé, che piaghe vidi nei loro corpi "recenti e vecchie" rammemoranti la crudeltà impari operata dall'uomo oggi come ieri e che la Divina sentenza della legge di Causa ed Effetto, divenuta esecutiva, accende di fiamme sui corpi di coloro che inflissero il martirio. |
A le lor grida il mio dottor s'attese; volse 'l viso ver me, e: «Or aspetta», 15 disse «a costor si vuole esser cortese. |
Alle loro grida il mio dottore si arrestò e volgendosi a me: «Ora aspetta», disse «verso costoro è bene essere cortesi. |
E se non fosse il foco che saetta la natura del loco, i' dicerei 18 che meglio stesse a te che a lor la fretta». |
Se non fosse per il fuoco che saetta e per il luogo doloroso che li fa correre e urlare, io direi che meglio a te starebbe la fretta di scappare». |
Ricominciar, come noi restammo, ei l'antico verso; e quando a noi fuor giunti, 21 fenno una rota di sé tutti e trei. |
Quando noi sostammo essi ricominciarono a gridare i precedenti lamenti, facendo dei loro corpi una ruota che continuamente girava. Le tre "ombre", anime rinate in nuovo corpo, erano quelle che furono Guido Guerra, Tegghiaio Aldobrandi e Jacopo Rusticucci, i quali, come dal (Canto VI v. 81) "ch'a ben far puoser li 'ngegni". Essi furono tra i capi, i giudici e gli uomini politici e ora soffrivano il giudizio del Karma. Il loro martirio era simile a quello di coloro che essi avevano condannato in vite precedenti. Fra le pene da loro ordite per lo più contro i politici, vi era "l'ordàlia" richiesta in vertenze giuridiche, allorché i capi, non volendo assumersi la colpa delle loro ingiustizie, chiamavano in causa il giudizio di Dio. Tale condanna consisteva nella lotta corpo a corpo in cui i condannati erano costretti a lottare nudi e, affinché fosse più divertente lo spettacolo, venivano unti di vivaci colori, di olio e di altre sostanze scivolose che rendevano ancor più doloroso lo stesso martirio. Vi era anche un'altra condanna che, come questa, richiedeva i corpi nudi e unti di sostanze colorate e che veniva particolarmente inflitta dai religiosi a coloro che contrastavano il credo ufficiale che imponeva la Chiesa. Tale pena consisteva nel legare su alti pali i condannati. I pali venivano urtati fortemente fra essi per cui i martiri cozzavano fra loro fino alla morte, sempre urlando e grondando lacrime e sangue. |
Qual sogliono i campion far nudi e unti, avvisando lor presa e lor vantaggio, 24 prima che sien tra lor battuti e punti, |
Le tre "ombre" come i lottatori "nudi e unti, avvisando lor presa e lor vantaggio, prima che sien tra lor battuti e punti", avvinghiati assieme a mo' di ruota, |
così rotando, ciascuno il visaggio drizzava a me, sì che 'n contraro il collo 27 faceva ai piè continüo vïaggio. |
ruotavano e ciascuno guardava verso di me muovendosi continuamente in direzione contraria sovrapponendo la testa ai piedi e viceversa. |
E «Se miseria d'esto loco sollo rende in dispetto noi e nostri prieghi», 30 cominciò l'uno «e 'l tinto aspetto e brollo, |
E «Pure se la miseria di questo luogo putrefatto rende spregevoli noi e le nostre richieste», disse uno spirito: «e la miserevole copertura fisica dei corpi spellati e piagati, |
la fama nostra il tuo animo pieghi a dirne chi tu se', che i vivi piedi 33 così sicuro per lo 'nferno freghi. |
la fama che avemmo un tempo pieghi il tuo animo a dirci chi mai sei tu che così sicuri passi muovi in questo luogo espiativo della terra selvaggia. |
Questi, l'orme di cui pestar mi vedi, tutto che nudo e dipelato vada, 36 fu di grado maggior che tu non credi: |
Questo che ora io sono in nuovo corpo fisico, le cui orme pestar mi vedi, sebbene tutto nudo e spellacchiato vada, fu di un grado sociale maggiore di quel che tu non creda: |
nepote fu de la buona Gualdrada; Guido Guerra ebbe nome, e in sua vita 39 fece col senno assai e con la spada. |
fu nipote della buona Gualdrada (figlia di Bellincion Berti, moglie di Guido il Vecchio, capostipite dei conti Guidi); Guido Guerra ebbe nome costui che ti parla e in sua vita trascorsa fece molto con la mente e con la spada (Guido fu chiamato "Guerra" per le continue guerre e vittorie di cui si era fregiato). |
L'altro, ch'appresso me la rena trita, è Tegghiaio Aldobrandi, la cui voce 42 nel mondo sù dovrìa esser gradita. |
Laltro che dietro di me la rena calpesta, fu Tegghiaio Aldobrandi, prode cavaliere in armi e di grande autorità, il quale combatté nella certezza che la sua fama gloriosa "nel mondo sù" mondo di Lassù, sarebbe stata gradita.
Ma il pensiero divino è opposto e contrario alla logica umana che ha concezioni errate e fuori senno che si dibattono nel labirinto tetro della sconoscenza la cui via d'uscita l'uomo dovrà trovare da solo in base alla concessagli legge cosmica del "Libero Arbitrio". |
E io, che posto son con loro in croce, Iacopo Rusticucci fui, e certo 45 la fiera moglie più ch'altro mi nuoce». |
Ed io che sono posto con loro nel tormento, fui Jacopo Rusticucci e son certo che il ricordo della mia bisbetica moglie più di tutto mi nuoce». |
S'i' fossi stato dal foco coperto, gittato mi sarei tra lor di sotto, 48 e credo che 'l dottor l'avrìa sofferto; |
Se io fossi stato protetto contro il fuoco, mi sarei gettato di sotto ciù con loro e credo che il mio maestro lo avrebbe permesso, |
ma perch'io mi sarei bruciato e cotto, vinse paura la mia buona voglia 51 che di loro abbracciar mi facea ghiotto. |
ma la paura di bruciarmi vinse il mio desiderio di abbracciarli. |
Poi cominciai: «Non dispetto, ma doglia la vostra condizion dentro mi fisse, 54 tanta che tardi tutta si dispoglia, |
Poi cominciai: «La vostra condizione mi impresse nel cuore non disprezzo, ma dolore così grande che tardi svanirà, |
tosto che questo mio segnor mi disse parole per le quali i' mi pensai 57 che qual voi siete, tal gente venisse. |
e allorquando questo mio signore mi parlò, dalle sue parole compresi che altre persone del vostro rango sarebbero venute qui con voi ad espiare. |
Di vostra terra sono, e sempre mai l'ovra di voi e li onorati nomi 60 con affezion ritrassi e ascoltai. |
Sono della vostra terra e mai la vostra opera e gli onorati nomi accettai con entusiasmo. |
Lascio lo fele e vo per dolci pomi promessi a me per lo verace duca; 63 ma 'nfino al centro pria convien ch'i' tomi». |
Lascio a voi l'amaro fiele delle guerre, delle vittorie e degli onori e vado a raccogliere i dolci pomi promessimi dalla mia veritiera guida, ma prima conviene che io discenda al centro della Terra per proseguire il mio cammino nella Verità». |
«Se lungamente l'anima conduca le membra tue», rispuose quelli ancora, 66 «e se la fama tua dopo te luca, |
«Se la tua anima condurrà a lungo le tue membra fino al termine del tuo cammino», rispose Jacopo Rusticucci, «e la tua fama risplendere potrà dopo la morte, |
cortesia e valor dì se dimora ne la nostra città sì come suole, 69 o se del tutto se n'è gita fora; |
dicci se cortesia e valore dimorano in Firenze come nei tempi andati oppure sono del tutto smorzati; |
ché Guiglielmo Borsiere, il qual si duole con noi per poco e va là coi compagni, 72 assai ne cruccia con le sue parole». |
poiché Guglielmo Borsiere, da poco tempo morto, va nella schiera espiativa dei compagni e molti ne addolora con le sue parole». |
«La gente nuova e i sùbiti guadagni orgoglio e dismisura han generata, 75 Fiorenza, in te, sì che tu già ten piagni». |
«La gente nuova venuta in te, mia città le speculazioni e l'orgoglio a dismisura, ti hanno invasa, o Fiorenza, tanto che tu già ne piangi». |
Così gridai con la faccia levata; e i tre, che ciò inteser per risposta, 78 guardar l'un l'altro com'al ver si guata. |
Così gridai volgendo il viso al cielo e i tre, che le mie parole accolsero come risposta, si guardarono l'un l'altro come si guarda al vero. |
«Se l'altre volte sì poco ti costa», rispuoser tutti «il satisfare altrui, 81 felice te se sì parli a tua posta! |
«Se ti riesce così facilmente», risposero tutti «soddisfare gli altri con le tue risposte, felice te che tanto bene parli al tuo talento! |
Però, se campi d'esti luoghi bui e torni a riveder le belle stelle, 84 quando ti gioverà dicere "I' fui", |
Perciò possa tu scampare dalla buia notte di questa terrena vita e tornare lassù a rivedere paradisiaci pianeti felici "le belle stelle", quando ti sarà caro dire: "I' fui", |
fa che di noi a la gente favelle». Indi rupper la rota, e a fuggirsi 87 ali sembiar le gambe loro isnelle. |
... non più sono nella vita del tristo dormire umano, fui nel dolore, sperai ed ora ho raggiunto il Celeste traguardo,
quel giorno tu parla di noi ai Fratelli del Cielo, affinché ci giunga il loro aiuto». Dopo questa invocazione che valse una preghiera alla Potenza Divina, essi ruppero la ruota dei loro corpi avvinti e piagati e per grazia di Dio corsero via lievi e veloci come se le loro gambe, non più spellate e sanguinanti "di vecchie e nuove ferite", ma libere e snelle, fossero divenute ali. |
Un amen non saria potuto dirsi tosto così com'e' fuoro spariti; 90 per ch'al maestro parve di partirsi. |
Un "Amen", quale fine di preghiera dopo le loro parole, sarebbe stato impossibile dirlo, che tanto veloci fuggirono da quel "luogo sollo", fradicio di infernale tormento. |
La Legge Cosmica del Libero Arbitrio, consente l'aiuto divino quando questo viene richiesto e, nell'equilibrio della Legge contemplata nelle parole del Cristo "Chiedi e ti sarà dato, bussa e ti sarà aperto", quelle anime furono graziate. Virgilio, dopo tale compito di Celeste aiuto, si predispone a partire da quel luogo dove, tramite Dante, una stilla di bene aveva brillato.
Io lo seguiva, e poco eravam iti, che 'l suon de l'acqua n'era sì vicino, 93 che per parlar saremmo a pena uditi. |
Eravamo da poco partiti quando udì l'acqua scrosciante nell'altro girone, a me così vicina, che se avessimo parlato avremmo appena potuto udirci. |
Come quel fiume c'ha proprio cammino prima dal Monte Viso 'nver' levante, 96 da la sinistra costa d'Apennino, |
Come quel fiume che ha un suo proprio corso e che partendo dal Monviso va verso levante dal versante sinistro dell'Appennino, |
che si chiama Acquacheta suso, avante che si divalli giù nel basso letto, 99 e a Forlì di quel nome è vacante, |
prendendo il nome di Acquacheta prima di scendere a valle e poi a Forlì perde quel nome, |
rimbomba là sovra San Benedetto de l'Alpe per cadere ad una scesa 102 ove dovea per mille esser recetto; |
e rimbomba su San Benedetto dell'Alpe cadendo in una sola discesa mentre dovrebbe da molte altre essere ricevuto, |
così, giù d'una ripa discoscesa, trovammo risonar quell'acqua tinta, 105 sì che 'n poc'ora avria l'orecchia offesa. |
così giù da un lato discosceso trovammo assordante il fragore dell'acqua sanguigna tanto che io in poco tempo avevo l'orecchio dolente. |
Io avea una corda intorno cinta, e con essa pensai alcuna volta 108 prender la lonza a la pelle dipinta. |
Io avevo una corda a mo' di cinta e con essa pensai di prendere la lonza e la sua pelle dipinta di purezza immacolata, scoprendo così la sua vera natura di bestia cupida e malvagia, ma Virgilio lesse il mio pensiero. |
Poscia ch'io l'ebbi tutta da me sciolta, sì come 'l duca m'avea comandato, 111 porsila a lui aggroppata e ravvolta. |
Sciolsi la corda, come il maestro aveva comandato e la porsi a lui ammatassata e raccolta. |
Ond'ei si volse inver' lo destro lato, e alquanto di lunge da la sponda 114 la gittò giuso in quell'alto burrato. |
Egli volgendo dal lato destro, la gettò giù nel centro del burrone. |
'E' pur convien che novità risponda' dicea fra me medesmo 'al novo cenno 117 che 'l maestro con l'occhio sì seconda'. |
Io tra me pensai che qualcosa di nuovo avrebbe seguito l'insolito gesto, mentre Virgilio con lo sguardo seguiva attentamente. |
Ahi quanto cauti li uomini esser dienno presso a color che non veggion pur l'ovra, 120 ma per entro i pensier miran col senno! |
Ahi quanto gli uomini dovrebbero esser cauti di fronte agli Esseri superiori che non badano solo alle opere, ma leggono nella mente! |
El disse a me: «Tosto verrà di sovra ciò ch'io attendo e che il tuo pensier sogna; 123 tosto convien ch'al tuo viso si scovra». |
Virgilio mi disse: «Presto verrà da sopra sulla Terra ciò che io attendo e che il tuo cuore sogna e che conviene si palesi allo sguardo umano».
Qui si ripete il concetto precedente: "Oh quanto tarda a me ch'altri qui giunga!". |
Virgilio torna a riferirsi all'atterraggio visibile per tutti dei Fratelli extraterrestri che scenderanno ad annunciarci il Ritorno del Cristo, come dell'Apocalisse (1:7): "Ecco, Egli viene con le nuvole e ogni occhio lo vedrà, anche quelli che lo hanno trafitto e tutte le nazioni della Terra faran codoglio per Lui".
"Con le nuvole": I popoli Sumeri, Caldei, Maya, Egizi, a causa della loro scarsa conoscenza scientifica, definivano i mezzi spaziali "Nuvole", "Turbi", "Carri Alati", "Carri di Fuoco"; nel Medio Evo "Clipeus Ardens" e ancora dopo "Globi", oggi da noi " Dischi Volanti".
Virgilio disse: "Tosto conviene che al tuo intendere si palesi la Verità del Cielo e si annienti la menzogna".
Il gesto di Virgilio nel gettare la corda come cosa inservibile, dimostra che nessun mezzo umano potrebbe vincere la "Bestia" mascherata di santità, poiché grande è la sua potenza malefica e che soltanto dal Cielo giungere potrà l'annientamento di cotanto male.
Sempre a quel ver c'ha faccia di menzogna de' l'uom chiuder le labbra fin ch'el puote, 126 però che sanza colpa fa vergogna; |
Oggi come sempre chi è nella Verità delle Leggi Cosmiche che regolano il cammino della vita nel tempo e nello spazio, deve tacere finché può, chiudere la bocca a quella Verità Divina che dalla umana incapacità di intendere è sempre condannata come menzogna. Pertanto colui che ne parla subisce l'onta, la vegogna di essere definito un folle; |
ma qui tacer nol posso; e per le note di questa comedìa, lettor, ti giuro, 129 s'elle non sien di lunga grazia vòte, |
ma io qui tacere non posso e per la melodìa poetica di questa commedia, lettore, ti giuro, per quanto è vero che queste rime non sono vuote di eterna grazia Celeste, |
ch'i' vidi per quell'aere grosso e scuro venir notando una figura in suso, 132 maravigliosa ad ogne cor sicuro, |
che io vidi nello spazio denso e scuro, venire nuotando una meravigliosa figura in alto, che donava conforto e rendeva ogni cuore sicuro, |
sì come torna colui che va giuso talora a solver l'àncora ch'aggrappa o scoglio o altro che nel mare è chiuso, 136 che 'n sù si stende, e da piè si rattrappa. |
così come torna alla superficie colui che s'immerge nel fondo marino a liberare l'ancora e che si aggrappa allo scoglio o ad altro sostegno esistente nel mare e con la parte superiore del corpo si distende verso l'alto e si rattrappisce nelle gambe per spingersi in sopra, così la figura meravigliosa andava a fatica nell'aere denso e buio di peccato. |