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La Commedia
di Dante Alighieri

alla luce della Filosofia Cosmica
in chiave parapsicologica

INFERNO ­ Canto XV

nel libero commento di Giovanna Viva

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Cerchio settimo: violenti
Girone terzo: violenti contro Dio nella natura (sodomiti) ­ Brunetto Latini ­ altri sodomiti della schiera di ser Brunetto
I sodomiti devono correre divisi in schiere sotto la pioggia di fuoco



       Ora cen porta l'un de' duri margini;
     e 'l fummo del ruscel di sopra aduggia,
   3 sì che dal foco salva l'acqua e li argini.

Ora ci accompagna uno dei duri margini che costeggia la Terra "selva dei suicidi" e il fumo del sangue indugia di sopra e dal fuoco salva l'acqua e gli argini (dell' "altra sponda", che va oltre la selva dei suicidi).

       Quali Fiamminghi tra Guizzante e Bruggia,
     temendo 'l fiotto che 'nver lor s'avventa,
   6 fanno lo schermo perché 'l mar si fuggia;

Come i Fiamminghi fra Guizzante e Bruggia, temendo il flutto del mare che impetuoso avanza, fanno con le dighe un riparo affinché il mare si ritiri;

       e quali Padoan lungo la Brenta,
     per difender lor ville e lor castelli,
   9 anzi che Carentana il caldo senta:

e come i Padovani lungo il Brenta costruiscono argini per salvare città e castelli prima dello sciogliersi delle nevi sul Carentana, nel Trentino:

       a tale imagine eran fatti quelli,
     tutto che né sì alti né sì grossi,
  12 qual che si fosse, lo maestro félli.

a tale immagine erano fatti quelli (che stanno a riparare tutto ciò che ha vita oltre la Terra), ma chiunque ne fosse stato l' "Artefice", essi non erano né così alti, né così grossi (avevano dimensioni cosmiche).

[chiarificazioni inferno] de' duri margini ­ v. 1 [chiarificazione precedente] [chiarificazione seguente]

Il Maestro, l'Artefice "de' duri margini" del fiume di sangue, fu l'Architetto del Tutto, Iddio Creatore. Gli argini, atti ad ostacolare lo straripamento di questa immensa fiumana di sangue e di tormento, circondano il pianeta Terra, straziante letto del Flegetonte, poiché i duri argini altro non sono che il "duro divieto" di oltrepassare quei limiti e confini consentiti dalla legge Cosmica del "libero arbitrio" ad ogni umanità nel proprio pianeta. Duri argini a difesa di mondi migliori.

Ed ecco che dietro agli argini del Flegetonte attende il Veltro, Luciferiana purificazione, pronta a divorare il male umano, questa "Bestia" che, lasciata libera, distruggerebbe al completo la Terra, la cui disintegrazione sconvolgerebbe "l'Equilibrio Armonico" dell'intero sistema solare, nuocendo inoltre a tutte le popolazioni dei pianeti vicini, ai quali la Terra è collegata.
Ed ecco perché le Creature Celesti non potranno intervenire prima dell'ultimo apocalittico momento per offrirci il loro fraterno aiuto. È così che dietro agli Argini del Flegetonte attende il Veltro per annullare il male umano a difesa degli altri mondi e di quanto di bello e di puro ci offre il Cielo.

[chiarificazioni inferno] [chiarificazione precedente] [chiarificazione seguente]



       Già eravam da la selva rimossi
     tanto, ch'i' non avrei visto dov'era,
  15 perch'io in dietro rivolto mi fossi,

Già eravamo lontani dalla selva tanto che io non vidi dove era per quanto io mi fossi rivolto indietro,

       quando incontrammo d'anime una schiera
     che venìan lungo l'argine, e ciascuna
  18 ci riguardava come suol da sera

quando incontrammo una schiera di anime che venivano lungo l'argine e ciascuna riguadava come si suole a sera

       guardare uno altro sotto nuova luna;
     e sì ver' noi aguzzavan le ciglia
  21 come 'l vecchio sartor fa ne la cruna.

guardare un altro sotto nuova luna e sì che noi aguzzavamo lo sguardo come il vecchio sarto fa nella cruna dell'ago.

       Così adocchiato da cotal famiglia,
     fui conosciuto da un, che mi prese
  24 per lo lembo e gridò: «Qual maraviglia!»

Così adocchiato da cotal famiglia, fui riconosciuto da un tale che mi prese per un lembo dell'abito e gridò: «Qual maraviglia!»

       E io, quando 'l suo braccio a me distese,
     ficcai li occhi per lo cotto aspetto,
  27 sì che 'l viso abbrusciato non difese

Egli distese il suo braccio verso di me e io lo guardai attentamente per riconoscerlo attraverso le sue sembianze bruciate dal dolore. Il suo aspetto dolorante non mi impedì

       la conoscenza sua al mio 'ntelletto;
     e chinando la mano a la sua faccia,
  30 rispuosi: «Siete voi qui, ser Brunetto?»

di riconoscerlo e chinando la mano verso il suo viso, gli risposi: «Siete voi, ser Brunetto?»

       E quelli: «O figliuol mio, non ti dispiaccia
     se Brunetto Latino un poco teco
  33 ritorna 'n dietro e lascia andar la traccia».

Ed egli: «O figliuol mio, non ti dispiaccia se io, Brunetto Latini, lasciando la mia schiera, resto indietro a parlar con te».

       I' dissi lui: «Quanto posso, ven preco;
     e se volete che con voi m'asseggia,
  36 faròl, se piace a costui che vo seco».

Io gli dissi: «Per quel poco che io posso, vi prego di fermarvi con me e se volete che con voi io mi attardi, se piace a costui col quale io vado, lo farò».

       «O figliuol», disse, «qual di questa greggia
     s'arresta punto, giace poi cent'anni
  39 sanz'arrostarsi quando 'l foco il feggia.

«O figliuol», disse Ser Brunetto, «chi arresta il suo andare verso la via espiativa, giace poi cent'anni senza "arrostirsi".

Senza cioè finire di bruciare il suo Karma mentre il fuoco espiativo che dovrebbe completare la purificazione spirituale in poco tempo, continua a colpirlo a lungo.
Ciò si riferisce a coloro che arrestano l'evoluzione ricadendo negli errori; questa sosta prolunga nel tempo dei secoli il proprio cammino sulla via del Karma.


       Però va oltre: i' ti verrò a' panni;
     e poi rigiugnerò la mia masnada,
  42 che va piangendo i suoi etterni danni».

Perciò tu vai oltre, continua la tua strada, io ti verrò accanto e solo così senza attardarmi, potrò raggiungere la mia schiera che va piangendo i danni eterni procurati dai suoi errori nel mondo».

(Errori sodomitici: errori della Scienza).
Il peccato Sodomitico, come già si è affermato, concerne soprattutto l'opera di una Scienza inconsulta che procreava esseri deformi attraverso esperimenti e contatti di fecondazione animale­umana.


       I' non osava scender de la strada
     per andar par di lui; ma 'l capo chino
  45 tenea com'uom che reverente vada.

Io non osavo scendere con ser Brunetto, lungo la strada della sua espiazione ma gli parlai a capo chino per dimostrargli il rispetto che ancora per lui serbavo.

       El cominciò: «Qual fortuna o destino
     anzi l'ultimo dì qua giù ti mena?
  48 e chi è questi che mostra 'l cammino?»

Egli mi disse: «Quale fortuna o destino, prima dell'ultimo tuo passo evolutivo qui ti mena? e chi è costui che ti indica il cammino?»

       «Là sù di sopra, in la vita serena»,
     rispuos'io lui, «mi smarri' in una valle,
  51 avanti che l'età mia fosse piena.

«Lassù, di sopra, fra i pianeti dove la vita è serena», io gli risposi, «mi smarrii in una popolazione che il suo pianeta aveva mutato in una valle di lacrime. In quella "valle" io mi smarrii prima che la mia età evolutiva raggiungesse la pienezza dell'invulnerabilità.

       Pur ier mattina le volsi le spalle:
     questi m'apparve, tornand'ïo in quella,
  54 e reducemi a ca per questo calle».

Pure ieri mattina (cioè non molto tempo addietro, alba di un'Era interplanetaria), volsi le spalle alla mia evoluzione (chiarificazione: Scala dell'Evoluzione). Io rischiai di ritornare indietro lungo il cammino evolutivo già percorso (Canto I ­ v. 13­30): costui mi apparve, mi riportò in salvo ed ora mi riconduce "A CASA" per questo calle di insegnamenti di Verità».

Mi riconduce verso la mia vera casa, il Cosmo infinito, nella vera, eterna famiglia universale, che dimora, come diceva Gesù "NELLE MOLTE STANZE DELLA CASA DEL PADRE", per significare i molti pianeti sparsi nel "Cosmo infinito", la casa del Padre.


       Ed elli a me: «Se tu segui tua stella,
     non puoi fallire a glorïoso porto,
  57 se ben m'accorsi ne la vita bella;

E ser Brunetto a me: «Se tu segui la tua stella di Equilibrio d'Amore e se io ben ti giudicai dalla tua luce spirituale, quando eravamo nella Celeste vita bella, non puoi fallire nel tornare al glorioso Porto, nei Paradisiaci pianeti di felicità;

       e s'io non fossi sì per tempo morto,
     veggendo il cielo a te così benigno,
  60 dato t'avrei a l'opera conforto.

e se io non fossi morto tanto presto, vedendo il Cielo a te così favorevole, ti avrei confortato e seguito nella tua missione di Verità che porti al mondo.

       Ma quello ingrato popolo maligno
     che discese di Fiesole ab antico,
  63 e tiene ancor del monte e del macigno,

Ma quell'ingrato popolo maligno disceso in origine da Fiesole, serba in sé l'asprezza dei monti e la caparbietà del macigno,

       ti si farà, per tuo ben far, nimico;
     ed è ragion, ché tra li lazzi sorbi
  66 si disconvien fruttare al dolce fico.

       Vecchia fama nel mondo li chiama orbi;
     gent'è avara, invidiosa e superba:
  69 dai lor costumi fa che tu ti forbi.

ti sarà nemico.

(Dante, infatti, fu giudicato pazzo e visionario come tutti i portatori di verità d'ogni tempo ed in seguito una sorta di poemone dottrinale e arido espresse giudizi stroncatori nei confronti della Commedia.
Fra gli studiosi positivisti sorsero altri incompetenti la cui presunzione portò ad un acuirsi di giudizi negativi e, mentre pochi intellettuali riguardo a Dante palesavano posizioni più mature e ponderate, la Commedia fu da altri giudicata con disprezzo. Il Beni definì Dante "poeta di niun giudizio e ingegno" e la Commedia "un miscuglio o capriccio senza forma e poetica azione". Voltaire espresse in merito un giudizio negativo e Melchiorre Casarotti definì il capolavoro dantesco "un guazzabuglio mostruoso". Ma Dante fu definito in seguito il più gran poeta e si tennero conferenze in tutte le parti del mondo che esaltarono il suo grande capolavoro).

ed è giusto che fra gli aciduli, aspri sorbi, non dia frutto il dolce fico.
Sarebbe sprecato il buon frutto fra gli sterpi, cioè come dire, nelle parole di Cristo, "NON DARE LE PERLE AI PORCI".
Costoro che, come Gesù diceva "non hanno occhi per vedere né orecchie per sentire",

La vecchia fama che di loro è nel mondo li chiama "orbi"; questa è gente avara, invidiosa e superba: dai suoi costumi tieniti lontano.


       La tua fortuna tanto onor ti serba,
     che l'una parte e l'altra avranno fame
  72 di te; ma lungi fia dal becco l'erba.

"La tua Fortuna", l'Amore, cioè che riscuoti dal Cielo, tanto onor ti serba, poiché sia per l'una che per l'altra parte del mondo (buoni e cattivi) sarà necessaria la tua parola di Verità; ma lungi sia dagli uccelli l'erba.

Perché non saprebbero che farsene, così come lungi sia dai buoi il miglio. Ognuno abbia ciò che gli si addice.
Ser Brunetto, fra le "bestie Fiesolane" include quella parte di umanità che la Verità rinnega, quella parte del mondo che disconosce la parte animica che lega ogni essere all'Universo e attraverso cui vive nel Tutto­DIO.
L'uomo che questo ignora non cammina sulla via dell'Equilibrio e dell'armonia. Esso, ignorando che Dio è Giustizia, opera con ingiustizia, ignorando che Dio è Amore e Pace, egli odia e vive di guerra. È così che "l'uomo sapiens" si tramuta in "uomo bestia". Ecco le "bestie Fiesolane" da identificarsi in gran parte dell'Umanità.


       Faccian le bestie fiesolane strame
     di lor medesme, e non tocchin la pianta,
  75 s'alcuna surge ancora in lor letame,

"Faccian le bestie fiesolane strame di lor medesme", facciano esse pure letame dalla loro materia che è unico scopo della loro vita e non tocchino la pianta, se alcuna ancor sorgesse nel loro letame,

       in cui riviva la sementa santa
     di que' Roman che vi rimaser quando
  78 fu fatto il nido di malizia tanta».

quella pianta in cui riviva la Semenza Santa di quei Romani che "vi rimaser", che lasciarono la vita nelle stragi dei Cristiani, quando fu fatto in Roma "il nido di malizia tanta", il nido malefico della "città di Dite"».

       «Se fosse tutto pieno il mio dimando»,
     rispuos'io lui, «voi non sareste ancora
  81 de l'umana natura posto in bando;

«Se la domanda che mi pongo fosse pienamente esatta», risposi io a lui, «voi non sareste ancora dalla gente umana messo al bando ("Messo al bando", scacciato, cioè "ucciso");

       ché 'n la mente m'è fitta, e or m'accora,
     la cara e buona imagine paterna
  84 di voi quando nel mondo ad ora ad ora

e ciò ora mi accora poiché nella mente mia è scolpita la cara e buona immagine paterna di voi di quando di ora in ora

       m'insegnavate come l'uom s'etterna:
     e quant'io l'abbia in grado, mentr'io vivo
  87 convien che ne la mia lingua si scerna.

m'insegnavate come l'uomo raggiunge la Vita Eterna. Per quanto il vostro insegnamento io abbia gradito in cuore per tutta la mia esistenza, è bene che nelle mie parole si discerna.

       Ciò che narrate di mio corso scrivo,
     e serbolo a chiosar con altro testo
  90 a donna che saprà, s'a lei arrivo.

Ciò che Voi narraste nel mio linguaggio scrivo e lo serbo per chiarire con altro testo, a donna che saprà farlo se a lei con mio messaggio arrivo.

   E se lo intender mio fu manifesto,
se esto mio ricordo non m'inganna,
«donna» io saria «a chiosar con altro testo»
in ver nomata «Viva» e pur «Giovanna»


       Tanto vogl'io che vi sia manifesto,
     pur che mia coscïenza non mi garra,
  93 ch' a la Fortuna, come vuol, son presto.

Questo io voglio che vi sia conosciuto e se in coscienza non erro, qualunque sia la volontà della fortuna, io son pronto.

       Non è nuova a li orecchi miei tal arra:
     però giri Fortuna la sua rota
  96 come le piace, e 'l villan la sua marra».

Tale profezia non è nuova al mio sentire, ma giri pure Fortuna la sua ruota come le piace e al villano sia data sua marra». (Così come allo scrittore la penna) ognuno abbia cioè ciò che gli compete.

       Lo mio maestro allora in su la gota
     destra si volse in dietro, e riguardommi;
  99 poi disse: «Bene ascolta chi la nota».

Il mio maestro allora, dalla parte destra si volse, tornò a guardarmi e disse: «Bene intende tale profezia colei che l'ha già nota nella memoria».

       Né per tanto di men parlando vommi
     con ser Brunetto, e dimando chi sono
 102 li suoi compagni più noti e più sommi.

Non pertanto desidero di meno parlare con ser Brunetto e gli domando chi sono i suoi compagni più noti e più importanti che son con lui nella schiera espiativa.

       Ed elli a me: «Saper d'alcuno è buono;
     de li altri fia laudabile tacerci,
 105 ché 'l tempo sarìa corto a tanto suono.

Ed egli a me: «Saper di qualcuno è bene, degli altri è preferibile tacerci, poiché il tempo sarebbe breve per tanto lungo discorso.

       In somma sappi che tutti fur cherci
     e litterati grandi e di gran fama,
 108 d'un peccato medesmo al mondo lerci.

In conclusione sappi che tutti furon ciechi anche i letterati grandi e di gran fama, di un medesimo peccato contro l'Equilibrio creativo tutti lerci.

       Priscian sen va con quella turba grama,
     e Francesco d'Accorso anche; e vedervi,
 111 s'avessi avuto di tal tigna brama,

Priscian di Cesarea, celebre giurista della metà del VI secolo d.C. se ne va con quella miseria turba dolente ed è con lui Francesco d'Accorso (figlio del grande Giurista fiorentino Accurso da Bagnolo, professore di diritto, che si trasferì ad Oxford chiamatovi da Edoardo I, re d'Inghilterra); e se tu ancora avessi desiderio di guardare in tale turba misera,

       colui potei che dal servo de' servi
     fu trasmutato d'Arno in Bacchiglione,
 114 dove lasciò li mal protesi nervi.

potresti vedere colui che dal Papa fu trasferito d'Arno in Bacchiglione (da Firenze a Vicenza, per le sue sodomitiche tendenze), dove lasciò i suoi nervi malamente tesi.

       Di più direi; ma 'l venire e 'l sermone
     più lungo esser non può, però ch'i' veggio
 117 là surger nuovo fummo del sabbione.

Direi di più; ma non posso, poiché vedo laggiù alzarsi un nuovo polverone infuocato sul rosso sabbione.

       Gente vien con la quale esser non deggio.
     Sieti raccomandato il mio Tesoro,
 120 nel qual io vivo ancora, e più non cheggio».

Una nuova schiera di gente con la quale non devo essere. Ti sia raccomandato il "Tesoro" della mia vita espiativa nella quale ora io vivo ancora e più non chiedo».

Il "Tesoro" della vita espiativa è dono Divino che purifica l'Anima, innalza lo Spirito al Regno Celeste. In altre parole, la raccomandazione di Ser Brunetto significa "prega per me".


       Poi si rivolse, e parve di coloro
     che corrono a Verona il drappo verde
     per la campagna; e parve di costoro
 124   quelli che vince, non colui che perde.

Poi si rivolse sulla strada dell'espiazione e parve di coloro che partecipano al Palio di Verona correndo per la campagna col drappo verde (ma consapevole che una ventata di bufera spinge avanti il battello lungo il tempestoso mare della vita, che le folate vorticose del vento che sale dagli abissi del dolore dissipa le nubi affinché il sole dell'evoluzione sorga sulle acque scintillanti, poiché dal Male scaturisce il Bene), il nobile Maestro parve di costoro quello che vince e non colui che perde.

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