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La Commedia
di Dante Alighieri

alla luce della Filosofia Cosmica
in chiave parapsicologica

INFERNO ­ Canto XVII

nel libero commento di Giovanna Viva

[linea separazione]

Cerchio settimo: violenti
Girone terzo: violenti contro Dio nella natura (sodomiti) e nell'arte (usurai) ­ Gerione ­ gli usurai ­ discesa al cerchio ottavo in groppa a Gerione
Gli usurai siedono sotto la pioggia di fuoco

[chiarificazioni inferno] Gerione ­ v. 1­15 [chiarificazione precedente] [chiarificazione seguente]


       «Ecco la fiera con la coda aguzza,
     che passa i monti, e rompe i muri e l'armi!
   3 Ecco colei che tutto 'l mondo appuzza!»

«La fiera armata di coda a mo' di spada e che va da nazione in nazione, oltrepassando i monti e distruggendo città, eserciti e fortezze! È questo il mostro di inaudita violenza che tutto il mondo sconvolge!»

È la guerra che nasce dal pensiero gerarchico:
"Gerione" gerarchica funzione (Foto ..K). [da realizzare]


       Sì cominciò lo mio duca a parlarmi;
     e accennolle che venisse a proda,
   6 vicino al fin d'i passeggiati marmi.

Il maestro, dopo avermi parlato, fece cenno alla bestia che approdasse vicino al termine delle strade di pietra.

       E quella sozza imagine di froda
     sen venne, e arrivò la testa e 'l busto,
   9 ma 'n su la riva non trasse la coda.

E quel laido simbolo di frode ci venne vicino arrivando fino a noi con la testa e col busto, ma non trasse la coda sulla riva.
Nascondendo così la parte violenta del suo corpo armato. Esso giunse fino a noi così come sarebbe arrivato in capo al mondo, poiché per tutto il pianeta si estende il pensiero gerarchico.

       La faccia sua era faccia d'uom giusto,
     tanto benigna avea di fuor la pelle,
  12 e d'un serpente tutto l'altro fusto;

Gerione aveva la faccia di un uomo giusto e tanto benevolo l'aspetto ma di serpente aveva il lungo corpo;

       due branche avea pilose insin l'ascelle;
     lo dosso e 'l petto e ambedue le coste
  15 dipinti avea di nodi e di rotelle.

due branche (che simboleggiavano il prepotente ghermire umano che schiaccia con ferro e fuoco la vita e la libertà altrui) pelose fino alle ascelle (tali branche erano il simbolo della forza prepotente che tende ad impadronirsi degli averi del mondo stendendo il suo avido abbraccio per tutta la Terra); il dorso, il petto e i fianchi aveva dipinti di nodi e rotelle (simboli entrambi dei raggiri e delle storture che stringono e annodano la volontà umana costringendo l'uomo in un cerchio chiuso senza via d'uscita).

[chiarificazioni inferno] [chiarificazione precedente] [chiarificazione seguente]



       Con più color, sommesse e sovraposte
     non fer mai drappi Tartari né Turchi,
  18 né fuor tai tele per Aragne imposte.

Né Tartari né Turchi fecero mai, nella loro rinomata arte della tessitura, simili drappi con tanti colori e fondi e rilievi di ricamo; né mai furono ideate e composte simili tele dalla mitologica tessitrice Aragno.
Si tratta di Oracne, che fu trasformata in "ragno" per avere osato sfidare la dea Minerva in una gara di ricamo.

       Come talvolta stanno a riva i burchi,
     che parte sono in acqua e parte in terra,
  21 e come là tra li Tedeschi lurchi

Come talvolta stanno a riva "i burchi", barchette fluviali che sono tratte a riva di modo che in parte sono sulla spiaggia e in parte in acqua e come nei fiumi in Germania

       lo bivero s'assetta a far sua guerra,
     così la fiera pessima si stava
  24 su l'orlo ch'è di pietra e 'l sabbion serra.

"lo bivero" il castoro si prepara a pescare tenendo il corpo sulla terraferma e in acqua la coda e che trasudando una sorta di grasso attira i pesci, così Gerione stava sull'orlo di pietra che circonda il sabbione.

       Nel vano tutta sua coda guizzava,
     torcendo in sù la venenosa forca
  27 ch'a guisa di scorpion la punta armava.

Tutta la sua coda guizzava nel vuoto, torcendo in sù la velenosa forca che a guisa di scorpione la punta armava.
La coda biforcuta ricorda le tenaglie dello scorpione nella ricerca spasmodica della preda, e la "forca" le condanne ordite da "Gerione" nel mondo intero.

       Lo duca disse: «Or convien che si torca
     la nostra via un poco insino a quella
  30 bestia malvagia che colà si corca».

Virgilio disse: «Ora è opportuno deviare il nostro cammino fino a Gerione che colà è adagiato».

       Però scendemmo a la destra mammella,
     e diece passi femmo in su lo stremo,
  33 per ben cessar la rena e la fiammella.

Scendemmo dal lato destro e dopo pochi passi fummo sull'orlo estremo per bene scansare la rena infuocata e le sue fiammelle.

       E quando noi a lei venuti semo,
     poco più oltre veggio in su la rena
  36 gente seder propinqua al loco scemo.

Quando fummo vicini alla bestia, io vidi gente, un po' più oltre sulla rena, che era seduta sul lato prospicuo alla discesa.

       Quivi 'l maestro «Acciò che tutta piena
     esperïenza d'esto giron porti»,
  39 mi disse, «va, e vedi la lor mena.

E qui il maestro: «Affinché di questo girone tu porti piena esperienza», mi disse, «Va e vedi la loro condizione di vita.

       Li tuoi ragionamenti sian là corti;
     mentre che torni, parlerò con questa,
  42 che ne conceda i suoi omeri forti».

I tuoi discorsi fra costoro siano brevi. Mentre tu sei colà io parlerò con questa bestia affinché ci conceda i suoi omeri forti per trasportarci nel cerchio sottostante».

       Così ancor su per la strema testa
     di quel settimo cerchio tutto solo
  45 andai, dove sedea la gente mesta.

Così continuai tutto solo per l'estrema altura di quel settimo cerchio dove sedeva la gente mesta.

       Per li occhi fora scoppiava lor duolo;
     di qua, di là soccorrien con le mani
  48 quando a' vapori, e quando al caldo suolo:

Il loro dolore esplodeva dagli occhi in lacrime dolorose e di quà e di là si riparavano con le mani, quando dai vapori infuocati e quando dal caldo sabbione:

       non altrimenti fan di state i cani
     or col ceffo, or col piè, quando son morsi
  51 o da pulci o da mosche o da tafani.

così come d'estate fanno i cani or col muso, ora con i piedi quando sono morsi dagli insetti.

       Poi che nel viso a certi li occhi porsi,
     ne' quali 'l doloroso foco casca,
  54 non ne conobbi alcun; ma io m'accorsi

Dopo che ebbi gaurdato nel volto di alcuni, non riconobbi gli spiriti degli usurai ma mi accorsi

       che dal collo a ciascun pendea una tasca
     ch'avea certo colore e certo segno,
  57 e quindi par che 'l loro occhio si pasca.

che dal collo di ciascuno pendeva una tasca che aveva un certo colore e un certo segno decorativo sul quale i loro occhi pareva si pascessero.

       E com'io riguardando tra lor vegno,
     in una borsa gialla vidi azzurro
  60 che d'un leone avea faccia e contegno.

E riguardando, in una borsa gialla vidi azzurro che aveva la figura di un leone.
Era lo stemma di un leone azzurro in campo giallo.

       Poi, procedendo di mio sguardo il curro,
     vidine un'altra come sangue rossa,
  63 mostrando un'oca bianca più che burro.

Poi scorrendo ancora il mio sguardo, vidi un'altra borsa rossa come il sangue che al centro mostrava un'oca bianca.
Era lo stemma di un'oca bianca in campo rosso.

       E un che d'una scrofa azzurra e grossa
     segnato avea lo suo sacchetto bianco,
  66 mi disse: «Che fai tu in questa fossa?

Un altro aveva una scrofa azzurra e grossa segnata sopra il suo sacchetto bianco e mi disse: «Che fai tu in questa fossa?

       Or te ne va; e perché se' vivo anco,
     sappi che 'l mio vicin Vitalïano
  69 sederà qui dal mio sinistro fianco.

Ora vattene; e poiché sei anche tu nella Verità, sappi che il mio vicino Vitaliano siederà qui sulla mia sinistra (dando a me l'onore del lato destro).

       Con questi Fiorentin son padoano:
     spesse fïate mi 'ntronan li orecchi
  72 gridando: "Vegna 'l cavalier sovrano,

Tra questi Fiorentini io mi onoro d'esser padovano, essi spesso mi rintronano gli orecchi gridando: "Venga il cavaliere sovrano,

       che recherà la tasca con tre becchi!"»
     Qui distorse la bocca e di fuor trasse
  75 la lingua, come bue che 'l naso lecchi.

che recherà la tasca con tre becchi!"» A tal punto il padovano con gesto sprezzante trasse fuori la lingua stirandola verso il naso.

Gianni Buiamonte dei Becchi, usuraio fiorentino, che fu condannato per truffa, aveva sullo stemma, in base al suo nome "dei Becchi" tre becchi gialli di nibbio in campo azzurro.


       E io, temendo no 'l più star crucciasse
     lui che di poco star m'avea 'mmonito,
  78 torna'mi in dietro da l'anime lasse.

E io temendo che la mia permanenza colà crucciasse lui che mi aveva ammonito di ardar via, ritornai allontanandomi da quelle anime stanche.

       Trova' il duca mio ch'era salito
     già su la groppa del fiero animale,
  81 e disse a me: «Or sie forte e ardito.

Ritrovai il mio maestro che era seduto in groppa al fiero Gerione e che mi disse: «Ora sii forte e ardito.

       Omai si scende per sì fatte scale:
     monta dinanzi, ch'i' voglio esser mezzo,
  84 sì che la coda non possa far male».

Ormai si scende per tali paurose scale, monta dinanzi che io voglio stare in mezzo così che la coda non possa attanagliarti per condurti nel vortice del suo gioco».

       Qual è colui che sì presso ha 'l riprezzo
     de la quartana, c'ha già l'unghie smorte,
  87 e triema tutto pur guardando 'l rezzo,

Come colui che prova ribrezzo della febbre malarica e che dallo spavento ha già unghie livide e trema tutto al sol guardare,

       tal divenn'io a le parole porte;
     ma vergogna mi fé le sue minacce,
  90 che innanzi a buon segnor fa servo forte.

così divenni io alle parole sue, ma nascosi la mia paura per quella vergogna che, in presenza del padrone valoroso, fa il servo forte.

       I' m'assettai in su quelle spallacce:
     sì volli dir, ma la voce non venne
  93 com'io credetti: 'Fa che tu m'abbracce'.

Io mi sedetti sulle spalle di Gerione, credetti di poter dire al maestro di abbracciarmi, ma la voce non venne.

       Ma esso, ch'altra volta mi sovvenne
     ad altro forse, tosto ch'i' montai
  96 con le braccia m'avvinse e mi sostenne;

Ma egli lesse il mio pensiero come altre volte aveva fatto e quando io fui accanto a lui, con le braccia mi avvinse e mi sostenne;

       e disse: «Gerïon, moviti omai:
     le rote larghe e lo scender sia poco;
  99 pensa la nova soma che tu hai».

e disse: «Gerione, moviti ormai: le tue ruote vadano in lento giro e l'andare ti sia tranquillo: pensa alla nuova insolita soma che hai».

       Come la navicella esce di loco
     in dietro in dietro, sì quindi si tolse;
 102 e poi ch'al tutto si sentì a gioco,

Come una navicella che si stacca a ritroso dalla riva così Gerione si staccò da lì e quando si sentì a suo agio,

       là 'v'era 'l petto, la coda rivolse,
     e quella tesa, come anguilla, mosse,
 105 e con le branche l'aere a sé raccolse.

si rigirò volgendo il petto in avanti dove prima aveva la coda che mosse come un'anguilla, agitando le branche per raccogliere l'aria a sé.

Servendosi dell'aria al pari di una navicella che vola nello spazio, Gerione partì agitando la coda a guisa di timone.


       Maggior paura non credo che fosse
     quando Fetonte abbandonò li freni,
 108 per che 'l ciel, come pare ancor, si cosse;

Non credo che maggiore fosse la paura di Fetonte allorquando abbandonò il freni del "carro del sole" che volava nello spazio per cui il cielo si incendiò;

Come si vede ancor oggi, non avendo mai l'uomo smesso di emanare energia malsana affuocante l'atmosfera.


       né quando Icaro misero le reni
     sentì spennar per la scaldata cera,
 111 gridando il padre a lui «Mala via tieni!»,

Né quando Icaro, dopo aver attaccato sul corpo le ali con la cera, sentì questa sciogliersi al calore del sole e il padre suo gridò «Mala via tieni!»,

       che fu la mia, quando vidi ch'i' era
     ne l'aere d'ogne parte, e vidi spenta
 114 ogne veduta fuor che de la fera.

ancora più paura mi venne quando vidi che ero nell'aria d'ogni parte e nulla vedevo tranne la fiera.

       Ella sen va notando lenta lenta;
     rota e discende, ma non me n'accorgo
 117 se non che al viso e di sotto mi venta.

Essa se ne va nuotando nell'aria lenta lenta e gira e discende, ma io di questo non mi accorsi se non per il vento che da sotto mi saliva al viso.

       Io sentia già da la man destra il gorgo
     far sotto noi un orribile scroscio,
 120 per che con li occhi 'n giù la testa sporgo.

Io già sentivo alla mia destra i mali del mondo e il sangue del Flegetonte che scrosciava sotto di noi, per cui sporsi la testa e guardai giù.

       Allor fu' io più timido a lo stoscio,
     però ch'i' vidi fuochi e senti' pianti;
 123 ond'io tremando tutto mi raccoscio.

A tal punto mi colse maggiormente la paura della discesa, poiché vidi il fuoco del dolore e sentii i pianti della Terra per cui tutto tremante strinsi le coscie sulla groppa di Gerione.

Come l'umanità si aggrappa alla "gerarchica funzione".


       E vidi poi, ché nol vedea davanti,
     lo scendere e 'l girar per li gran mali
 126 che s'appressavan da diversi canti.

E vidi dopo, che non lo vedevo prima (come spesso avviene nella vita), lo scendere e il girare di Gerione per i grandi mali del mondo che a me si appressavano dai diversi canti dell'Inferno (dai diversi luoghi del pianeta Terra).

       Come 'l falcon ch'è stato assai su l'ali,
     che sanza veder logoro o uccello
 129 fa dire al falconiere «Omè, tu cali!»,

Come il falco dopo lungo volo, senza aver visto barlume e senza alcuna preda si cala, meravigliando il falconiere,

       discende lasso onde si move isnello,
     per cento rote, e da lunge si pone
 132 dal suo maestro, disdegnoso e fello;

e discende stanco lì dove prima si muoveva snello per cento giri e poi si posa crucciato e sdegnato per la mancata preda lontano dal falconiere,

       così ne puose al fondo Gerïone
     al piè al piè de la stagliata rocca,
     e, discarcate le nostre persone,
 136   si dileguò come da corda cocca.

così Gerione si posò accasciato sul fondo rasente alla roccia stagliata a picco e, liberatosi da noi, fuggì dileguandosi veloce come una freccia scagliata dalla corda di un arco.

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