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La Commedia
di Dante Alighieri

alla luce della Filosofia Cosmica
in chiave parapsicologica

INFERNO ­ Canto XXVI

nel libero commento di Giovanna Viva

[linea separazione]

Cerchio ottavo: fraudolenti
Bolgia ottava: consiglieri fraudolenti ­ apostrofe di Dante contro Firenze ­ salita sul ponte dell'ottava bolgia ­ le fiamme dell'ottava bolgia ­ Ulisse e Diomede ­ Ercole



       Godi, Fiorenza, poi che se' sì grande,
     che per mare e per terra batti l'ali,
   3 e per lo 'nferno tuo nome si spande!

Godi, Firenze, poiché sei così grande, che per mare e per terra in questo infernale pianeta batti le ali, e nei cerchi espiativi più tristi, la tua fama si spande!

       Tra li ladron trovai cinque cotali
     tuoi cittadini onde mi ven vergogna,
   6 e tu in grande orranza non ne sali.

Tra i ladroni (di preziose cose, compreso il dono Divino della perfetta struttura del corpo fisico contenitore dell'anima in evoluzione), trovai cinque fiorentini per cui mi vergogno di essere loro concittadino e tu, Firenze, in grande onore non emergi.

I cinque fiorentini facevano parte di coloro che operando contro l'Equilibrio Divino avevano "rubato" la forma originale del corpo fisico (come abbiamo visto con la creazione scientifica dell'uomo­rettile).
La scienza di quel tempo aveva scoperto che il corpo alto e magro del serpente poteva essere trasformato chirurgicamente in corpo umano, disconoscendo le individuali esperienze che la Natura riserba ad ogni creatura vivente. Ma tutti gli impulsi negativi emanati nel male operare ritornano indietro al "campo di energia" che li ha generati ed emanati; ritornano sotto forma delle stesse sofferenze che si sono procurate ad altri.


       Ma se presso al mattin del ver si sogna,
     tu sentirai, di qua da picciol tempo
   9 di quel che Prato, non ch'altri, t'agogna.

Se è che i sogni fatti all'alba sono veritieri, tu proverai fra non molto il male che ti augura la tua vicina Prato ed altri tuoi nemici.

       E se già fosse, non saria per tempo.
     Così foss'ei, da che pur esser dee!
  12 ché più mi graverà, com'più m'attempo.

E se il mio sogno mattiniero si fosse già avverato non sarebbe stato troppo presto. Fosse questo già accaduto! poiché quanto più io m'invecchio, tanto più mi pesano le sventure che colpiscono Firenze.

       Noi ci partimmo, e su per le scalee
     che n'avea fatto iborni a scender pria,
  15 rimontò 'l duca mio e trasse mee;

Noi ci partimmo su per l'acesa lungo la quale nel viaggio di andata ci eravamo fatti "eburnei" diafani, trasparenti, in un movimento molecolare che ci aveva resi leggeri per poter scendere prima. Il mio maestro rimontò su per l'ascesa e trasse me;

       e proseguendo la solinga via,
     tra le schegge e tra ' rocchi de lo scoglio
  18 lo piè sanza la man non si spedia.

e proseguendo la "solinga" via, solitaria per noi che eravamo gli unici resi "eburnei" in dimensione diversa, tra le schegge e le sporgenze dello scoglio "il piede senza la mano" non andava spedito, come nel mare fra gli scogli, dove il peso corporeo non grava sui piedi e occorre la spinta delle mani.

       Allor mi dolsi, e ora mi ridoglio
     quando drizzo la mente a ciò ch'io vidi,
  21 e più lo 'ngegno affreno ch'i' non soglio,

Allora mi addolorai e mi addoloro ancora quando mi torna alla mente ciò che io vidi, e trattengo il mio ingegno più del solito,

       perché non corra che virtù nol guidi;
     sì che, se stella bona o miglior cosa
  24 m'ha dato 'l ben, ch'io stessi nol m'invidi.

affinché la mia mente non corra senza la guida della "virtù Divina"; così che, sia della mia buona stella (nella benefica influenza astrale), sia di tutte le altre cose divine che il buon Dio mi ha concesso, non sia io stesso a privarmi.

In questo errore è facile cadere specie quando, trovandosi all'inizio del risveglio ai ricordi di vite passate, si cerca di addentrarsi più di quanto consenta la propria evoluzione del momento. Infatti, un'errore di interpretazione può riportare l'anima a retrocedere sulla scia del passato e pertanto non sia lo stesso uomo a privarsi della grazia del risveglio.


       Quante 'l villan ch'al poggio si riposa,
     nel tempo che colui che 'l mondo schiara
  27 la faccia sua a noi tien meno ascosa,

Quante il villano che al poggio si riposa, quando più lunga è la permanenza della luce del sole sulla Terra,

       come la mosca cede alla zanzara,
     vede lucciole giù per la vallea,
  30 forse colà dov'e' vendemmia e ara:

nel momento in cui le mosche al morir del giorno cedono il posto alle notturne zanzare, vede lucciole "giù per la vallea", dove vi è forse come nei campi vendemmia e ara:

La "vallea" è la Terra, "valle del pianto" dove avviene "vendemmia" di anime nella scelta di quelle mature e "aratura" nell'infuocato dolore che rompe le zolle delle azioni malvage per dare alle anime, come alle piante, il respiro della vita.


       di tante fiamme tutta risplendea
     l'ottava bolgia, sì com'io m'accorsi
  33 tosto che fui là 've 'l fondo parea.

di tante fiamme tutta risplendeva l'ottava bolgia così che subito mi accorsi che le fiamme alte di quel peccato iniziavano dal fondo che restava visibile, similmente alla terra arata che resta libera dalle zolle sollevate e sature di antico intasamento profondo.

[chiarificazioni inferno] di tante fiamme tutta risplendea ­ v. 31 [chiarificazione precedente] [chiarificazione seguente]

La descrizione di questa bolgia ci presenta la fine dell'Era apocalittica in cui viviamo oggi la vita e cioè la selezione dell'umanità "la vendemmia", il successivo respiro del pianeta "l'aratura", la discesa dei dischi volanti "le lucciole", il successivo ritorno in superficie dei continenti sommersi "tosto che fui là 've 'l fondo parea".
E ancora nelle terzine seguenti:
il salvataggio di gran parte dell'umanità sui dischi volanti: "vide 'l carro d'Elia al dipartire" il dipartire dei dischi volanti dei quali "nessuna mostra 'l furto". Questo perché "i rapiti" in salvo saranno visti come entrare in una nuvola e "come nuvoletta, in sù salire", e "ogne fiamma un peccatore invola" durante il salvataggio, nel momento dello sconvolgimento dell'intero globo terracqueo, prima del suo riassetto nel sistema solare.
Nel paragone il quadro è completo.
Esso raffigura la fine della tumultuosa notte di terrore nel risveglio della Terra alla prossima alba radiosa.

Ecco che Dante a tal punto dice: "s'io non avessi un ronchion preso, caduto sarei giù sanz'esser urto"

[chiarificazioni inferno] [chiarificazione precedente] [chiarificazione seguente]



       E qual colui che si vengiò con li orsi
     vide 'l carro d'Elia al dipartire,
  36 quando i cavalli al cielo erti levorsi,

       che nol potea sì con li occhi seguire,
     ch'el vedesse altro che la fiamma sola,
  39 sì come nuvoletta, in sù salire:

E come il profeta Eliseo, colui che fu vendicato dagli orsi, contro alcuni giovani che lo schernivano quando egli affermò di aver visto il suo compagno Elia mentre veniva "rapito al cielo" con un "carro di fuoco" (disco volante) nel momento in cui gli "ignei cavalli" (fiammeggiante energia fuoriuscente dagli alettoni condensatori posti alla base del disco) si levarono alti,

       tal si move ciascuna per la gola
     del fosso, ché nessuna mostra 'l furto,
  42 e ogne fiamma un peccatore invola.

così si muoveva ciascuna fiamma per la gola del fosso. Nessuna di queste fiamme mostra "'l furto" il contenuto e ogni fiamma un peccatore "invola" ruba alla vita.

Così come quei peccatori rubarono alla vita quelle creature alle quali, in nome della Scienza, avevano distorto ogni fattezza corporea da Dio donata.


       Io stava sovra 'l ponte a veder surto,
     sì che s'io non avessi un ronchion preso,
  45 caduto sarei giù sanz'esser urto.

Io stavo sopra il "ponte" ritto a vedere, così che se non mi fossi aggrappato ad un masso, sarei caduto giù senza essere urtato.

       E 'l duca che mi vide tanto atteso,
     disse: «Dentro dai fuochi son li spirti;
  48 catun si fascia di quel ch'elli è inceso».

Virgilio, che mi vide tanto teso a guardare, disse: «Dentro ai fuochi son gli spiriti, ciascun si avvolge di quello di cui è acceso».

L'anima, che è accesa di fiamma di peccato, arde nel fuoco del dolore, quella che è accesa d'amore, di amore è avvolta. Qui ogni spirito è acceso dal proprio peccato.


       «Maestro mio», rispuos'io, «per udirti
     son io più certo; ma già m'era avviso
  51 che così fosse, e già voleva dirti:

«Maestro mio», io gli risposi, «per averlo udito da te, ora son più certo, ma avevo intuito prima che così fosse e già volevo dirti:

       chi è 'n quel foco che vien sì diviso
     di sopra, che par surger de la pira
  54 dov'Eteòcle col fratel fu miso?»

chi è quel fuoco che vien così diviso di sopra che sembra nascere dalla pira bilingue dove Eteocle col fratello fu messo?»

Eteocle e Polinice furono due fratelli che nella guerra dei sette contro Tebe si uccisero a vicenda e si racconta che tanto grande fu il loro odio che bruciati, anche le fiamme sprigionatesi dai loro corpi si divisero.
In questo cerchio espiativo fatto di trasformazioni e deformazioni, una fiamma che avvolge due corpi assieme, biforcandosi poi verso l'alto, fa pensare alla inesorabile pena della forma corporea dei fratelli siamesi, i quali, avvolti dal "fuoco" del dolore fino ai fianchi, si separano, simili a fiamme bilingue, dalla vita in su.
In egual modo i peccatori che "rubarono" la forma corporea creando dei mostri, vengono puniti rinascendo in corpi deformi che riproducono le malformazioni da essi stessi procurate ad altri.


       Rispuose a me: «Là dentro si martira
     Ulisse e Diomede, e così insieme
  57 a la vendetta vanno come a l'ira;

Virgilio rispose: «Là dentro sono tormentati Ulisse e Diomede. Essi vanno così avvolti dalla Giustizia vendicatrice come, tramando astuzie di guerra, andarono uniti nel peccato;

       e dentro da la lor fiamma si geme
     l'agguato del caval che fé la porta
  60 onde uscì de' Romani il gentil seme.

e nella loro fiamma si espia l'inganno del cavallo di Troia, città che fu patria di Enea, "de' Romani il gentil seme".

Enea fu quel profeta portato su da un disco volante, allora definito "Carro di fuoco".


       Piangevisi entro l'arte per che, morta,
     Deïdamìa ancor si duol d'Achille,
  63 e del Palladio pena vi si porta».

In quella fiamma si piange anche il peccato che causò la morte di Deidamia, che "ancor dopo morta", si duole per il male (spirituale) che Ulisse e Diomede procurarono ad Achille risvegliando in lui la passione per la guerra e riportandolo nell'errore di tale grande peccato».

Le azioni delittuose, anche se vanno sotto il nome di "guerra", riportano le anime indietro sul Cammino evolutivo e Deidamia ne piange "ancor dopo morta", appunto perché nei paradisiaci pianeti di felicità non potrà incontrare Achille, l'uomo che aveva amato.
Deidamia, figlia del re di Sciro, amava Achille. Teti, la di lui madre, aveva fatto rifugiare il figlio, travestito da donna, nell'isola di Sciro, preso il padre di Deidamia, nel tentativo di evitargli la partenza in guerra. Ulisse e Diomede, travestiti da mercanti, riuscirono ad avvicinare Achille e a risvegliare in lui la passione guerresca; Achille li seguì abbandonando Deidamia che ne morì di dolore.
In quella fiamma si espia anche il furto della statua di Pallade, trafugata da Ulisse e Diomede dalla rocca di Troia, perché si credeva che la presenza della statua in quel posto rendesse inespugnabile la città.


       «S'ei posson dentro da quelle faville
     parlar», diss'io, «maestro, assai ten priego
  66 e ripriego, che 'l priego vaglia mille,

«Se essi possono parlare da dentro quelle faville», dissi io, «maestro, ti prego e torno a pregarti, affinché la mia preghiera ne valga mille,

       che non mi facci de l'attender niego
     fin che la fiamma cornuta qua vegna;
  69 vedi che del disio ver' lei mi piego!»

che tu non mi impedisca di attendere per parlar con loro fino a quando la fiamma cornuta qui giunga; come tu vedi, dal desiderio che ciò avvenga, io verso questa sofferenza, nel rispetto della Divina Giustizia, umilmente mi prostro!»

       Ed elli a me: «La tua preghiera è degna
     di molta loda, e io però l'accetto;
  72 ma fa che la tua lingua si sostegna.

Ed egli a me: «La tua preghiera è degna di lode e perciò io l'accetto; ma astieniti dal parlare.

       Lascia parlare a me, ch'i' ho concetto
     ciò che tu vuoi; ch'ei sarebbero schivi,
  75 perch'e' fuor greci, forse del tuo detto».

Lascia parlare me che ho compreso ciò che tu vuoi; poiché essi sarebbero ritrosi a parlar con te, perché forse estranei alle tue espressioni».

       Poi che la fiamma fu venuta quivi
     dove parve al mio duca tempo e loco,
  78 in questa forma lui parlare audivi:

Quando la fiamma giunse a noi vicina, lì dove parve al maestro tempo e luogo, io lo udii parlare in questa forma:

       «O voi che siete due dentro ad un foco,
     s'io meritai di voi mentre ch'io vissi,
  81 s'io meritai di voi assai o poco

«O voi che bruciate in due lo stesso Karma, se io meritai la vostra stima durante la mia vita in Terra, molta o poca che essa sia stata

       quando nel mondo li alti versi scrissi,
     non vi movete; ma l'un di voi dica
  84 dove, per lui, perduto a morir gissi».

quando nel mondo gli alti versi io scrissi, uno di voi dica in quale errore si andò a smarrire per meritare questa grande pena».

       Lo maggior corno de la fiamma antica
     cominciò a crollarsi mormorando
  87 pur come quella cui vento affatica;

Il maggior vertice della "fiamma antica" di quel peccato, "peccato antico" per quanto è antico il mondo, "Ulisse" cominciò a smuoversi mormorando come fiamma affaticata dal vento;

       indi la cima qua e là menando,
     come fosse la lingua che parlasse,
  90 gittò voce di fuori, e disse: «Quando

poi la cima qua e là menando, come fosse una lingua che parlasse, gettò un soffio di energia che produsse queste parole: «Quando

       mi diparti' da Circe, che sottrasse
     me più d'un anno là presso a Gaeta,
  93 prima che sì Enea la nomasse,

mi dipartii dall'abbraccio ammaliatore della "maga Circe" (che circuisce gli uomini avvolgendoli nella maliarda spirale di desideri insani che allontanano da affetti e doveri e tramutano così gli uomini in "porci", privi di quegli alti sentimenti che distinguono gli uomini dalle bestie, io fui avvinto dal desiderio di importanti imprese nell'intento di ricoprirmi del manto della gloria che ha spesso il color del sangue, poiché ad essa si perviene soltanto attraverso lotte e guerre cruente), che mi sedusse per più di un anno presso Gaeta, prima che così Enea le desse nome.

Fu presso Gaeta che Macareo, compagno di Ulisse, infuse in lui grande entusiasmo per le grandi imprese.


       né dolcezza di figlio, né la pieta
     del vecchio padre, né 'l debito amore
  96 lo qual dovea Penelopè far lieta,

né dolcezza filiale, né pietà per il vecchio padre che ne sarebbe morto di dolore, né il dovuto amore che avrebbe allietata la vita della moglie Penelope,

       vincer potero dentro a me l'ardore
     ch'i' ebbi a divenir del mondo esperto,
  99 e de li vizi umani e del valore;

potettero vincere in me l'ardore di divenire esperto del mondo e dei vizi e delle virtù degli uomini;

       ma misi me per l'alto mare aperto
     sol con un legno e con quella compagna
 102 picciola da la qual non fui diserto.

mi affidai al mare aperto, soltanto con una nave e con quella compagnia sparuta di pochi uomini che mai mi abbandonarono.

       L'un lito e l'altro vidi infin la Spagna,
     fin nel Morrocco, e l'isola d'i Sardi,
 105 e l'altre che quel mare intorno bagna.

Vidi l'uno e l'altro sito, perfino il Marocco e l'isola dei Sardi, e le altre terre bagnate dal Mediterraneo.

       Io e ' compagni eravam vecchi e tardi
     quando venimmo a quella foce stretta
 108 dov'Ercule segnò li suoi riguardi,

Io e i compagni eravamo vecchi e disfatti quando giungemmo a quella "foce stretta" lo stretto di Gibilterra, dove Ercole segnò con "riguardo" (con rispetto verso le alte manifestazioni celesti che in quel posto si svolgevano, come si dirà più avanti), i limiti della navigazione consentita, dall'Alto, ai navigatori terrestri,

       acciò che l'uom più oltre non si metta;
     da la man destra mi lasciai Sibilia,
 111 da l'altra già m'avea lasciata Setta.

affinché l'uomo della Terra non andasse oltre quel versante marino (che nasconde un tesoro spirituale ancor oggi sconosciuto). Sulla mia destra lasciai Siviglia e dall'altra parte già mi ero allontanato da Setta (Ceuta, città africana).
Ci eravamo spinti, quindi, lì dove i sensi imperfetti umani non possono reggere.

[chiarificazioni inferno] Ulisse ­ Le Colonne d'Ercole: dov'Ercule segnò li suoi riguardi ­ v. 108 [chiarificazione precedente] [chiarificazione seguente]

Sui lati dello Stretto di Gibilterra si elevano, come due colonne, le rocce montuose dei monti Abila da un lato e quelle dei Calpi dall'altro.
Secondo un'antica credenza, quei monti furono eretti da Ercole, che volle così segnare prudenti confini per la navigazione.
Ercole possedeva capacità superiori e veniva pertanto definito "semidio".
A tal punto è necessario considerare un passo della Bibbia, che parla di uomini extraterrestri:
"E i Figli di Dio scesero sulla Terra, videro che le figlie degli uomini erano belle, ne scelsero in moglie e dettero loro dei figli che furono molto potenti".
In quel tempo si parlò di giganti e di semidei.
Ma... perché Ercole avrebbe segnato "con riguardo" i "suoi confini"?

Sotto le rocce marine, in vari luoghi del pianeta Terra, come al Polo Nord, al Triangolo delle Bermude e delle Filippine, nonché sotto le tre piramidi d'Egitto, oltre ai resti della Civiltà Atlantidea e di altri continenti sommersi, esiste una potente manifestazione di natura cosmorigeneratrice, solare. Tale energia fu lasciata dagli extraterrestri sulla Terra, 60.000 anni or sono. Esiste inoltre la città di El­Dorado, che è il "CUORE VITALE" del tessuto enzimatico che sostiene in vita i circuiti storici del nostro pianeta.
Il pericolo di quel mare, visto da Ercole fino da quei tempi remoti, è costituito dai famosi gorghi che, come "LA VANGUARDIA ESPANOLA" del 2­4­1977, nell'articolo " OPERAZIONE POLYMODO" ha affermato, avrebbero tutto l'aspetto di "gorghi atmosferici di incredibile violenza". I gorghi, secondo la Scienza sovietica e americana, raggiungerebbero i 100 Km. di estensione a migliaia di metri di profondità nell'Oceano.
Tali forze energetiche, collegate agli "inspiegabili" fenomeni di dematerializzazione di navi ed aerei avvenuti al Triangolo delle Bermude e alle Filippine, sono potenziate su una lunghezza d'onda superiore alla umana e pertanto non ancora sintonizzate con le strutture terrestri che, se si trovano in quelle zone durante una pulsazione energetica, vengono investite in pieno e, non reggendo a quell'impulso tanto vicino e di così elevata portata, si disintegrano.
Questi impulsi energetici si propagano sul pianeta e vengono diretti dagli Extraterrestri, custodi della razza umana, nelle zone maggiormente positive e pertanto più predisposte ad accettare tale benefica energia vitale, che sarà quella del futuro, che è ormai prossimo.
Questo viene effettuato allo scopo di preparare le strutture fisiche dei migliori uomini della Terra a sopportare gradatamente quella energia superiore.
Così, come Ercole a suo tempo ammoniva gli uomini di non addentrarsi per quel versante marino, anche oggi gli Extraterrestri, attraverso messaggi trasmessi a tutti gli scienziati e i Capi di Governo, hanno ripetutamente avvertito l'umanità del pericolo là esistente, ma anche questi, come gli altri messaggi ammonitori sono stati "regolarmente" cestinati e derisi.

[chiarificazioni inferno] [chiarificazione precedente] [chiarificazione seguente]



       "O frati", dissi "che per cento milia
     perigli siete giunti a l'occidente,
 114 a questa tanto picciola vigilia

La più grande lingua di fuoco, Ulisse, continuò così a parlare:

"O fratelli", io dissi "che attraverso infiniti pericoli siete giunti all'occidente, ultimo limite di questa tanto breve vigilia


       d'i nostri sensi ch'è del rimanente
     non vogliate negar l'esperïenza,
 117 di retro al sol, del mondo sanza gente.

dei nostri sensi umani che ancor ci rimane (in cui vivremo ancora nel buio della sconoscenza), non vogliate negare l'esperienza che ci si presenta oltre il nostro sole dove non vi è gente umana.

       Considerate la vostra semenza:
     fatti non foste a viver come bruti,
 120 ma per seguir virtute e canoscenza".

Considerate la vostra origine divina. voi non foste creati per vivere come bruti, eternamente in dimensione terrena, ma per elevarvi raggiungendo Virtù Divina e Conoscenza, affinché possiate pervenire alla felicità delle Celesti Sfere".

       Li miei compagni fec'io sì aguti,
     con questa orazion picciola, al cammino,
 123 che a pena poscia li avrei ritenuti;

Con questo mio discorso io resi tanto desiderosi i miei compagni di continuare il viaggio che dopo a fatica avrei potuto trattenerli;

       e volta nostra poppa nel mattino,
     de' remi facemmo ali al folle volo,
 126 sempre acquistando dal lato mancino.

così voltata la poppa nel mattino, dei remi "sollevandoli" facemmo ali per il folle volo, sempre procedendo dal lato mancino (il negativo, violando una regola ben conosciuta e così trasgredendo alla Legge Divina).

       Tutte le stelle già de l'altro polo
     vedea la notte e 'l nostro tanto basso,
 129 che non surgea fuor del marin suolo.

La notte vedeva tutte le stelle da noi lontane, mentre il sole "nostro" (poiché a noi vicino) era tanto "basso" (nel profondo del mare), che non sorgeva dal suolo marino.

Questo non si riferisce al sole, che ritiratosi all'orizzonte lasciava alla notte veder le stelle, ma al "sole sonarico interno", di cui essi vedevano il bagliore pulsante e che "che non surgea fuor del marin suolo", perché esistente nelle profondità del globo terracqueo.

[chiarificazioni inferno] Il Sole Genetico ­ v. 127­129 [chiarificazione precedente] [chiarificazione seguente]

Il "Sole Sonarico Interno" è il SOLE GENETICO che risplende nel centro vuoto di ogni pianeta.

La compagnia di Ulisse aveva valicato i confini segnati dagli Extraterrestri (che si sarebbero serviti di Ercole) per la sicurezza umana e Ulisse vedeva le "pulsazioni" del sole interno, che "non surge dal marin suolo". Tali pulsazioni luminose sono state viste da varie persone che hanno visitato i luoghi qui menzionati.

Nel Triangolo delle Bermude, dove vi sono stati ben sedici casi di aerei e diciannove di navi scomparse, Enzo Maiorca, campione del mondo di profondità in apnea, con Ambrogio Fogar e il professor Edmondo Caravelli, geofisico, assieme al sensitivo Uri Gheller, che affermava di essere guidato dagli Extraterrestri e con altre venti persone, durante la famosa spedizione italiana nel mare delle Bermude, hanno visto gli stessi fenomeni luminosi di cui parla Dante. Essi hanno affermato di aver visto qualcosa di diverso dalle scientifiche notizie informative distorte e manipolate.
Enzo Maiorca ha dichiarato di aver visto il mare divenire bianco latte fluorescente; inoltre un fenomeno simile viene testimoniato da Cristoforo Colombo nel suo "Diario di Bordo", da Platone e anche dagli astronauti americani che hanno fotografato il fenomeno dall'alto.
Molta gente, quindi, ha visto le pulsazioni di quel sole tanto basso che lasciava alle stelle veder la notte e che non sorgeva dal suolo marino.

[chiarificazioni inferno] [chiarificazione precedente] [chiarificazione seguente]



       Cinque volte racceso e tante casso
     lo lume era di sotto da la luna,
 132 poi che 'ntrati eravam ne l'alto passo,

Cinque volte nel suolo marino si accese la luce pulsante e cinque volte si spense quel lume che era di sotto della luna, nel difficile passo vietato agli umani,

       quando n'apparve una montagna, bruna
     per la distanza, e parvemi alta tanto
 135 quanto veduta non avea alcuna.

quando mi apparve la sfolgorante luce di El­Dorado sottoforma di "montagna bruna", per via della distanza differenziale intercorrente fra quella dimensione e la mia. Quella nera montagna mi parve tanto alta quanto mai nessuna ne avevo veduta.

[chiarificazioni inferno] quando n'apparve una montagna, bruna... ­ v. 133 [chiarificazione precedente] [chiarificazione seguente]

El­Dorado, città dalla luce d'oro, è una vera e propria Centrale Operativa Extraterrestre che rappresenta il "CUORE VITALE" del tessuto enzimatico (creature viventi) della cellula Terra. L'El­Dorado è quindi un Centro Catalizzatore delle funzioni vitali della Terra e del suo biogenetico sviluppo.

Dante non è il solo personaggio a parlare di questo continente sotterraneo, meta del desiderio di Ulisse.
Antiche leggende tibetane, cinesi, indiane, parlano dell'esistenza di un fantastico regno sotterraneo situato ai confini dell'Himalaia, dove risiede "il Re del Mondo", che guida l'evoluzione spirituale dell'umanità.

Esiste un libro intitolato "Il Grande Ignoto", di Raimond Bernard, che parla di un mondo situato al centro della Terra, in cui vengono citate le esperienze di alcuni navigatori nordici, che in viaggi distinti penetrarono in una "nuova terra" ed uno di questi racconta:
"Davanti a noi, in pieno mare, si ergeva una sorta di montagna, dentro la quale, ad un certo punto, l'oceano sembrava riversarsi".
"Disorientati continuammo in quella direzione e ci accorgemmo di navigare in un grande cañón che conduceva all'interno del nostro globo. Continuammo a navigare e, con nostra sorpresa, scorgemmo un sole che brillava all'interno della Terra...!"

La stessa esperienza viene fatta da un altro norvegese di nome Olaf Iansen. Di questa si parla nel libro "The Smoky God" (Il Dio che fuma), scritto da W. G. Emerson, pubblicato nel 1908.

Anche Giulio Verne testimonia lo splendore di tale continente illuminato da una luce dorata.
El­Dorado è forgiato in oro purissimo.
Nel continente vive una numerosissima colonia sorretta da Esseri provenienti da altre costellazioni e portanti caratteristiche superiori fisiche e spirituali.

I satelliti americani, incaricati di scoprire le ricchezze del pianeta, hanno confermato l'esistenza di una rete immensa di gallerie sotterranee per tutto il territorio della Cina.
Esiste anche un cosmoporto che ha le uscite principali nei Poli.
Il polo Sud costituisce l'ingresso principale per El-Dorado, mentre il polo Nord per Agartha, altro continente sommerso.
Entrate secondarie sono sparse un po' ovunque su tutta la superficie del globo terracqueo.
Ricordiamo il Triangolo delle Bermude, il triangolo delle Filippine, Formosa, laghi come il Titicaca e Guatavita, l'Adriatico ecc.
A tale proposito desidero citare anche l'entrata nelle vicinanze di San Cataldo, il mare di Lecce, mia città, dove si sono potuti fotografare dei dischi volanti in emersione e immersione, durante una visita di Eugenio Siragusa, contattista degli Extraterrestri.
In quella occasione si constatò che solo lui riusciva a vedere ciò che le macchine fotografiche ripresero, indicando il punto esatto il cui puntare gli obiettivi.
Erano dischi volanti di varie forme e colori, uno dei quali fu fotografato durante la trasformazione in antimateria per l'immersione nella roccia.

Ma a tal punto ci domandiamo come mai alla compagnia di Ulisse non fu possibile sopravvivere all'avventura e raccontare l'esperienza come altri hanno potuto fare?
Ogni cosa giunge a tempo opportuno. Evidentemente la compagnia di Ulisse, composta da "valorosi guerrieri" era satura di negatività, per colpa dei "delitti di guerra", ed ebbe chiuso il passaggio non essendo idonea spiritualmente a quella superiore energia dimensionale. Si sa che quel paradiso nascosto è sorretto da Coloro che lo tutelano. Questi sono i "Signori della Luce" che potrebbero decidere la "Rinovatio" e riportare in superficie El­Dorado, con tutto ciò che esso contiene, di fronte alla cui energia positiva, ogni cosa negativa viene disintegrata.

"MONTAGNA BRUNA" in quanto il video umano non è sintonizzato con il superiore campo di lunghezza d'onda visiva extraterrestre e percepisce, pertanto, come una massa nera, la luce che risplende nei superiori sistemi solari.

In effetti, se gli uomini potessero sintonizzarsi, come fanno gli Extraterrestri, sulle altre frequenze di radiazioni solari vedrebbero molti meravigliosi aspetti della realtà che li circonda, troverebbero la vita sugli altri pianeti, non vedrebbero i famosi "buchi neri" come stelle spente da migliaia di anni, che non emettono luce, ma nel "buco nero" vedrebbero tutto lo splendore di un meraviglioso sistema solare emanante paradisiaca luce; neppure avrebbero visto il "buio" che invase la Terra durante la morte in croce di Gesù, bensì la luce sfolgorante (per il misero video umano sarebbe stata accecante) che proveniva dai numerosi "dischi volanti" che in quel momento coprivano il cielo.

Il meccanismo cellulare dell'occhio umano non può percepire nulla al di fuori della sua frequenza d'onda visiva, che è compresa tra 0,38 e 0,75 micron.

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       Noi ci allegrammo, e tosto tornò in pianto,
     ché de la nova terra un turbo nacque,
 138 e percosse del legno il primo canto.

Noi ci rallegrammo, nella certezza di essere giunti sul limite estremo che ci avrebbe portati nel mondo extraterrestre (Giulio Verne direbbe: "ventimila leghe sotto i mari"), ma "presto tornò il pianto", poiché da "quella nuova terra" (sottostante), fuoriuscì un "turbo" e percosse la parte anteriore della nave.

Se si fosse trattato di un turbine di vento, come i precedenti commenti affermano, non sarebbe stato soltanto "percosso del legno il primo canto", ma sarebbe stata avvolta dal turbine tutta l'imbarcazione. Si trattava pertanto di un mezzo di volo extraterrestre, che in quel tempo era chiamato Clipeus o Turbo, perché andava alto e veloce come un turbine.


       Tre volte il fé girar con tutte l'acque;
     a la quarta levar la poppa in suso
     e la prora ire in giù, com'altrui piacque,
 142   infin che 'l mar fu sovra noi richiuso».

Il "turbo", che evidentemente usciva in quel preciso istante da un astroporto sottostante ("de la nova terra") urtò un angolo del legno ("il primo canto") e per la grande velocità consentita ai mezzi di trasporto estraterrestri, "Tre volte il fé girar con tutte l'acque"; la quarta volta sollevò la poppa in su e la prua andò giù "com'altrui piacque, infin che 'l mar fu sovra noi richiuso"».

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