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La Commedia
di Dante Alighieri

alla luce della Filosofia Cosmica
in chiave parapsicologica

INFERNO ­ Canto XXV

nel libero commento di Giovanna Viva

[linea separazione]

Cerchio ottavo: fraudolenti
Bolgia settima: ladri ­ Vanni Fucci ­ il centauro Caco ­ le metamorfosi di cinque fiorentini: Agnello Brunelleschi, Buoso Donati, Puccio Sciancato, Cianfa Donati e Francesco Cavalcanti



       Al fine de le sue parole il ladro
     le mani alzò con amendue le fiche,
   3 gridando: «Togli, Dio, ch'a te le squadro!»

Alla fine delle sue parole il ladro alzò le mani tendendo i pugni con ambedue i pollici stretti tra l'indice e il medio in segno di scaramanzia e gridò: «Disfallo tu questo scongiuro, Dio, perché, io contro il tuo volere lo indirizzo!»

       Da indi in qua mi fuor le serpi amiche,
     perch'una li s'avvolse allora al collo,
   6 come dicesse 'Non vo' che più diche';

Da allora in poi considerai le serpi amiche, perché una di esse gli si avvolse al collo come per dire: "Non voglio che tu dica ancora cose sacrileghe";

       e un'altra a le braccia, e rilegollo,
     ribadendo sé stessa sì dinanzi,
   9 che non potea con esse dare un crollo.

un'altra, con l'intreccio del suo corpo, legandogli le braccia, gli rese impossibile ogni piccolo movimento.

       Ahi Pistoia, Pistoia, ché non stanzi
     d'incenerarti sì che più non duri,
  12 poi che 'n mal fare il seme tuo avanzi?

Ahi Pistoia, Pistoia, perché non decidi di'incenerirti per non più durare a lungo, poiché nell'operare il male superi i tuoi antenati?

       Per tutt'i cerchi de lo 'nferno scuri
     non vidi spirto in Dio tanto superbo,
  15 non quel che cadde a Tebe giù da' muri.

Per tutti i cerchi scuri dell'inferno non vidi mai uno spirito sul cammino di Dio, tanto superbo, neanche Capaneo che, folgorato da Giove, cadde giù dalle mura di Tebe.

       El si fuggì che non parlò più verbo;
     e io vidi un centauro pien di rabbia
  18 venir chiamando: «Ov'è, ov'è l'acerbo?»

Egli fuggì senza più proferir parola ed io vidi un centauro venire gridando: «Dov'è, dov'è l'involuto ribelle?»

       Maremma non cred'io che tante n'abbia,
     quante bisce elli avea su per la groppa
  21 infin ove comincia nostra labbia.

Non credo che la Maremma toscana abbia tante biscie quante ne aveva egli sul groppone fin dove nel centauro comincia la forma umana.

       Sovra le spalle, dietro da la coppa,
     con l'ali aperte li giacea un draco;
  24 e quello affuoca qualunque s'intoppa.

Sulle spalle, dietro la nuca aveva un drago e il drago, simbolo di aggressività infuoca chiunque in tal peccato s'imbatte.

       Lo mio maestro disse: «Questi è Caco,
     che sotto 'l sasso di monte Aventino,
  27 di sangue fece spesse volte laco.

Il mio maestro disse: «Quello è Caco, che nelle grotte di Monte Aventino, dove egli dimorava, fece spesso con le sue stragi un lago di sangue.

       Non va co' suoi fratei per un cammino,
     per lo furto che frodolente fece
  30 del grande armento ch'elli ebbe a vicino;

Egli non va con gli altri suoi compagni per via del furto che fece al grande armento, quando Ercole si fermò con le sue bestie nei pressi della sua grotta;

Caco rubò le bestie dall'armento tirandole per la coda, affinché le orme apparissero in direzione opposta a quella dell'antro.


       onde cessar le sue opere biece
     sotto la mazza d'Ercule, che forse
  33 gliene diè cento, e non sentì le diece».

allora cessarono le sue opere malefiche sotto la mazza di Ercole, che gli assestò cento percosse, ma egli non ne avvertì neanche dieci perché morì prima».

È evidente che il drago, che egli ha sulle spalle e che "affuoca qualunque s'intoppa" e le bisce che reca in groppa, servono per essere da lui scagliate contro i peccatori.


       Mentre che sì parlava, ed el trascorse
     e tre spiriti venner sotto noi,
  36 de' quali né io né 'l duca mio s'accorse,

Mentre così parlava, Caco passò oltre e tre spiriti vennero sotto il nostro ponte (Agnello, Buoso e Puccio Sciancato) dei quali non ci accorgemmo,

       se non quando gridar: «Chi siete voi?»;
     per che nostra novella si ristette,
  39 e intendemmo pur ad essi poi.

se non quando gridarono: «Chi siete voi?»; per questo il nostro discorso si interruppe e da allora in poi badammo soltanto ad essi.

       Io non li conoscea; ma ei seguette,
     come suol seguitar per alcun caso,
  42 che l'un nomar un altro convenette,

Io non li conoscevo; ma accadde, come suole accadere per caso, che uno di loro ne nominasse un altro,

       dicendo: «Cianfa dove fia rimaso?»;
     per ch'io, acciò che 'l duca stesse attento,
  45 mi puosi 'l dito su dal mento al naso.

dicendo: «Cianfa dove sarà rimasto?»; allora io, affinché Virgilio facesse attenzione alle loro parole, gli accennai di tacere, ponendomi l'indice tra il mento e il naso.

[chiarificazioni inferno] L'espiazione delle trasformazioni chirurgiche ­ v. 46­78 [chiarificazione precedente] [chiarificazione seguente]


       Se tu se' or, lettore, a creder lento
     ciò ch'io dirò, non sarà maraviglia,
  48 ché io che 'l vidi, a pena il mi consento.

Se tu, lettore, sei restio a credere, non ti meravigli ciò che io ti dirò, poiché a quello che vidi, io stesso appena mi consento di credere.

       Com'io tenea levate in lor le ciglia,
     e un serpente con sei piè si lancia
  51 dinanzi a l'uno, e tutto a lui s'appiglia.

Mentre levavo lo sguardo verso di loro, vidi un serpente con sei piedi lanciarsi verso uno dei tre e tutto su costui aggrovigliarsi.

       Co' piè di mezzo li avvinse la pancia,
     e con li anterïor le braccia prese;
  54 poi li addentò e l'una e l'altra guancia;

Con i piedi di mezzo gli avvinse la pancia, con gli anteriori gli prese le braccia, poi gli addentò l'una e l'altra guancia;

       li diretani a le cosce distese,
     e miseli la coda tra 'mbedue,
  57 e dietro per le ren sù la ritese.

gli distese sulle coscie i piedi posteriori e fra le coscie gli spinse la coda e la ritese su per le reni aderendo alla sua schiena.

       Ellera abbarbicata mai non fue
     ad alber sì, come l'orribil fiera
  60 per l'altrui membra avviticchiò le sue.

Mai edera fu abbarbicata ad un albero così come quell'orribile fiera si avvitacchiò sulle membra di quel peccatore.

       Poi s'appiccar, come di calda cera
     fossero stati, e mischiar lor colore,
  63 né l'un né l'altro già parea quel ch'era:

Poi si fusero entrambi come fossero stati di calda cera e mischiarono i loro colori tanto che né l'un né l'altro si distinguevano più:

       come procede innanzi da l'ardore,
     per lo papiro suso, un color bruno
  66 che non è nero ancora e 'l bianco more.

ma avevano assunto un colore nuovo, simile al bruno che si spande sulla carta prima di bruciare, allora che il nero si perde sul bianco che sotto il nero muore.

       Li altri due 'l riguardavano, e ciascuno
     gridava: «Omè, Agnel, come ti muti!
  69 Vedi che già non se' né due né uno».

Gli altri due lo guardavano intensamente e ciascuno gridava: «Ohimé, Agnello, come ti muti! Vedi che non sei più né due né uno».

Non due, perché il corpo è uno, non uno, perché le anime che occupano il corpo sono due.


       Già eran li due capi un divenuti,
     quando n'apparver due figure miste
  72 in una faccia, ov'eran due perduti.

Già le due teste si erano fuse in una sola, quando apparvero in due figure miste in una sola faccia nella quale le prime fattezze erano perdute.

Questa allucinante descrizione, dall'apparenza di un quadro fosco e lugubre di un pittore pazzo, è la veritiera immagine di alcuni dei molteplici esperimenti medico­scientifici di fusione anatomica "uomo­serpente", pare che sia l'effetto del prolungato grido di terrore di tutti gli esseri viventi sulla Terra (vegetali, animali, umani), ai quali la scienza ribelle alle Leggi Divine porta dolore e morte e ricorda le mostruose creazioni espiative in grembo materno.


       Fersi le braccia due di quattro liste;
     le cosce con le gambe e 'l ventre e 'l casso
  75 divenner membra che non fuor mai viste.

Dalle due braccia dell'uomo e dai due piedi anteriori del serpente si formarono le due braccia del mostro e le cosce con le gambe, il ventre e il torace diventarono membra mai viste.

       Ogne primaio aspetto ivi era casso:
     due e nessun l'imagine perversa
  78 parea; e tal sen gio con lento passo.

Ogni originario aspetto era stato cancellato dalla figura perversa che non era né due né nessuno, ma soltanto una mostruosa immagine che se ne andò con lento passo trascinandosi sulla via della vita quale diabolica distorsione del Divino Pensiero Creativo.

In questa descrizione del karma proveniente dal peccato di trasformazione dei corpi
ci viene descritto l'intervento chrurgico nella fusione anatomica uomo­serpente.

Infatti:

"e tutto a lui s'appiglia" ­ v. 51
Il corpo del serpente viene chirurgicamente sovrapposto a quello dell'uomo, dopo essere stati privati della pelle i punti combacianti di entrambi i corpi.

"Co' piè di mezzo li avvinse la pancia" ­ v. 52
I piedi di mezzo del serpente furono inseriti all'altezza della pancia dell'uomo.

"e con li anterior le braccia prese" ­ v. 53
I piedi anteriori furono innestati sotto le braccia.

"poi li addentò e l'una e l'altra guancia" ­ v. 54
Per rendere il volto umano lngo al pari del serpente, furono incavate l'una e l'altra guancia.

"li diretani a le cosce distese" ­ v. 55
I piedi posteriori furono cuciti distesi sulle coscie dell'uomo nello stesso modo in cui erano stati congiunti i due corpi.

"e miseli la coda tra 'mbedue" ­ "e dietro per le ren sù la ritese" ­ v. 56 ­ 57
La coda fu cucita tra le gambe del corpo umano. Tale cucitura fu prolungata lungo la schiena nell'intento di renderla somigliante a quella del serpente che presenta al centro un leggero rigonfiamento. Naturalmente tra le gambe fu praticato un foro, mediante il quale ogni funzione corporea doveva procedere.

"Poi s'appiccar, come di calda cera" ­ "fossero stati, e mischiar lor colore" ­ v. 61 ­ 62
Come se fossero stati di calda cera si congiunsero l'un l'altro in un sol corpo attraverso i punti in cui la pelle era stata asportata e mischiar loro colore, per via dei globuli sanguigni di ben diversa natura, la cui fusione diede alla nuova materia uno strano colore.

"Già eran li due capi un divenuti" ­ "quando n'apparver due figure miste" ­ v. 70 ­ 71
Ed ecco che le due teste diventavano una sola.

"in una faccia, ov'eran due perduti" ­ v. 72
In una faccia "perduti" spiritualmente, non più esistenti sulla scia delle loro esperienze, che per entrambi erano ormai confuse, quindi "perdute", perché cancellate per sempre dalla "grande lavagna della vita".

"Fersi le braccia due di quattro liste" ­ v. 73
La divisione di entrambe le braccia in quattro liste ciascuna poteva effettuarsi soltanto dopo aver tolto le ossa e siccome sotto le braccia erano già stati inseriti i piedi del serpente, si presume che le due braccia divise in liste furono lasciate lateralmente cadere come frange, quasi al pari di un serpente a sonagli.

"le cosce con le gambe e 'l ventre e 'l casso" ­ "divenner membra che non fuor mai viste" ­ v. 74 ­ 75
Le cosce con le gambe, il ventre e il torace, per via dei due corpi sovrapposti, erano divenute membra mai viste.

Ma le meraviglie della "Scienza senza Coscienza" non sono nuove e non sono poche.

Anche oggi noi sappiamo che embrioni di cervelli umani sono stati trapiantati ai conigli. Questo esperimento è stato condotto da una équipe di biologi sovietici "scienziati" presso l'Istituto di Genetica Generale dell'Accademia Sovietica delle Scienze.
Secondo l'Agenzia TASS, "l'esperimento ha avuto esito positivo in quanto il fenomeno di rigetto è stato nullo".

A Londra i due pionieri e massimi specialisti dei "bambini in provetta", prof. Patrick Steptoe e prof. Robert Edwards, hanno chiesto alla Sanità Inglese di poter trapiantare embrioni umani in maiali e in conigli per perfezionare la fecondazione in vitro.

L'Agenzia E.F.E., di Los Angeles, ha informato che è stato trapiantato ad una bambina di 14 giorni il cuore di un mandrillo.

Oggi la Scienza avanza la richiesta di inseminare nell'utero della scrofa embrioni umani.

Come un tempo vedemmo l'uomo­serpente e il serpente­uomo, così anche oggi, quasi certamente, vedremo il porco­uomo e l'uomo­porco. Così potremmo anche vedere la distruzione della razza terrestre, che oggi ripete le stesse cose che l'uomo edificò un tempo in Sodoma e Gomorra, le due "città del peccato" distrutte da una bomba atomica che gli Extraterrestri gettarono da un "disco volante" quando i Sodomiti e i Gomorriti osarono mostrificare, anche mediante rapporti tra uomini e bestie, la forma umana creata da Dio per l'evoluzione dell'Essere.

Fu così che (come si legge nella Bibbia a proposito di "Sodoma e Gomorra") "l'Eterno che aveva gli occhi d'ogni intorno" (e altro non erano che i numerosi oblò di un disco volante), "fece piovere sulla Terra fuoco e fiamme".

Dopo la fusione anatomica "uomo­serpente" eccoci giunti alla descrizione della trasformazione dell'uomo in serpente e del serpente in uomo.

[chiarificazioni inferno] [chiarificazione precedente] [chiarificazione seguente]



       Come 'l ramarro sotto la gran fersa
     dei dì canicular, cangiando sepe,
  81 folgore par se la via attraversa,

Nello stesso modo in cui il ramarro, sotto la sferza dei raggi del sole durante la canicola, passa da una siepe all'altra veloce come una folgore nell'attraversare la via,

       sì pareva, venendo verso l'epe
     de li altri due, un serpentello acceso,
  84 livido e nero come gran di pepe;

ugualmente veloce un serpentello si diresse verso gli altri due, ritto come una guizzante fiammella accesa e livido e nero come grano di pepe;

Ugualmente veloce è l'infiltrazione del diabolico pensiero.


       e quella parte onde prima è preso
     nostro alimento, a l'un di lor trafisse;
  87 poi cadde giuso innanzi lui disteso.

esso si lanciò a trafiggere uno di loro nell'ombellico, parte da cui si prende il primo alimento della vita per la formazione del corpo fisico.

Il corpo fisico che è il più gran dono di Dio per l'evoluzione dello Spirito e che lo stesso uomo cerca di mostrificare ancora oggi, attraverso esperimenti chirurgici resi possibili da una Scienza perversa.


       Lo trafitto 'l mirò, ma nulla disse;
     anzi, co' piè fermati, sbadigliava
  90 pur come sonno o febbre l'assalisse.

Il trafitto guardò, ma nulla disse; anzi, fermo e preso da torpore, sbadigliava come assalito da sonno o da febbre.

Questo fa pensare alla iniezione soporifera che precede un intervento chrurgico.


       Elli 'l serpente, e quei lui riguardava;
     l'un per la piaga, e l'altro per la bocca
  93 fummavan forte, e 'l fummo si scontrava.

Lo sguardo si incorcia tra l'uomo e il serpente nella consapevolezza di essere entrambi vittime della diabolica opera che investe l'evoluzione degli uomini e delle bestie, le cui forme furono create dalla stessa Mente Divina.

L'uno attraverso la piaga e l'altro attraverso la bocca, fumavano forte e il fumo si scontrava così come si scontrano le cortine fumogene dell'ignoranza umana, sia attraverso "la bocca" la parola, sia attraverso "la piaga" le opere nefande.

E sono le piaghe del mondo, le quali creano un vivaio funesto lì dove si dovrebbe invece attingere la linfa vitale, lì dove il "serpentello" dell'ignoranza, "acceso" dal pensiero umano, livido e nero di color di morte, uccide la vita, proprio in "quella parte onde è preso nostro alimento"


       Taccia Lucano ormai là dove tocca
     del misero Sabello e di Nasidio,
  96 e attenda a udir quel ch'or si scocca.

Taccia Lucano ormai là dove parla del meschino esempio di Sabello e di Nadisio e attenda di udire quel che ora (dal presente commento) "si scocca" scaturisce.

       Taccia di Cadmo e d'Aretusa Ovidio;
     ché se quello in serpente e quella in fonte
  99 converte poetando, io non lo 'nvidio;

Taccia anche Ovidio là dove parla della metamorfosi di Cadmo in serpente e di Aretusa in fonte per sfuggire al fiume Alfeo, perché se quello in serpente e quella in fonte, egli poetando converte, nei suoi errori di interpretazione io non lo invidio,

       ché due nature mai a fronte a fronte
     non trasmutò sì ch'amendue le forme
 102 a cambiar lor matera fosser pronte.

poiché mai delle due nature una di fronte all'altra, egli interpretò trasmutazione alcuna, così che tutte e due le forme fossero confuse l'una con l'altra oppure trasmutate in una.

Né Lucano, né Ovidio intesero mai il vero significato di cotanta metamorfosi. Nessuno dei due suppose fosse questa l'espiazione di coloro che, in nome della Scienza, operarono i delitti più atroci, tra i quali la fusione di due corpi, allorché la diabolica Mente umana scoprì che il corpo lungo e stretto del serpente poteva essere mutato in quello alto e magro dell'uomo e viceversa.

Opere scientifiche di questo genere avvengono tutt'ora anche attraverso gestazioni in provetta. Conosciamo gli esperimenti divulgati dai giornali e sfuggiti alla censura, concernenti innesti di due teste sui corpi dei vitelli e la creazione in provetta del cosiddetto "uomo­carota", sperimentato quest'ultimo da "luminari della Scienza", i quali hanno scoperto che le cellule della carota si confanno alla struttura cellulare umana.


       Insieme si rispuosero a tai norme,
     che 'l serpente la coda in forca fesse,
 105 e 'l feruto ristrinse insieme l'orme.

Le due nature si corrisposero secondo la seguente norma, che il serpente divise la coda in forma di forca e l'uomo ferito fuse insieme i due piedi.

       Le gambe con le cosce seco stesse
     s'appiccar sì, che 'n poco la giuntura
 108 non facea segno alcun che si paresse.

Le gambe con le cosce si fusero fra loro, così che in poco tempo la giuntura delle gambe non mostrava più alcun segno visibile.

       Togliea la coda fessa la figura
     che si perdeva là, e la sua pelle
 111 si facea molle, e quella di là dura.

La coda biforcata toglieva la figura delle gambe che in quel punto si perdeva, la pelle del rettile diveniva molle come l'umana, mentre quella dell'uomo si faceva dura quale pelle di serpente.

       Io vidi intrar le braccia per l'ascelle,
     e i due piè de la fiera, ch'eran corti,
 114 tanto allungar quanto accorciavan quelle.

Io vidi le braccia dell'uomo ritirarsi verso le ascelle e i due corti piedi del serpente allungarsi tanto per quanto si accorciavano le braccia dell'uomo.

       Poscia li piè di retro, insieme attorti,
     diventaron lo membro che l'uom cela,
 117 e 'l misero del suo n'avea due porti.

Poi i piedi posteriori del serpente si ritorsero formando il membro virile e così, al contrario, l'infelice uomo, dal suo, mise fuori due piedi.

       Mentre che 'l fummo l'uno e l'altro vela
     di color novo, e genera 'l pel suso
 120 per l'una parte e da l'altra il dipela,

Mentre il diabolico fumo (del pensiero scientifico) l'uno e l'altro avvolge in un velo che dà colore nuovo alla nuova materia, genera il pelo sul corpo del serpente e spela il corpo dell'uomo,

       l'un si levò e l'altro cadde giuso,
     non torcendo però le lucerne empie,
 123 sotto le quai ciascun cambiava muso.

il corpo del primo essere si drizzò in piedi, mentre quello del secondo cadde a terra, non cessando di guardarsi fissamente l'un l'altro, mentre sotto i loro occhi io due musi andavano assumendo l'uno l'aspetto dell'altro.

       Quel ch'era dritto, il trasse ver' le tempie,
     e di troppa matera ch'in là venne
 126 uscir li orecchi de le gote scempie;

Quello che era dritto, il rettile che si stava trasformando in uomo, ritirò il muso verso le tempie e dalla materia restante, si formarono le orecchie sulle gote che prima ne erano prive;

       ciò che non corse in dietro e si ritenne
     di quel soverchio, fé naso a la faccia
 129 e le labbra ingrossò quanto convenne.

l'eccesso di materia che non si ritirò alle tempie, rimase dov'era e formò il naso e ingrossò le labbra di quel tanto che si addiceva a figura umana.

       Quel che giacea, il muso innanzi caccia,
     e li orecchi ritira per la testa
 132 come face le corna la lumaccia;

L'uomo che si stava trasformando in serpente, allungò il muso in avanti e ritirò le orecchie come fa delle corna la lumaca;

       e la lingua, ch'avea unita e presta
     prima a parlar, si fende, e la forcuta
 135 ne l'altro si richiude; e 'l fummo resta.

e la lingua, che prima era unita e idonea a parlare, divenne biforcuta, mentre invece nell'altro la lingua, prima biforcuta, si richiuse; e il fumo (dell'ignoranza, creatrice di corpi mostruosi) si arrestò sull'opera compiuta.

       L'anima ch'era fiera divenuta,
     suffolando si fugge per la valle,
 138 e l'altro dietro a lui parlando sputa.

L'essere umano divenuto bestia, zufolando se ne fugge via per la "valle di lacrime" proseguendo sul cammino della vita e l'altro dietro a lui parlando sputa.

Non essendo perfettamente idoneo all'uso della parola e del pianto, così come il primo zufolava non essendo perfettamente idoneo al naturale sibilare dei rettili. Erano entrambi in forma imperfetta e distorta.


       Poscia li volse le novelle spalle,
     e disse a l'altro: «I' vo' che Buoso corra,
 141 com'ho fatt'io, carpon per questo calle».

Dopo volse le nuove spalle e"zufolando" disse all'altro: «Io voglio che Buoso corra come ho fatto io fino ad ora in forma di serpente, strisciando carponi per questo sentiero della vita».

E... chi è Buoso...?!
A tal punto, i diversi commentatori si affannano ad identificare questo o quel personaggio a cui Dante si riferirebbe. Ma in verità, questa ricerca affannosa, che riempie intere pagine di tutti i precedenti commenti, non ha eccessiva importanza di fronte al grande messaggio di verità che Dante offre al mondo. Come già precedentemente affermato, la "Commedia" non va interpretata in tal senso, poiché i vari personaggi vengono citati soltanto come esempio di creature vissute negli errori umani. È evidente che "Buoso", l'uno o l'altro che sia, fu uno dei tanti promotori della trasmutazione dei corpi.
Essi espiano rinascendo in corpi mostruosi o trasformandosi in seguito a malattie o altro in simili distorsioni corporee, percorrendo, così menomati, il sentiero della vita e avvolti dalle fiamme dei dolori del mondo.


       Così vid'io la settima zavorra
     mutare e trasmutare; e qui mi scusi
 144 la novità se fior la penna abborra.

Così io vidi i condannati della settima bolgia mutare e trasmutare aspetto; e qui l'argomento nuovo deve farmi perdonare la confusione della descrizione se, per l'incredinbilità di certi concetti la mia penna sorvola e abbozza appena.

       E avvegna che li occhi miei confusi
     fossero alquanto e l'animo smagato,
 147 non poter quei fuggirsi tanto chiusi,

Sebbene i miei occhi fossero alquanto confusi, il mio animo era libero (dalla "magìa" del plagio di errati insegnamenti umani) e non potevano quei peccatori tanto facilmente sfuggire alla mia attenzione,

       ch'i' non scorgessi ben Puccio Sciancato;
     ed era quel che sol, di tre compagni
     che venner prima, non era mutato;
 151   l'altr'era quel che tu, Gaville, piagni.

non potevo io non riconoscere Puccio Sciancato, il quale era il solo tra i tre compagni menzionati prima, a non essere mutato; l'altro era Francesco dei Cavalcanti, che fu ucciso a Gaville.

Puccio era nominato "Sciancato" per la sua menomazione che lo aveva già mutato in una adeguata trasformazione espiativa. L'altro, Francesco dei Cavalcanti, detto "il guercio", essendo già guercio, non aveva subito altra metamorfosi.
Così lo sciancato come il guercio, pur essendo nello stesso genere di espiazione degli altri, erano in un Karma più lieve, di un "cerchio" di dolore meno pesante.
Questo avviene quando, in precedenti vite, si è già "rimesso lo sconto espiativo" totale o parziale del male compiuto. Nel caso dello sciancato e del guercio, lo strascico restante per l'espletamento del Karma era molto più lieve.
È questa, come tante altre, una legge fisica. Così si disperdono nel mare i "cerchi" prodotti da un sasso gettato nell'acqua e si disperdono nell'aria i "cerchi" delle onde sonore prodotte dal suono di una campana. In tal modo, tra l'una e l'altra vita, si affievoliscono nell'energia del dolore i "cerchi" del Karma. Pertanto il primo cerchio è il più denso e pesante, il secondo di meno e via via, anche i "cerchi infuocati" del dolore umano diventano sempre più morbidi e leggeri, fino a spengersi del tutto, in un susseguirsi di nascite e di morti.
Possiamo quindi intendere il significato dei "CERCHI" di cui qui si parla, in modo ben diverso da quello fino ad ora concepito.

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