nel libero commento di Giovanna Viva
Cerchio ottavo: fraudolenti
Bolgia nona: seminatori di discordie Maometto e Alì Pier da Medicina il tribuno Curione Mosca de' Lamberti Bertran dal Bornio
Chi poria mai pur con parole sciolte dicer del sangue e de le piaghe a pieno 3 ch'i' ora vidi, per narrar più volte? |
Chi mai potrebbe, pur con frasi sciolte, parlare appieno del sangue e delle piaghe che io vidi, per quanto tentasse di descriverli più volte? |
Ogne lingua per certo verria meno per lo nostro sermone e per la mente 6 c'hanno a tanto comprender poco seno. |
Ogni descrizione di certo verrebbe meno nell'insufficienza del linguaggio umano e della mente stessa corredata da quoziente intellettivo inadeguato alla comprensione di tali materie. |
S'el s'aunasse ancor tutta la gente che già, in su la fortunata terra 9 di Puglia, fu del suo sangue dolente |
Se si radunasse ancora tutta la gente che nel passato sulla fortunata terra di Puglia ("fortunata" perché predisposta a benefici influssi astrali), fu dolente di sanguinose guerre |
per li Troiani e per la lunga guerra che de l'anella fé sì alte spoglie, 12 come Livïo scrive, che non erra, |
per causa dei Troiani e per la lunga guerra punica durata sedici anni, nel corso dei quali Annibale raccolse tre moggia di anelli strappati alle dita dei romani uccisi, come narra il veritiero Livio, nulla sarebbe al confronto, |
con quella che sentio di colpi doglie per contastare a Ruberto Guiscardo; 15 e l'altra il cui ossame ancor s'accoglie |
e se a questa si unisse quella che fu uccisa nel tentativo di impedire al normanno Roberto il Guiscardo di conquistare l'Italia meridionale e gli altri guerrieri il cui ossame ancora s'accumula |
a Ceperan, là dove fu bugiardo ciascun Pugliese, e là da Tagliacozzo, 18 dove sanz'arme vinse il vecchio Alardo; |
a Cepriano, là dove i Pugliesi falsamente promisero di lasciar libero il passo alle truppe di Coradino di Svevia e poi invece, verso Tagliacozzo d'Abruzzo, le truppe di Carlo d'Angiò per consiglio del vecchio re Aleardo di Valery, piombarono all'improvviso sugli Svevi disarmati; |
e qual forato suo membro e qual mozzo mostrasse, d'aequar sarebbe nulla 21 il modo de la nona bolgia sozzo. |
se tutti costoro mostrassero le proprie ferite e i propri membri mozzati, nulla di tutto ciò potrebbe essere paragonato alla terribile situazione della nona bolgia "sozza" (colma cioè di odio, tradimento e di carneficina che ripugna i sensi e il sentimento). |
Già veggia, per mezzul perdere o lulla, com'io vidi un, così non si pertugia, 24 rotto dal mento infin dove si trulla. |
Avevo già visto attraverso la "mezzule", cioè il fondo della botte dove è innestata la cannuccia per lo sgorgare del vino e nel ricordo rivedevo anche, attraverso una delle lunette "lulla", che si aprono sullo stesso fondo per il lavaggio della botte, sgorgare il vino e l'acqua tinta di rosso, ma non così forato io vidi un tale, rotto dal mento fino all'ano. |
Tra le gambe pendevan le minugia; la corata pareva e 'l tristo sacco 27 che merda fa di quel che si trangugia. |
Le budella di costui pendevano tra le gambe ed era visibile la "corata", cuore, fegato, milza, polmoni e il "tristo sacco", lo stomaco, che trasforma il cibo in escrementi.
Ma non per questo è un "tristo sacco", bensì perché appartiene alla penosa involuta struttura del corpo fisico umano. A tal punto dirò che gli extraterrestri in missione sulla Terra, che vestono un corpo in densità umana, non hanno tale "trista" funzione; il cibo da loro ingerito viene evaporato naturalmente all'altezza del "tristo sacco" e restituito, pulito, all'energia solare da cui ogni cosa proviene. |
Mentre che tutto in lui veder m'attacco, guardommi, e con le man s'aperse il petto, 30 dicendo: «Or vedi com'io mi dilacco! |
Mentre ero proteso a vedere tutto in lui, egli mi guardò e con le mani s'aperse il petto dicendo: «Vedi come io mi dilanio! |
vedi come storpiato è Maometto! Dinanzi a me sen va piangendo Alì, 33 fesso nel volto dal mento al ciuffetto. |
vedi come è storpiato Maometto! Dinanzi a me sen va piangendo Alì, scisso nel volto dal mento all'attaccatura dei capelli (dalla bocca, nella parola errata, alla fronte, nell'errato pensiero). |
Maometto, come Gesù, Buddha e Krishna, fu una coscienza Cristica che, come i profeti di ogni tempo, portò sulla Terra il Divino Messaggio d'Amore. Tale messaggio fu "storpiato" nel suo concetto integro della vera Dottrina, trasformato dal diabolico pensiero umano e immerso nel sangue di sterminio e di morte in un crescendo di allontanamento degli uomini dalla Divina Fonte del vero Bene.
Lo "scisma" questa scissione fomentatrice di errori non fu voluta da Maometto, come affermano i precedenti commenti, ma fu creata e ancora oggi innalzata dalla mente umana, che trasformò l'amore in odio e il perdono in vendetta; né tanto meno Egli si trova nell'inferno perché è un dannato. Secondo le leggende del Medio Evo sarebbe stato un cardinale aspirante al papato e che per la delusione cagionata dall'insuccesso delle sue aspirazioni avrebbe dato inizio allo scisma.
Maometto, il vero profeta, si trova invece tra i peccatori, in questo inferno umano, per mostrare agli uomini il suo corpo squartato così come fu da essi squartata la Verità Divina che Egli portò al mondo.
Ed ecco che mostra la "corata": il cuore straziato nel corpo squarciato, così come Cristo mostra, in tutte le Apparizioni Celesti descritte dai veggenti di ogni luogo e di ogni tempo, il "Cuore di Gesù" sanguinante e trafitto d'amore e di dolore.
Alì fu dapprima un suo ardente seguace, poi fondò una setta a parte, distorcendo il pensiero del messaggio divino. È questo il suo peccato che gli spacca il volto dalla bocca, nella parola, alla fronte, nel pensiero.
E tutti li altri che tu vedi qui, seminator di scandalo e di scisma 36 fuor vivi, e però son fessi così. |
E tutti gli altri che tu vedi qui, seminatori di scandalo e di scisma, furono dapprima "vivi" nella Coscienza (come Alì, anch'essi seguaci di Maometto, dopo precipitarono negli errori) ed ora espiano la loro colpa come tu vedi. |
Un diavolo è qua dietro che n'accisma sì crudelmente, al taglio de la spada 39 rimettendo ciascun di questa risma, |
Un diavolo è "qui dietro" (quale invisibile energia purificatrice) che al taglio della spada li concia crudelmente rimettendo così ciascuno di questa risma nell'equilibrio perduto,
I giri della risma potrebbero corrispondere ai diversi stadi dell'età della vita, corrispondenti alle azioni di colpa commesse e segnate dalle karmiche sofferenze. |
quand'avem volta la dolente strada; però che le ferite son richiuse 42 prima ch'altri dinanzi li rivada. |
ma dopo svolto il Karma lungo la dolente strada; le ferite saranno rimarginate prima che la Divina Coscienza si ritrovi al cospetto di ciascun peccatore. |
Ma tu chi se' che 'n su lo scoglio muse, forse per indugiar d'ire a la pena 45 ch'è giudicata in su le tue accuse?» |
Ma tu chi sei che sullo scoglio del peccato sporgi il muso, forse per indugiare lontano dalle ire del divino giudizio sulle tue colpe?» |
«Né morte 'l giunse ancor, né colpa 'l mena», rispuose 'l mio maestro «a tormentarlo; 48 ma per dar lui esperïenza piena, |
«Né morte gli giunse ancora, né colpa qui lo mena», rispose il mio maestro «a tormentarlo; ma egli è qui per acquisire esperienza piena nella Conoscenza, |
a me, che morto son, convien menarlo per lo 'nferno qua giù di giro in giro; 51 e quest'è ver così com'io ti parlo». |
a me, che sono già morto alla vita umana e sono "vivo" nella superiore Coscienza, spetta il compito di guidarlo fin quaggiù di bolgia in bolgia, e questo è vero così come è vero che io ti parlo». |
Più fuor di cento che, quando l'udiro, s'arrestaron nel fosso a riguardarmi 54 per maraviglia oblïando il martiro. |
A queste parole, più di cento furono coloro che si arrestarono nel fosso a guardarmi per meraviglia, obliando il martirio.
A tal punto si trova la similitudine con l'arrestarsi della gente che vive nella "buia fossa" della vita umana al discorso di un profeta che parla di Verità. Essa si arresta ad ascoltare, obliando, nella speranza del domani, il martirio della vita terrena. |
«Or dì a fra Dolcin dunque che s'armi, tu che forse vedra' il sole in breve, 57 s'ello non vuol qui tosto seguitarmi, |
Maometto mi disse: «Tu che forse uscirai fra breve dal buio infernale, dì a fra Dolcino che mi segua rinascendo in questa sfera espiativa dove io attualmente mi trovo, se non vuole rischiare di arrendersi alle forze del Male per fame e per freddo spirituale,
Maometto invita fra Dolcino a seguirlo, ovvero a rinascere in quella sfera espiativa in cui egli, in tal momento, quale maestro di Verità, si trovava. E questo perché, come già detto, non c'è nessuno che ci giudica quando siamo sull'altra "sponda", ma noi stessi, dal felice mondo di lassù scegliamo il "cerchio" che si addice al nostro karma. Dolcino Tornielli fu discepolo di Gherardo Segarelli di Parma. Nel 1296 il Segarelli fu arso al rogo dai cattolici come eretico e Dolcino Tornielli divenne capo della setta pauperistica dei "Fratelli Apostolici". Contro di lui fu bandita una crociata dal papa Clemente V, guidata dal vescono di Novara. Dolcino, ritiratosi sul monte Zebello, nel Biellese, fu bloccato dalle nevi e si dovette arrendere "per fame e per freddo" assieme ai suoi cinquemila seguaci e dopo alcuni mesi fu bruciato con la sua compagna Margherita e con altri. |
sì di vivanda, che stretta di neve non rechi la vittoria al Noarese, 60 ch'altrimenti acquistar non sarìa leve». |
così come un tempo si arrese per fame e per la neve al Novarese, altrimenti acquistare la salvezza non gli sarebbe facile». |
Poi che l'un piè per girsene sospese, Maometto mi disse esta parola; 63 indi a partirsi in terra lo distese. |
Maometto proferì il suo dettame profetico per Dolcino, restando con un piede sollevato in procinto di partire, quindi nell'andare, in terra distese il piede.
Tale movimento, in atto di partenza, fa pensare all'istante in cui un Essere superiore annulla la forza di gravità terrestre per sollevarsi verso l'alto. |
Un altro, che forata avea la gola e tronco 'l naso infin sotto le ciglia, 66 e non avea mai ch'una orecchia sola, |
Un altro, che aveva la gola forata e il naso tronco fin sotto le ciglia, e non aveva che un solo orecchio, |
ristato a riguardar per maraviglia con li altri, innanzi a li altri aprì la canna, 69 ch'era di fuor d'ogni parte vermiglia, |
arrestatosi a guardare per meraviglia con gli altri, innanzi agli altri aprì la gola e, parlando direttamente dal foro insanguinato da ogni parte, |
e disse: «O tu cui colpa non condanna e cu' io vidi su in terra latina, 72 se troppa simiglianza non m'inganna, |
disse: «O tu che non sei condannato da colpa e che, se troppa somiglianza con qualcuno non m'inganna, io vidi sulla terra italiana nella mia trascorsa vita, |
rimembriti di Pier da Medicina, se mai torni a veder lo dolce piano 75 che da Vercelli a Marcabò dichina. |
ricordati di Pier da Medicina, se tornerai a vedere il dolce piano che da Vercelli a Marcabò declina. |
E fa saper a' due miglior da Fano, a messer Guido e anco ad Angiolello, 78 che, se l'antiveder qui non è vano, |
E fa saper a messer Guido del Cassero e ad Angiolello di Garignano, i due migliori di Fano delle Marche che, se questo "antivederci" nella sofferenza è necessario per giungere purificati alla felicità suprema, |
gittati saran fuor di lor vasello e mazzerati presso a la Cattolica 81 per tradimento d'un tiranno fello. |
gettati saranno fuori dal loro corpo fisico, "vasello", contenitore dell'anima, e uccisi "mazzerati" presso la città di Cattolica per tradimento di un tiranno spietato.
E così avvenne, perché così doveva avvenire per equilibrio karmico. |
Tra l'isola di Cipri e di Maiolica non vide mai sì gran fallo Nettuno, 84 non da pirate, non da gente argolica. |
Tra l'isola di Cipro e di Maiorca, Nettuno non vide mai un'azione più scellerata di questa, neppure ad opera dei pirati né dei Greci. |
Quel traditor che vede pur con l'uno, e tien la terra che tale qui meco 87 vorrebbe di vedere esser digiuno, |
E Maometto aveva profetizzato: "Quel traditore che li ucciderà e che vede con un occhio solo (Malatestino, chiamato appunto, "dell'occhio"), che governa crudelmente questa città che un tale che è qui con me non avrebbe voluto mai avere visto, |
farà venirli a parlamento seco; poi farà sì, ch'al vento di Focara 90 non sarà lor mestier voto né preco». |
li inviterà a parlare con lui; poi darà loro una sofferenza così atroce che essi non avranno più bisogno di far voti e preghiere (per ottenere la salvezza dell'anima nella grazia del Cielo)». |
E io a lui: «Dimostrami e dichiara, se vuo' ch'i' porti sù di te novella, 93 chi è colui da la veduta amara». |
E io a lui: «Mostrami e spiegami, se vuoi che lassù io parli di te, chi è colui che fu dolente di aver visto Rimini». |
Allor puose la mano a la mascella d'un suo compagno e la bocca li aperse, 96 gridando: «Questi è desso, e non favella. |
Allora egli pose la mano sulla mascella d'un suo compagno e gli aprì la bocca, gridando: «"Questi è desso, e non favella".
Era Caio Curione. |
Questi, scacciato, il dubitar sommerse in Cesare, affermando che 'l fornito 99 sempre con danno l'attender sofferse». |
Questo, scacciato da Roma, troncò i dubbi di Cesare (incerto se ubbidire al Senato, oppure varcare il Rubicone con le truppe, lo incitò alla guerra) sostenendo che l'indugio porta il danno a chi, invece, è preparato ad operare». |
Oh quanto mi pareva sbigottito con la lingua tagliata ne la strozza 102 Curïo, ch'a dir fu così ardito! |
Oh quanto mi pareva dolorosamente turbato, con la lingua tagliata nella strozza (egli era lì con la bocca aperta, non più proferendo parole di comando e cattivi incitamenti), Curio, famoso per il suo ardimento!
Qui va il pensiero all'espiazione di un sordomuto che emette suoni gutturali come se avesse la lingua tagliata nella strozza e che molto facilmente sarà stato un grande della storia. |
E un ch'avea l'una e l'altra man mozza, levando i moncherin per l'aura fosca, 105 sì che 'l sangue facea la faccia sozza, |
Un altro che aveva mozze ambo le mani (e che forse espiava la colpa di aver così ridotto i prigionieri di guerra che avevano ardito impugnare le armi contro di lui), levando i moncherini nell'aria fosca, così che il suo stesso sangue, rispecchiante il sangue versato in guerra, gli cadeva addosso imbrattandogli la faccia, |
gridò: «Ricordera'ti anche del Mosca, che disse, lasso!, "Capo ha cosa fatta", 108 che fu mal seme per la gente tosca». |
gridò: «Ricordati anche del Mosca, che disse: "Cosa fatta capo ha" (ogni cosa già fatta riesce ad un fine, quale esso sia non ha importanza) e queste parole furono l'inizio della lotta fratricida per i Toscani». |
E io li aggiunsi: «E morte di tua schiatta»; per ch'elli, accumulando duol con duolo, 111 sen gio come persona trista e matta. |
Ed io soggiunsi: «Fu mal seme e morte per tua gente»; perciò egli, accumulando dolore con dolore, se ne andò piangente e fuori di sé. |
Ma io rimasi a riguardar lo stuolo, e vidi cosa, ch'io avrei paura, 114 sanza più prova, di contarla solo; |
Ma io rimasi a guardar la schiera dei dolenti e vidi cosa che avrei paura di raccontare senza poter dare altra prova che quella di dire che vidi; |
se non che coscïenza m'assicura, la buona compagnia che l'uom francheggia 117 sotto l'asbergo del sentirsi pura. |
oltre la coscenza di narrar la verità che rende coraggioso chi la narra, sotto la corazza di sentirsi puri. |
Io vidi certo, e ancor par ch'io 'l veggia, un busto sanza capo andar sì come 120 andavan li altri de la trista greggia; |
Io vidi certo, e ancora pare che io veda, un busto senza testa andar lungo la via che percorrevano gli altri della "trista greggia" degli umani; |
e 'l capo tronco tenea per le chiome, pesol con mano a guisa di lanterna; 123 e quel mirava noi e dicea: «Oh me!». |
il capo tronco teneva per le chiome, alto con la mano, a guisa di lanterna (come a rischiarare la via del Bene che a suo tempo non aveva veduto); egli guardava noi e diceva: «Ohime!». |
Di sé facea a sé stesso lucerna, ed eran due in uno e uno in due; 126 com'esser può, quei sa che sì governa. |
Con la sua testa faceva a se stesso da lucerna; ed era uno diviso in due e due in uno, così come può essere Colui che predispone e governa ogni cosa. |
Quando diritto al piè del ponte fue, levò 'l braccio alto con tutta la testa 129 per appressarne le parole sue, |
Quando egli fu esattamente sotto il "nostro ponte", levò altro il braccio con tutta la testa, affinché udissimo più da vicino le sue parole, |
che fuoro: «Or vedi la pena molesta tu che, spirando, vai veggendo i morti: 132 vedi s'alcuna è grande come questa. |
che furono: «Or vedi la trista pena, tu, che respirando la vita vai guardando i morti; vedi se alcuna è grande come questa. |
E perché tu di me novella porti, sappi ch'i' son Bertram dal Bornio, quelli 135 che diedi al re giovane i ma' conforti. |
E affinché tu possa parlare di me, sappi che io sono Bertran dal Borneo (visconte nel Perigord e signore del castello di Hautefort, in Guascogna), fui io che diedi al re giovane i cattivi consigli (si ritiene trattarsi del re giovane Enrico III, che sarebbe stato malamente consigliato dal Bertran a ribellarsi al padre Enrico II). |
Io feci il padre e 'l figlio in sé ribelli: Achitofèl non fé più d'Absalone 138 e di Davìd coi malvagi punzelli. |
Io feci il padre e il figlio nemici tra loro. E Achitofèl non fece di più quando, attraverso i suoi malvagi incitamenti, spinse Absalon ad agire contro il padre David.
Bertran dal Bormio, secondo alcuni commentatori, perdette il figlio prediletto, in circostanze tragiche. Pertanto si presume che l'ammonimento che Dante fa, ispirato da Virgilio, vada a coloro che seminano discordia, "punzelli", tra padre e figlio. Costoro, a loro volta condannati alla perdita del figlio, proseguirebbero sul cammino della vita come "tronconi" separati dalla testa, ovvero dal cervello, che, come il figlio dal padre, trae origine dal "suo principio" (il midollo spinale). |
Perch'io parti' così giunte persone, partito porto il mio cerebro, lasso!, dal suo principio ch'è in questo troncone. 142 Così s'osserva in me lo contrapasso». |
E poiché io divisi due creature, tanto strettamente unite da un legame di natura, io porto (così come divisi il figlio dal padre) il mio cervello separato dalla sua radice. Così si svolge in me "lo contrappasso" l'esatto contraccambio d'una colpa commessa in precedenti vite».
È questa, dunque, la Legge del Karma, l'espiazione che, come già detto, si svolge nel corso dei secoli. |