nel libero commento di Giovanna Viva
Cerchio ottavo: fraudolenti
Bolgia quinta: barattieri la fossa di pece bollente un anziano lucchese i Malebranche Virgilio e Malacoda Dante e Virgilio scortati da dieci diavoli
Viene qui da chiedersi: "Come mai il capo dei diavoli, il peggiore avversario di Dio, si arresta improvvisamente di fronte al Celeste Volere?"
Il verità la Suprema Potenza Divina non può avere nemici. Tutto è al servizio del Bene Creativo e la Luciferiana purificazione che consente la Luce attraverso il dolore, è al servizio di Dio.
Lungi dall'essere quindi un avversario di Dio, l'Arcangelo Luce altro non fu che l'indispensabile polo negativo, il quale, in collaborazione col polo positivo della Creatrice Mente Divina, decretò i presupposti ideali dai quali sarebbero scaturite le quattro potenze degli elementi primari: Fuoco, Terra, Acqua, Aria, che avrebbero organizzato il grande scenario della manifestazione materiale del poliedrico Generatore dello sconfinato luccichio stellare. Le Sue Leggi creative stabilirono che il positivo della scintilla DivinaSpirito si sdoppiasse nel negativo dell'Anima e si accendesse la vita.
Accade allora che il corpo sia il "veicolo", l'anima il "motore" e lo Spirito il "divino registratore" delle esperienze vissute nel regno della materia.
L'anima relazionerà allo Spirito, durante il breve tempo dopo la morte, dopo cioè che il cuore ha cessato di battere, tempo approssimativo di tre giorni, in cui l'anima resta, se pure di fuori, ancora legata al corpo (Canto I v. 26) vita per vita, tutte le esperienze che l'uomo fece negli anfratti grigi della materia.
Ora, essendovi l'uomo saturato di esperienze fatte nel relativo fugace, effimero e apparentem è in grado di avere coscienza della benignità dell'Amore Assoluto che vitalizza il Tutto e che, per amore, gli procurò il dolore.
E 'l duca mio a me: «O tu che siedi tra li scheggion del ponte quatto quatto, 90 sicuramente omai a me ti riedi». |
Rassicurato dalle parole di Malacoda, il mio maestro mi disse: «O tu che siedi nascosto tra le schegge del ponte quatto quatto, puoi ormai riunirti a me». |
Per ch'io mi mossi, e a lui venni ratto; e i diavoli si fecer tutti avanti, 93 sì ch'io temetti ch'ei tenesser patto; |
Perciò mi mossi ed a lui mi avvicinai in fretta; i diavoli si fecero tutti avanti, così che io dubitai che loro mantenessero il patto di non ferire; |
così vid'io già temer li fanti ch'uscivan patteggiati di Caprona, 96 veggendo sé tra nemici cotanti. |
similmente io avevo già visto avanzare tutti compatti i soldati pisani usciti dal castello di Caprona, dopo aver pattuito la resa in cambio della vita, timorosi tra cotanti nemici. |
I' m'accostai con tutta la persona lungo 'l mio duca, e non torceva li occhi 99 da la sembianza lor ch'era non buona. |
Io mi accostai molto al mio maestro e non staccavo gli occhi dal loro feroce aspetto. |
Ei chinavan li raffi e «Vuo' che 'l tocchi», diceva l'un con l'altro, «in sul groppone?» 102 E rispondien: «Sì, fa che gliel'accocchi!» |
Essi chinavano i raffi verso di me e «Vuoi che lo tocchi», diceva l'uno all'altro, «sulle spalle?» E gli altri rispondevano: «Sì, assestagli un bel colpo!»
Ma i diavoli erano "punitori" e non avrebbero potuto far male se non per punire il peccato riguardante quella bolgia. Si può presumere, perciò, che essi non parlassero seriamente, ma quasi divertiti dall'atteggiamento di Dante che li fissava con gli occhi sbarrati, mentre per paura era letteralmente incollato a Virgilio dalla testa ai piedi. |
Ma quel demonio che tenea sermone col duca mio, si volse tutto presto, 105 e disse: «Posa, posa, Scarmiglione!» |
E quel demonio che usava parlare con Virgilio, si volse in fretta e disse: «Posa, posa, Scarmiglione!»
Scarmiglione era il punitore che, attraverso la paura purificatrice, faceva rizzare i capelli e in tal modo, secondo il suo nome, scarmigliava, scompigliando i peccatori. Egli si distingueva dagli altri per via dei suoi capelli irti, arruffati, "scarmigliati". |
Poi disse a noi: «Più oltre andar per questo iscoglio non si può, però che giace 108 tutto spezzato al fondo l'arco sesto. |
Poi Malacoda (il cui nome dimostra che "metteva la coda" dappertutto, essendo egli il capo dei diavoli) ci disse: «Non si può andar più oltre per questo scoglio, perché l'arco sesto giace tutto spezzato al fondo.
Si deve ricordare che "l'arco sesto" secondo la SCALA DELL'EVOLUZIONE, potrebbe riferirsi al "sesto grado di Coscienza" a cui appartenenva Gesù: Egli, Capo Supremo della Gerarchia Celeste, apparteneva alla Coscienza UniversaleCristica". |
E se l'andare avante pur vi piace, andatevene su per questa grotta; 111 presso è un altro scoglio che via face. |
E se volete proseguire andate per l'altra via che passa sopra questa grotta: qui presso vi è un altro scoglio (evidentemente di minor peccato di quello della bolgia franata) che vi permetterà il passaggio. |
Ier, più oltre cinqu'ore che quest'otta, mille dugento con sessanta sei 114 anni compié che qui la via fu rotta. |
Questo è uno degli enigmi che Dante ci propone; secondo alcuni commentatori si riferirebbe al compimento di 1266 anni di un avvenuto terremoto che avrebbe causato la rottura del ponte. Secondo altri si tratterebbe di uno dei passi fondamentali per la determinazione della cronologia del viaggio attraverso le montagne del Purgatorio; per altri ancora, che "sono le sette del mattino e che è passata circa un'ora da quando Dante e Virgilio hanno lasciato il colmo del ponticello sulla bolgia quarta e che mancano cinque ore al mezzodì (Sapegno).
A questa ipotesi aggiungo la mia idea: io credo che il riferimento vada alla "Fine dei Tempi", ovvero ai nostri giorni, in cui l'uomo avvelena il suo mondo e la sua stessa vita e cioè: |
1000 + 200 con 60 con 6 --------------- 2400 - l'ora che è oltre, cioè "in più", 5 ore, anni 500 = --------------- 1900È questo il tempo del "mille e non più mille" di cui parlava Gesù nel significato di mille anni e non più di altri mille anni, prima della manifestazione dei "SEGNI" della Divina Giustizia: il 1900.
Essi sono sulla Terra e la loro potenza è grande, il loro simbolo è la Morte, che significa rinascita e mezzo di purificazione.
Beati coloro che si sono ravveduti e risvegliati, perché è vero che non saranno percossi, né avranno timore alcuno dei Cavalieri dell'Apocalisse, coloro che non vorranno ravvedersi, né vorranno risvegliarsi nella Verità dovranno temere, perché la Giustizia Santa contenuta nelle coppe dei Cavalieri è Ira Santa dell'altissimo Iddio".
Ho rapportato le "cinque ore" di cui sopra a cinquecento anni di una generazione. Per "generazione" va intesa quella manifestazione d'uomini che si appalesa sulla terra nell'arco di 2.150 anni circa; durante questo tempo il pianeta, rivoluzionando con il sistema planetario che lo contiene attorno all'asse del nostro universo, si sposta continuamente da una costellazione all'altra.
Duemila anni fa in Palestina, la manifestazione del Cristo fu principalmente profetica e s'inserì nel Grande Disegno di "semina delle verità universali" i cui frutti sarebbe stato possibile raccogliere duemila anni dopo a chiusura del ciclo di una generazione.
Al tempo di Gesù, la terra era da poco entrata nell'"Era dei Pesci", ora è da poco entrata nell'"Era dell'Acquario". Nel frattempo sono trascorsi duemila anni durante i quali l'umanità ha camminato lungo le vie del dolore, dello scetticismo, del fanatismo, del conformismo. Ora a chiusura del ciclo astronomico, è prossimo il tempo in cui essa, nel segno dell'"Acquario", intraprenderà le vie della Superiore Coscienza per il raggiungimento dei Valori Positivi Eterni portati dal Cristo, che, ora e solo ora, si appresta a ritornare sulla Terra per raccogliere il frutto del Suo "lavoro di semina".
Vasto e profondo è il disordine a tutti i livelli che regna nel tessuto della società umana; il valore dell'"Amore", così come lo intese il Cristo, non è affatto nei sentieri degli uomini, per cui, per legge di causaeffetto, non si sono mai potuti tessere retti rapporti fra i popoli e le nazioni sulla base della lealtà, della concordia e del reciproco rispetto fraterno.
Conseguentemente l'uomo si trova ora in una situazione disperata causata da lui stesso. L'aria, l'acqua e il suolo sono avvelenati, i mari sono inquinati, i cibi adulterati e, tragico su tutti e su tutto, l'incombente spettro atomico, batteriologico e chimico.
Ed ecco che: "mille dugento con sessanta sei compié che qui la via fu rotta", fu e rimarrà rotta, con la crocifissione del Cristo, la via che conduce al Cielo.
Tale riferimento al più grave peccato per quella Croce issata sul Golgota, la cui ombra più che mai nella presente era ci ricade addosso, ci fa pensare che la similitudine tra la bolgia impeciata e l'arsenale dei Veneziani si riferisca a martelli, chiodi, funi, spine e colpi di lancia che costituirono la tortura del corpo dio Gesù e che il battere e ribattere in simili torture assieme al bollore della pece, che è da intendersi quale bollore espiativo della vita umana, servissero al restauro di quella parte dell'Umanità, che fu contro Cristo e che senza l'opera restauratrice dei diavoli punitori, non potrebbe, come le imbarcazioni veneziane, navigare, proseguire cioè lungo la via del Karma sulle onde frastagliate e difficili dei marosi del mondo. Similmente la fessura "mirabilmente oscura" (Canto XXI v. 6) potrebbe riferirsi all'umano buio mentale che al Cristo preferì Barabba.
Io mando verso là di questi miei a riguardar s'alcun se ne sciorina; 117 gite con lor, che non saranno rei». |
Io mando, continuò Malacoda, alcuni di questi miei per sorvegliare i peccatori, affinché non si scrollino da dosso la pece della sofferenza. Andate con loro che non vi faranno del male». |
«Tra'ti avante, Alichino, e Calcabrina», cominciò elli a dire, «e tu, Cagnazzo; 120 e Barbariccia guidi la decina. |
«Tirati avanti Alichino (chinati sulle ali a purificare i volatili) e Calcabrina (a disseccare, appesantire la brina sul verde dei prati e sugli alberi in fiore)», cominciò egli a dire, «e tu Cagnazzo (preparati da feroce mastino, alla purificazione delle bestie) e Barbariccia (tu che fai arricciare il pelo per le raccapriccianti sofferenze che infliggi), guidate la decina. |
Libicocco vegn'oltre e Draghignazzo, Cirïatto sannuto e Graffiacane 123 e Farfarello e Rubicante pazzo. |
Venga oltre Libicocco (a dissestare Libeccio e Scirocco) e Draghignazzo (simile a sghignazzante Drago) e Ciriatto ("ciros", dal greco: "cinghiale, porco selvatico"), venga Farfarello e Rubicante (due spiritelli burloni e punitori: Farfarello, così chiamato in Toscana e che nella bassa Italia viene chiamato con nomi diversi come: " Uru, Llaùru, Maurieddhu ecc., il quale, secondo la credenza popolare, quando è burlone porta via la biada ad un cavallo per riempire la mangiatoia di un altro, opure, operando in preferenza nelle campagne, intreccia, durante la notte, code e criniere filo per filo e poi treccina per treccina fino a formare una specie di fitta tessitura, impossibile da disfare. Rubicante pazzo, invece, quando è burlone, ruba gli oggetti e li nasconde nei posti più impensati come al di sopra delle cornici delle porte e dei quadri o sui candelabri; tira spesso giù dal letto le coperte dei bimbi durante la notte; e tutto ciò avverrebbe per dimostrare alla scettica umanità che la vita non termina qui, ma che al di fuori e al di sopra di questa vita esiste qualcosa, di noi più grande, che ci sorveglia e ci domina e che, comunque, è di noi più potente. Il nome Rubicante potrebbe intendersi anche "RubiKant": Rubi, da rubidio, Rb, elemento chimico irritante color del sangue e Kant, che significa ipocrisia nella vita sociale e politica, quindi anche "punitore" col rosseggiar del sangue e purificatore di ladroneggio e ipocrisia. E saremmo così in argomento: "punitore di barattieri"). |
Cercate 'ntorno le boglienti pane; costor sian salvi infino a l'altro scheggio 126 che tutto intero va sovra le tane». |
Cercate tutt'intorno le bollenti "panìe" (vischiose sostanze simili a pece con le quali si catturano gli animali); costoro siano salvi fino all'altro scoglio, oltre l'arco sesto (arco franato) poiché questo vischio va tutt'intorno circondando le tane». |
«Omè, maestro, che è quel ch'i' veggio?», diss'io, «deh, sanza scorta andianci soli, 129 se tu sa' ir; ch'i' per me non la cheggio. |
«Ohimè, maestro, cosè quello che vedo?», io dissi, «deh, senza scorta proseguiamo da soli, se tu sai andare, poiché io per me non la chiedo. |
Se tu se' sì accorto come suoli, non vedi tu ch'e' digrignan li denti, 132 e con le ciglia ne minaccian duoli?» |
Se tu sei così accorto come sempre, non vedi anche tu che digrignano i denti e con le ciglia ci minacciano?» |
Ed elli a me: «Non vo' che tu paventi; lasciali digrignar pur a lor senno, 135 ch'e' fanno ciò per li lessi dolenti». |
Ed egli a me: «Non voglio che tu tema, lascia che digrignino pure a loro piacimento, in questo luogo espiativo dove la pena è più cocente, poiché la loro azione è rivolta a cuocere i peccatori e a renderli maturi». |
Per l'argine sinistro volta dienno; ma prima avea ciascun la lingua stretta coi denti, verso lor duca, per cenno; 139 ed elli avea del cul fatto trombetta. |
La scorta dei diavoli svoltò per l'argine sinistro (lato negativo del peccato), ma prima di andarsene, ciascuno dei diavoli aveva la lingua stretta tra i denti in uno sberleffo triviale, al quale Malacoda contemporaneamente rispondeva con un segnale altrettanto speciale, altrettanto triviale, adeguato alla sua condizione demoniaca. |