nel libero commento di Giovanna Viva
Cerchio ottavo: fraudolenti
Bolgia quinta: barattieri Ciampolo di Navarra zuffa di diavoli Dante e Virgilio proseguono i cammino senza la scorta dei diavoli
Io vidi già cavalier muover campo, e cominciare stormo e far lor mostra, 3 e talvolta partir per loro scampo; |
Io avevo già visto cavalieri partire in guerra ed avanzar d'assalto, sfilare in parata e talvolta anche battere in ritirata; |
corridor vidi per la terra vostra, o Aretini, e vidi gir gualdane, 6 fedir torneamenti e correr giostra; |
e corridori o Aretini nella vostra terra. Avevo visto andar "gualdane" per distruggere e predare, cozzar di spada in tornei, correre a cavallo giostrando in gara. Avevo visto dare il "via" con vari segnali |
quando con trombe, e quando con campane, con tamburi e con cenni di castella, 9 e con cose nostrali e con istrane; |
quando con trombe e quando con campane o con "segni di castella" (bandiere e fuochi d'artificio), oppure dare il via con altri segnali nostrani e stranieri; |
né già con sì diversa cennamella cavalier vidi muover né pedoni, 12 né nave a segno di terra o di stella. |
ma giammai al suono di sì strana cornamusa come lo strumento di Malacoda, avevo visto muovere cavalieri, né pedoni, né nave a struttura terrestre, né extraterrestre, "a segno di stella". |
A tal punto, commentatori al di fuori di ogni conoscenza cosmodinamica e cosmogenetica non potevano commentare diversamente di come hanno interpretato le parole: "né nave a segno di terra o di stella". Essi, infatti, così spiegano: " A simile segnale non vidi mai muovere una nave orientata verso una terra in vista, né nave orientata a mezzo della stella polare".
Ma l'orario e l'orientamento non avrebbero alcuna importanza; si riferisce pertanto al genere di nave mai vista muovere a tale segnale.
Le navi spaziali extraterrestri sono tutte strutturate "a segno di stella" affinché non perforino lo spazio nuocendo all'Equilibrio del Cosmo. Esse vengono costruite con la stessa meccanica dei corpi celesti; sono spinte dall'energia magnetica in collaborazione con l'energia Luce che è solare, quindi "stellare", a segno di stella. Essendo, appunto, così strutturati, i mezzi di volo extraterrestri possono muoversi in tutte le direzioni superando la velocità della luce che raggiunge i 300.000 Km al secondo. Si inseriscono, inoltre, in quello che noi chiamiamo "vuoto dello spazio cosmico", dove, invece, tutti gli elementi della vita sono immersi e che è costituito da linee di forza magnetica formata da corpuscoli e da onde che vanno dall'infinitamente grande all'infinitamente piccolo. Perciò la nave spaziale, come un corpuscolo di energia, annullando intorno a sé ogni forza di attrazione o di repulsione, è sempre in perfetto equilibrio. Essendo essa in stato di levitazione e in possesso delle onde cosmiche, si troverà ad essere inserita in una nuova corrente energetica di prestazione più elevata che le consentirà di percorrere fantastiche distanze a velocità iperboliche. Ciò senza che i suoi occupanti ne risentano minimamente, perché viene eliminato istantaneamente ogni movimento interno, perfino la più piccola spinta acceleratrice. A tal punto, oltre che a segno di stella, la nave extraterrestre è anche a segno di corpuscolo di energia e pertanto è anche un tracciatore magnetico.
Queste cose ci risultano incredibili perché nel caotico turbinare di credenze errate, la diffidenza per gli insegnamenti "diversi" ha preso il sopravvento, vietandoci di avanzare in una realtà più chiara e cosciente.
A tal proposito il nostro Dante direbbe:
«Per anni troppi vi mentì lo scritto che di guardar nel ver or sie' digiuni; convien sull'ali del pensier gir dritto per superar lo 'nferno e l' cerchi bruni».
Noi andavam con li diece demoni. Ahi fiera compagnia! ma ne la chiesa 15 coi santi, e in taverna coi ghiottoni. |
Noi andavamo con i dieci demoni, ma, come si suol dire, "in chiesa con i Santi, in taverna coi ghiottoni".
Ogni compagnia trovasi cioè al posto adatto; si sta perciò in compagnia dei dèmoni in questo infernale pianeta Terra. |
Pur a la pegola era la mia 'ntesa, per veder de la bolgia ogne contegno 18 e de la gente ch'entro v'era incesa. |
Intanto alla pentola bollente era rivolta la mia attenzione per vedere le condizioni della bolgia e della gente che dentro vi bruciava. |
Come i dalfini, quando fanno segno a' marinar con l'arco de la schiena, 21 che s'argomentin di campar lor legno, |
Come i delfini, presagendo la spinta energetica del fondo marino all'approssimarsi della bufera, affiorano col dorso sulla superficie ripetutamente, tornando ad emergere per poi immergersi ancora e tal segno avverte i marinai del pericolo della tempesta imminente e del pericolo degli stessi delfini che potrebbero, affiorando continuamente, capovolgere l'imbarcazione, |
talor così, ad alleggiar la pena, mostrav'alcun de' peccatori 'l dosso 24 e nascondea in men che non balena. |
così, in quella bolgia per alleviare la pena, i peccatori affioravano col dorso alla superficie della "pece" e poi tornavano dentro in un baleno.
Il lettore, pervenuto a comprendere il veritiero significato del pensiero Dantesco, potrebbe scorgere nelle varie descrizioni tanti esempi che sfuggono al commento stesso. |
E come a l'orlo de l'acqua d'un fosso stanno i ranocchi pur col muso fuori, 27 sì che celano i piedi e l'altro grosso, |
E come sull'orlo di un fosso stanno i ranocchi col muso fuori dall'acqua nascondendo i piedi e il resto del corpo, |
sì stavan d'ogne parte i peccatori; ma come s'appressava Barbariccia, 30 così si ritraén sotto i bollori. |
così stavano da ogni parte (in ogni luogo del mondo) i peccatori, ma come si avvicinava Barbariccia (la punizione che raccapriccia), essi si ritraevano sotto i bollori.
Ciò significa che i peccatori tutti, preferiscono restare immersi nella pece bollente che raffigura il dolore della vita umana e sfuggire ai vari "graffi" che di quando in quando sopraggiungono ad accrescere le pene. I "graffi" possono essere paragonati agli interventi chirurgici oppure agli incidenti vari che graffiano il corpo e terrorizzano l'anima. |
I' vidi, e anco il cor me n'accapriccia, uno aspettar così, com'elli 'ncontra 33 ch'una rana rimane e l'altra spiccia; |
Io vidi, e ancor tal ricordo mi raccapriccia, che un peccaore rimaneva fuori dal bollore similmente ad una rana che resta in riposo, mentre un'altra guizza e vi si tuffa;
Questo avviene nei meandri del "destino", in cui talora, nel bollore della sofferenza, viene data per Divina Misericordia un po' di tregua. Anche nell'Aldilà viene concessa una tregua maggiore quando, fra l'una e l'altra incarnazione, torniamo Lassù a riposare in seno alla nostra vera famiglia universale per risentire e rivivere quella felicità che durante le penose esperienze terrene avevamo dimenticato. Ritorniamo dopo sulla Terra, nuovamente dimentichi di quella grande gioia, per completare i cicli della nostra esperienza terrena. |
e Graffiacan, che li era più di contra, li arruncigliò le 'mpegolate chiome 36 e trassel sù, che mi parve una lontra. |
e Graffiacane che gli era dirimpetto e più vicino, afferrò col runciglio le impeciate chiome di quel peccatore che perdeva il tempo della pena, lo emerse ed a me parve una lontra.
Quel peccatore che aveva chiome così abbondanti da potersi afferrare col runciglio, viveva evidentemente il suo Karma in corpo da bestia, anche perché "appariva come una lontra", ed era inoltre punito da "Graffiacane". Dopo la similitudine con i delfini e con le rane, seguirà quella con i topi e con le anatre; possiamo pertanto dedurne che questi dèmoni svolgevano la loro missione punitiva tra le bestie e le piante, nei regni cioè Vegetale e Animale, dove anche le anime umane, tra l'una e l'altra vita, bruciavano il loro Karma in corpo da bestia o da pianta. |
I' sapea già di tutti quanti 'l nome, sì li notai quando fuorono eletti, 39 e poi ch'e' si chiamaro, attesi come. |
Io conoscevo già il nome di tutti i diavoli da quando erano stati scelti da Malacoda e attesi per sentrire ancora come si chiamavano fra loro. |
«O Rubicante, fa che tu li metti li unghioni a dosso, sì che tu lo scuoi!», 42 gridavan tutti insieme i maladetti. |
«O Rubicante, mettigli gli unghioni addosso così che tu lo scuoi!», gridavano quei demoni tutti assieme. |
E io: «Maestro mio, fa, se tu puoi, che tu sappi chi è lo sciagurato 45 venuto a man de li avversari suoi». |
Ed io: «Maestro mio, cerca di sapere, se puoi, chi è quello sciagurato caduto in mano dei suoi avversari». |
Lo duca mio li s'accostò allato; domandollo ond'ei fosse, e quei rispuose: 48 «I' fui del regno di Navarra nato. |
Virgilio, accostandosi, gli chiese chi fosse, e quello rispose: «Io nacqui nel regno di Navarra. |
Mia madre a servo d'un segnor mi puose, che m'avea generato d'un ribaldo, 51 distruggitor di sé e di sue cose. |
Mia madre che mi aveva generato con un ribaldo, mi mise poi a servizio da un signore. |
Poi fui famiglia del buon re Tebaldo: quivi mi misi a far baratteria, 54 di ch'io rendo ragione in questo caldo». |
Poi fui "famiglio" del buon re Tebaldo II di Navarra; mi misi a far guadagni illeciti, della qual colpa ora pago il fio».
È da presumere che qui sia stato scritto inizialmente "fui famiglio" e non "famiglia". |
E Cïriatto, a cui di bocca uscia d'ogne parte una sanna come a porco, 57 li fé sentir come l'una sdruscia. |
E Ciriatto (dal greco "ciros", porco selvatico: cinghuale), al quale da ogni parte della bocca usciva una zanna come a un porco, gli fece sentire come una sola delle sue zanne lacerava la carne.
Una sola delle zanne di Ciriatto, visto quale portatore di espiazione, potrebbe anche paragonarsi ad un bisturi chirurgico. |
Tra male gatte era venuto 'l sorco; ma Barbariccia il chiuse con le braccia, 60 e disse: «State in là, mentr'io lo 'nforco». |
Fra le cattive gatte, arrabbiati felini, era caduto quel topolino indifeso, ma Barbariccia, chiudendolo fra i denti del forchettone, disse agli altri: "State in là fino a che io lo tenga inforcato".
Questo gesto potrebbe paragonarsi ad un temporaneo riposo nella "Misericordia" durante una penosa espiazione. |
E al maestro mio volse la faccia: «Domanda», disse, «ancor, se più disii 63 saper da lui, prima ch'altri 'l disfaccia». |
E rivoltosi al maestro: «Domanda», disse, «se tu vuoi sapere altro da lui chiediglielo pure, prima che gli altri punitori ne facciano strazio». |
Lo duca dunque: «Or dì: de li altri rii conosci tu alcun che sia latino 66 sotto la pece?». E quelli: «I' mi partii, |
Allora Virgilio: «Or dimmi sotto la "pece" (nel suo stesso dolore espiativo) hai conosciuto qualcun altro che fosse "latino" italiano?». E quello: «Mi sono allontanato, |
poco è, da un che fu di là vicino. Così foss'io ancor con lui coperto, 69 ch'i' non temerei unghia né uncino!» |
da poco, da un tale che fu di vicino all'Italia. E fossi io restato ancor con lui coperto dal pericolo di maggior peccato, perché ora non temerei né unghia, né uncino purificatore!» |
E Libicocco «Troppo avem sofferto», disse; e preseli 'l braccio col runciglio, 72 sì che, stracciando, ne portò un lacerto. |
E Libicocco «Troppo abbiamo pazientato nell'attesa dei vostri discorsi», disse; e siccome la Giustizia deve seguire il suo corso, gli afferrò il braccio col runciglio, così che, trascinandolo, gli portò via un brandello. |
Draghignazzo anco i volle dar di piglio giuso a le gambe; onde 'l decurio loro 75 si volse intorno intorno con mal piglio. |
Anche Draghinazzo volle dar piglio giù nelle gambe, per cui il "decurio" Barbariccia, capo della decina, si volse intorno con piglio minaccioso accorgendosi che i punitori si scagliavano avventatamente senza badare all'adeguata misura della punizione. |
Quand'elli un poco rappaciati fuoro, a lui, ch'ancor mirava sua ferita, 78 domandò 'l duca mio sanza dimoro: |
Quando essi furono alquanto calmati, il duca mio, mentre il peccatore ancor guardava la sua ferita, gli domandò senza indugio: |
«Chi fu colui da cui mala partita di' che facesti per venire a proda?» 81 Ed ei rispuose: «Fu frate Gomita, |
«Chi fu colui dal quale tu dici di esserti sventuratamente allontanato?» Ed egli rispose: «Fu frate Gomita, |
quel di Gallura, vasel d'ogne froda, ch'ebbe i nemici di suo donno in mano, 84 e fé sì lor, che ciascun se ne loda. |
quello della città di Gallura, luogo contenitore di ogni frode (una delle quattro sedi giudiziarie, "giudicati", in cui i Pisani avevano diviso la Sardegna), che ebbe nelle mani i nemici del suo signore Nino Visconti da Pisa e si comportò così bene che ognuno di loro loda ancora il suo leale comportamento. |
Danar si tolse, e lasciolli di piano, sì com'e' dice; e ne li altri offici anche 87 barattier fu non picciol, ma sovrano. |
Frate Gomita li prosciolse da false accuse tendenti a confiscare i loro beni e, per non violare le leggi imposte dal Visconti, pagò il loro riscatto col suo denaro, "danar si tolse" e li liberò "di piano", così come si suol dire "sì com'e' dice" e anche in altre sue funzioni fu "barattiere", non misero "non picciol", bensì sovrano, al di sopra di ogni baratteria egli mutò, nei suoi scambi, il falso in leale e pertanto il Visconti lo condannò all'impiccagione. |
Usa con esso donno Michel Zanche di Logodoro; e a dir di Sardigna 90 le lingue lor non si sentono stanche. |
Usa parlar con lui don Michele Zanche di Logodoro e a parlar della Sardegna le loro lingue non sono mai stanche. |
Omè, vedete l'altro che digrigna: i' direi anche, ma i' temo ch'ello 93 non s'apparecchi a grattarmi la tigna». |
Oimé, vedete Farfarello, altro diavolo che digrigna: io racconterei ancora, ma temo che egli si prepari "a grattarmi la tigna" a conciarmi per le feste». |
E 'l gran proposto, vòlto a Farfarello che stralunava li occhi per fedire, 96 disse: «Fatti 'n costà, malvagio uccello!» |
E Barbariccia, gran proposto a capo della decina, rivolto a Farfarello che stralunava gli occhi preparandosi a ferire, disse: «Scostati, malvagio uccello!» |
«Se voi volete vedere o udire», ricominciò lo spaurato appresso 99 «Toschi o Lombardi, io ne farò venire; |
«Se voi volete vedere o udire», ricominciò: lo spaurito peccatore «Toscani o Lombardi, io ne farò venire qui alcuni; |
ma stieno i Malebranche un poco in cesso, sì ch'ei non teman de le lor vendette; 102 e io, seggendo in questo loco stesso, |
ma i Malebranche cessino per un po' la loro funzione, così che quelli non temano la punizione; ed io, restando in questo luogo stesso, |
per un ch'io son, ne farò venir sette quand'io suffolerò, com'è nostro uso 105 di fare allor che fori alcun si mette». |
per un ch'io sia, invece di me soltanto, nelle vostre mani ne metterò sette, allorché lancerò loro il nostro segnale di intesa, affinché essi escano dalla bolgia tranquillamente». |
Cagnazzo a cotal motto levò 'l muso, crollando 'l capo, e disse: «Odi malizia 108 ch'elli ha pensata per gittarsi giuso!» |
Cagnazzo a questo discorso, levò il "cagnesco" muso (subodorando l'inganno del peccatore che paurosamente e furbescamente attendeva il ritirarsi dei diavoli affinché avesse via libera per fuggire alla pena dei graffi dei roncigli), scrollando il capo, e disse: «Odi malizia che egli ha escogitato per potersi gettarre giù nella pece e sfuggire ai graffi!» |
Ond'ei, ch'avea lacciuoli a gran divizia, rispuose: «Malizioso son io troppo, 111 quand'io procuro a' mia maggior trestizia». |
Perciò il peccatore che aveva espedienti astuti inabbondanza, per rendere più credibili le sue parole, rispose: «Io sono troppo malizioso, specie quando procuro tormenti maggiori e divento più tristo».
Il peccatore cercava di sfuggire al maggior dolore dei graffi, gettandosi nella "pece bollente", che rispecchia i dolori della vita, ma presenta minore tribolazione dei roncigli che, come già detto, raffigurano la pena di altre sofferenze, quali incidenti, interventi chirurgici, ecc.) |
Alichin non si tenne e, di rintoppo a li altri, disse a lui: «Se tu ti cali, 114 io non ti verrò dietro di gualoppo, |
Alichino non si trattenne dal pensiero di sfidarlo e in contrasto con gli altri diavoli, disse: «Se tu fuggi per gettarti giù, io non ti verrò appresso come gli altri, |
ma batterò sovra la pece l'ali. Lascisi 'l collo, e sia la ripa scudo, 117 a veder se tu sol più di noi vali». |
ma batterò le ali sopra la pece (perché tu raggiunga quel grado di tormento per te prestabilito). Ed ora lasciamo l'alto colle e facciamoci pure scudo dell'argine, constaterai tu stesso dell'impossibilità di sfuggire alla Volontà superiore che si svolge per nostro mezzo». |
O tu che leggi, udirai nuovo ludo: ciascun da l'altra costa li occhi volse; 120 quel prima, ch'a ciò fare era più crudo. |
O tu che leggi queste rime, intendi il significato di questa nuova gara: ciascuno dei diavoli, compreso quello che inizialmente era il più restio a fare ciò, volse lo sguardo dall'altro lato. |
Lo Navarrese ben suo tempo colse; fermò le piante a terra, e in un punto 123 saltò e dal proposto lor si sciolse. |
Il Navarrese colse il momento propizio, puntò i piedi per terra, prese lo slancio e si tuffò nella pece, liberandosi così dalla proposta di far punire con i roncigli i compagni di pena da lui proditoriamente chiamati. |
Di che ciascun di colpa fu compunto, ma quei più che cagion fu del difetto; 126 però si mosse e gridò: «Tu se' giunto!». |
Per tal motivo tutti i diavoli furono punti dalla coscienza di colpa e Alichino, che più degli altri si riteneva colpevole per avergli dichiarato che non lo avrebbe seguito, gridò: «Ora sarai raggiunto!». |
Ma poco i valse: ché l'ali al sospetto non potero avanzar: quelli andò sotto, 129 e quei drizzò volando suso il petto: |
Ma a poco valse tale minaccia, poiché le sue ali incerte di fronte alla pece bolente, non poterono avanzare. Il Navarrese andò sotto, mentre Alichino si drizzò volando al di sopra della pece:
Qui si evidenzia ancora che il cosiddetto "diavolo", appunto perché altro non era che uno Spirito al servizio della Giustizia Divina, non potette tuffarsi nel negativo dei peccati del mondo, la "pece", per inseguire il peccatore, il quale, al contrario, nella pece bollente si tuffò facilmente per trovare scampo. Ciò significa che il peccatore era ben intriso di male, mentre il "diavolo" non lo era. |
non altrimenti l'anitra di botto, quando 'l falcon s'appressa, giù s'attuffa, 132 ed ei ritorna sù crucciato e rotto. |
non altrimenti fa l'anatra fulmineamente quando il falco si lancia a ghermirla, essa si tuffa nell'acqua, che è il suo ambiente naturale, così come era la pece per il peccatore, mentre il falco, che nell'acqua non può seguirla, ritorna su crucciato e vinto. |
Irato Calcabrina de la buffa, volando dietro li tenne, invaghito 135 che quei campasse per aver la zuffa; |
Calcabrina, irato per la beffa subita ad opera del Navarrese, tenne dietro ad Alichino, sperando che egli riuscisse a far emergere dalla pece il peccatore, affinché avesse la giusta punizione; |
e come 'l barattier fu disparito, così volse li artigli al suo compagno, 138 e fu con lui sopra 'l fosso ghermito. |
e come il barattiere fu sparito nella pece, egli volse gli artigli al suo compagno ritenendolo colpevole dell'accaduto e fu con lui avvinghiato sopra il fosso. |
Ma l'altro fu bene sparvier grifagno ad artigliar ben lui, e amendue 141 cadder nel mezzo del bogliente stagno. |
Ma l'altro fu simile a rapace grifone nell'artigliare fortemente il suo compagno e caddero insieme nel mezzo del bollente stagno. |
Lo caldo sghermitor sùbito fue; ma però di levarsi era neente, 144 sì avieno inviscate l'ali sue. |
Il calore li avvolse separandoli, ma essi furono incapaci di sollevarsi per via delle ali impeciate. |
Barbariccia, con li altri suoi dolente, quattro ne fé volar da l'altra costa 147 con tutt'i raffi, e assai prestamente |
Barbariccia, come gli altri addolorato per l'accaduto, fece volare sveltamente, con tutti i raffi, quattro di loro |
di qua, di là discesero a la posta; porser li uncini verso li 'mpaniati, ch'eran già cotti dentro da la crosta; 151 e noi lasciammo lor così 'mpacciati. |
di qua e di là, essi discesero sul posto e porsero gli uncini verso i due invischiati, perché vi si sorreggessero, poiché la loro rivestitura corporea demoniaca, per via della pece, era divenuta tutta una crosta; e noi li lasciammo così stravolti.
E coinvolti da quel malefico fumo impeciato, causato dalla espiazione del male umano che, nella sua diabolica forza, può creare perfino un conflitto con la stessa suprema Potenza purificatrice. |