nel libero commento di Giovanna Viva
Cerchio ottavo: fraudolenti
Bolgia decima: falsari i falsari di persona: Gianni Schicchi e Mirra i falsari di moneta: maestro Adamo i falsari di parola: la moglie di Putifarre e Sinone baruffa tra Sinone e maestro Adamo Dante rimproverato da Virgilio
Nel tempo che Iunone era crucciata per Semelè contra 'l sangue tebano, 3 come mostrò una e altra fïata, |
Nel tempo in cui Giunone era adirata contro Tebe per via della tebana Semelé (che con l'unione col dio Giove aveva generato Bacco, dio del vino e dell'ubriachezza che avrebbe sconvolto la mente umana), e lo aveva più volte dimostrato distruggendo Atteone e Penteo, "come mostrò una e altra fïata", |
Atamante divenne tanto insano, che veggendo la moglie con due figli 6 andar carcata da ciascuna mano, |
Atamante (marito della sorella di Semelé), divenne tanto malato di mente che vedendo la moglie con i due figlioletti in braccio la scambiò per una leonessa con due leoncelli, |
gridò: «Tendiam le reti, sì ch'io pigli la leonessa e ' leoncini al varco»; 9 e poi distese i dispietati artigli, |
allora gridò: «Tendiamo le reti così che io pigli la leonessa e i due leoncini al varco»; poi tese le reti, |
prendendo l'un ch'avea nome Learco, e rotollo e percosselo ad un sasso; 12 e quella s'annegò con l'altro carco. |
prese il figlioletto Learco e rigirandolo su sé stesso a mo' di fionda, lo percosse su di uno scoglio uccidendolo; la moglie Ino, dopo aver visto ciò, si precipitò in mare annegando con "l'altro carco" con la figlia Melicetta.
La mitologia narra che Giunone fece in modo che Semelé, come un malefico "Seme" che col dio Sole germoglia, fosse incenerita dallo stesso Sole. |
E quando la fortuna volse in basso l'altezza de' Troian che tutto ardiva, 15 sì che 'nsieme col regno il re fu casso, |
E quando la fortuna abbassò la superbia dei Troiani che tutto ardiva, senza limite alcuno e il re fu annientato col suo regno, |
Ecuba trista, misera e cattiva, poscia che vide Polissena morta, 18 e del suo Polidoro in su la riva |
la moglie Ecuba, esacerbata, misera e prigioniera, dopo che vide la figlia Polissena morta e il cadavere del figlio Polidoro sulla riva |
del mar si fu la dolorosa accorta, forsennata latrò sì come cane; 21 tanto il dolor le fé la mente torta. |
del mare impazzita, latrò "come un cane", tanto il dolore le aveva sconvolto la mente. |
Ma né di Tebe furie né troiane si vider mai in alcun tanto crude, 24 non punger bestie, nonché membra umane, |
Ma non si videro mai furie né a Tebe, né a Troia infierire in tal modo contro creature sia umane che bestiali, |
quant'io vidi in due ombre smorte e nude, che mordendo correvan di quel modo 27 che 'l porco quando del porcil si schiude. |
tanto quanto io vidi infierire due ombre smorte e nude di bene, che mordendo gli altri correvano come corre il porco che scappa dal porcile dischiuso. |
L'una giunse a Capocchio, e in sul nodo del collo l'assannò, sì che, tirando, 30 grattar li fece il ventre al fondo sodo. |
Una di queste ombre raggiunse Capocchio, l'azzannò sul nodo del collo e tirandolo così, gli fece scorticare il ventre sul fondo duro. |
E l'Aretin che rimase, tremando mi disse: «Quel folletto è Gianni Schicchi, 33 e va rabbioso altrui così conciando». |
E l'Aretino, Grifolino d'Arezzo, che si fermò, rimase tremando per lo scampato pericolo e mi disse: «Quel folletto è Gianni Schicchi, e va rabbioso conciando male quelli che incontra sul suo cammino». |
«Oh!», diss'io lui, «se l'altro non ti ficchi li denti a dosso, non ti sia fatica 36 a dir chi è, pria che di qui si spicchi». |
«Oh!», io gli dissi, «se l'altro non ti addenta, non ti dispiaccia dirci chi è, prima che egli salti via da qui». |
Ed elli a me: «Quell'è l'anima antica di Mirra scellerata, che divenne 39 al padre, fuor del dritto amore, amica. |
Ed egli a me: «Quel folletto è l'anima antica di Mirra scellerata, che divenne l'amante del padre, al di fuori della diritta via dell'amore filiale. |
Questa a peccar con esso così venne, falsificando sé in altrui forma, 42 come l'altro che là sen va, sostenne, |
Questa così con lui peccò, falsificando la "forma di quella sua esperienza di vita, (già prestabilita in quel modo dal Divino Equilibrio), essa falsificò la sua personalità, così come fece Gianni Schicchi che si sta allontanando, |
per guadagnar la donna de la torma, falsificare in sé Buoso Donati, 45 testando e dando al testamento norma». |
Gianni Schicchi, allo scopo di ottenere "la donna de la torma", la famosa "mula di Buoso". chiamata "La signora dell'armento", sostenne il ruolo di Buoso Donati che era già morto (secondo gli antichi commentatori, infilandosi nel letto del morto, dettò fingendosi Buoso Donati, un testamento che l'ignaro notaio trascrisse) e il testamento falso ebbe valore legale». |
E poi che i due rabbiosi fuor passati sovra cu' io avea l'occhio tenuto, 48 rivolsilo a guardar li altri mal nati. |
E poi che i due rabbiosi furono passati dal punto in cui io avevo fissato lo sguardo, volsi gli occhi per guardare gli altri mal nati.
Notiamo che ogni volta che si parla di "mal nati", questi non vengono descritti a guisa umana. Come già affermato, i "mal nati" vanno intesi come i nati male in dimensione inferiore. Possiamo quindi dedurre che, come costoro mutarono la "forma" del ruolo prestabilito dalla Divina Programmazione per le individuali, necessarie esperienze di vita, così passano ora, dal giusto ruolo della "forma" umana, in quello da bestia. |
Io vidi un, fatto a guisa di lëuto, pur ch'elli avesse avuta l'anguinaia 51 tronca da l'altro che l'uomo ha forcuto. |
Io vidi un tale, fatto a guisa di liuto, che pareva avesse avuto "l'anguinaia tronca" l'inguine tronco dal punto in cui l'uomo prende forma biforcuta nelle gambe, magro dall'inguine in giù, tanto da apparire "a guisa di liuto" con una gamba sola. |
La grave idropesì, che sì dispaia le membra con l'omor che mal converte, 54 che 'l viso non risponde a la ventraia, |
La grave idropisia che per la ritenzione dei liquidi deforma le membra tanto che la magrezza del viso non corrisponde al gonfiore del ventre, |
facea lui tener le labbra aperte come l'etico fa, che per la sete 57 l'un verso 'l mento e l'altro in sù rinverte. |
gli faceva tener le labbra aprte come fa "l'etico" il tisico, che per l'arsura della febbre tende un labbro verso il mento e ripiega in su l'altro. |
«O voi che sanz'alcuna pena siete, e non so io perché, nel mondo gramo», 60 diss'elli a noi, «guardate e attendete |
«O voi che senza alcuna pena siete in questo misero mondo», disse egli a noi, «guardate e ponete attenzione |
a la miseria del maestro Adamo; io ebbi vivo assai di quel ch'i' volli, 63 e ora, lasso!, un gocciol d'acqua bramo. |
alla miseria del maestro Adamo; io ebbi in abbondanza ciò che volli, ed ora stanco!, un goccio d'acqua bramo. |
Li ruscelletti che d'i verdi colli del Casentin discendon giuso in Arno, 66 faccendo i lor canali freddi e molli, |
I ruscelletti che dai verdi colli del Casentino discendono giù nell'Arno dando ai lor canali quella morbida frescura che io tanto agogno, |
sempre mi stanno innanzi, e non indarno, ché l'imagine lor vie più m'asciuga 69 che 'l male ond'io nel volto mi discarno. |
sono sempre davanti alla mia mente, e non indarno, poiché l'immagine di quel luogo mi dà più arsura del male "per cui nel volto io mi discarno". |
La rigida giustizia che mi fruga tragge cagion del loco ov'io peccai 72 a metter più li miei sospiri in fuga. |
La rigida Giustizia che scava nel profondo del mio sentire, percepisce la ragione per cui il luogo dove io peccai mi addolora e contribuisce ad alimentare i miei dolorosi sospiri. |
Ivi è Romena, là dov'io falsai la lega suggellata del Batista; 75 per ch'io il corpo sù arso lasciai. |
Ivi è Romena, dove i conti Guidi mi spinsero a falsare il fiorino d'oro con la lega suggellata del Battista, protettore di Firenze e per tale misfatto fui arso come falsario. |
Ma s'io vedessi qui l'anima trista di Guido o d'Alessandro o di lor frate, 78 per Fonte Branda non darei la vista. |
Se io vedessi qui soffrire Guido e Alessandro e il loro sostenitore frate Ildebrandino (vescovo di Arezzo e rettore per la Chiesa in Romagna), i quali mi spinsero a falsare la moneta, non rinuncerei alla vista della loro espiazione neanche per tutta l'acqua di Fonte Branda (qualora questa bastasse a smorzare l'arsura del mio male). |
Dentro c'è l'una già, se l'arrabbiate ombre che vanno intorno dicon vero; 81 ma che mi val, c'ho le membra legate? |
Se è vero ciò che dicono i disperati che circolano in questa penosa bolgia, qui dentro vi è uno di costoro, ma cosa mi vale, se ho io stesso ancora le membra legate da questo dolore che mi avvinghia? |
S'io fossi pur di tanto ancor leggero ch'i' potessi in cent'anni andare un'oncia, 84 io sarei messo già per lo sentiero, |
Se io fossi alleggerito dal Karma pur di un tantino ancora mediante questa espiazione e potessi con membra ancor più sciolte avanzare in cent'anni, almeno di solo un'oncia sul cammino evolutivo, già mi sarei messo giù per questo sentiero, |
cercando lui tra questa gente sconcia, con tutto ch'ella volge undici miglia, 87 e men d'un mezzo di traverso non ci ha. |
per cercar lui fra questa gente deformata, anche se questa bolgia ha una circonferenza di undici miglia ed una larghezza di almeno mezzo miglio e che, pertanto, così stretta ancora, è più dolente.
Qui si parla di un cerchio di undici miglia e nel canto precedente di un altro di miglia ventidue (Canto XXIX v. 9), che avvolgono in differenti "bolge" due generi di espiazioni diverse. |
Esistono nell'atmosfera dei "cerchi" di energia così come, tra la Stratosfera e la Mesosfera, esiste la Stratopausa, che misura 25Km e la Mesopausa che, tra la Mesosfera e la Termosfera, misura 80Km, così come esiste la Jonosfera e tutti i cerchi che avvolgono la terra.
Accettiamo pertanto che possano esistere cerchi e cerchi di energia negativa simili a quelli di "undici miglia" costituiti dall'energia proveniente dalle opere di questa umanità malvagia e che, per Legge Cosmica di "Causa ed Eeffetto", tale energia si riversi, nell'equilibrio del "Flusso e Riflusso", sulle stesse categorie di peccatori, ovvero nelle stesse bolge, in misura equivalente alla potenza malefica delle opere commesse.
Ciò avviene secondo la forza che l'Entità Reggitrice dell'Organismo Galattico istruisce, affinché ogni intelligenza in evoluzione a qualsiasi stadio, possa segnare il passo del "Rinnovatio". Tale "rinnovatio" non riguarda soltanto l'uomo come individuo, ma tende a proiettare la Creatura ricca di fermenti innovativi verso nuove Frontiere ed a rivelare l'arcano ruolo che essa riveste nell'Universo.
Io son per lor tra sì fatta famiglia; e' m'indussero a batter li fiorini 90 ch'avevan tre carati di mondiglia». |
Io son per loro tra sì fatta famiglia; per loro che m'indussero a coniare i fiorini che avevano tre carati di vil denaro». |
E io a lui: «Chi son li due tapini che fumman come man bagnate 'l verno, 93 giacendo stretti a' tuoi destri confini?» |
Ed io gli domandai: «Chi sono quei due meschini che fumano come mani esalanti vapore al freddo dell'inverno, che, stretti assieme dallo stesso Karma giacciono in fondo sulla tua destra?» |
«Qui li trovai e poi volta non dierno », rispuose, «quando piovvi in questo greppo, 96 e non credo che dieno in sempiterno. |
«Qui li trovai e da allora non fecero svolta alcuna sulla via evolutiva », rispose Adamo, «quando "piovvi" rinacqui in questo dirupo, ma non credo che resteranno qui in eterno.
Sul cammino del Tutto in evoluzione non esiste la sosta; il "fuoco eterno" va inteso come la sofferenza purificatrice che eterna resta nelle dimensioni espiative dove le anime entrano ed escono eternamente. |
L'una è la falsa ch'accusò Gioseppo; l'altr'è 'l falso Sinon greco di Troia: 99 per febbre aguta gittan tanto leppo». |
L'una è la falsa (moglie di Putifarre), la quale, respinta da Giuseppe, lo accusò falsamente di aver tentato di usarle violenza. L'altro è Sinone, il greco che con menzogne convinse i Troiani ad introdurre nella città il cavallo di legno: per febbre acuta essi emanano tanto fetore di grasso bruciato». |
E l'un di lor, che si recò a noia forse d'esser nomato sì oscuro, 102 col pugno li percosse l'epa croia. |
E l'uno di loro (Sinone) che s'indispettì forse per essere considerato in modo così disonorevole, col pugno gli percosse il ventre teso. |
Quella sonò come fosse un tamburo; e mastro Adamo li percosse il volto 105 col braccio suo, che non parve men duro, |
Quella pancia suonò come fosse un tamburo; e mastro Adamo gli percosse il volto col suo braccio che non parve meno duro del pugno di Sinone, |
dicendo a lui: «Ancor che mi sia tolto lo muover per le membra che son gravi, 108 ho io il braccio a tal mestiere sciolto». |
dicendo a lui: «Da prima ancor che questo male mi togliesse il movimento delle membra, ora divenute così pesanti, io ho il braccio a tal mestiere agile e slegato». |
Ond'ei rispuose: «Quando tu andavi al fuoco, non l'avei tu così presto; 111 ma sì e più l'avei quando coniavi». |
Ond'egli rispose: «Quando fosti condotto al rogo tu non avevi le braccia così svelte, ma le avevi così e ancor più svelte quando coniavi le monete false». |
E l'idropico: «Tu di' ver di questo: ma tu non fosti sì ver testimonio 114 là 've del ver fosti a Troia richesto». |
E Adamo: «Tu dici il vero a tal riguardo: ma tu non fosti un testimone veritiero quando Priamo t'invitò a dire la verità nei riguardi del cavallo di Troia». |
«S'io dissi falso, e tu falsasti il conio», disse Sinon; «e son qui per un fallo, 117 e tu per più ch'alcun altro demonio!» |
«Se io dissi il falso, tu falsasti il conio», disse Sinone; «ed io son qui per un sol fallo e tu invece per più errori di alcun altro demonio!» |
«Ricorditi, spergiuro, del cavallo», rispuose quel ch'avea infiata l'epa; 120 «e sieti reo che tutto il mondo sallo!» |
«Ricorditi, o spergiuro, del cavallo», rispose Adamo «e ti sia doloroso sapere che tutto il mondo conosce la tua colpa!» |
«E te sia rea la sete onde ti crepa», disse 'l Greco, «la lingua, e l'acqua marcia 123 che 'l ventre innanzi a li occhi sì t'assiepa!» |
«E a te sia dolorosa l'arsura che ti crepa», disse Sinone, «la lingua, e l'acqua marcia che ti gonfia il ventre, che come siepe t'impedisce la vista!» |
Allora il monetier: «Così si squarcia la bocca tua per tuo mal come suole; 126 ché s'i' ho sete e omor mi rinfarcia, |
Allora mastro Adamo, falsario di moneta, rispose: «Così si squarci la bocca tua che disse il falso, poiché se io ho l'arsura e l'umore mi gonfia, |
tu hai l'arsura e 'l capo che ti duole, e per leccar lo specchio di Narcisso, 129 non vorresti a 'nvitar molte parole». |
tu hai l'arsura e il capo che ti duole, e per leccare un poco d'acqua dallo "specchio di Narciso" non ti faresti pregare». |
Ad ascoltarli er'io del tutto fisso, quando 'l maestro mi disse: «Or pur mira, 132 che per poco che teco non mi risso!» |
Io ero tutto preso ad ascoltare quando il mio maestro mi disse: «Guarda, (guarda pure in tanta volgarità) e sappi che poco manca che io mi adiri contro di te (nel vederti così immerso in simili bassezze)!» |
Quand'io 'l senti' a me parlar con ira, volsimi verso lui con tal vergogna, 135 ch'ancor per la memoria mi si gira. |
Quando io sentii Virgilio parlare a me con ira, mi volsi verso di lui con tale vergogna, che oggi quel turbamento mi gira ancora nella mente. |
Qual è colui che suo dannaggio sogna, che sognando desidera sognare, 138 sì che quel ch'è, come non fosse, agogna, |
Come colui che sogna una cosa dolorosa e che mentre sogna si augura di sognare e desidera in fondo quello che in realtà è già, |
tal mi fec'io, non possendo parlare, che disïava scusarmi, e scusava 141 me tuttavia, e nol mi credea fare. |
nello stesso modo, non potendo parlare, desideravo scusarmi e tuttavia mi scusavo e non credevo di farlo. |
«Maggior difetto men vergogna lava», disse 'l maestro, «che 'l tuo non è stato; 144 però d'ogne trestizia ti disgrava. |
«Maggior difetto del tuo viene cancellato da minore vergogna», disse il maestro, «di quella che tu in questo momento avverti; la vergogna è pentimento, il tuo turbamento pertanto ti disgrava dalla colpevolezza; liberati perciò da ogni rammarico. |
E fa ragion ch'io ti sia sempre allato, se più avvien che fortuna t'accoglia dove sien genti in simigliante piato: 148 ché voler ciò udire è bassa voglia». |
E fai in modo che "io" (quale Coscienza superiore che guida l'Umanità) possa esserti sempre accanto per ammonirti, se mai la sorte ti facesse incappare in simili luoghi con gente simile, poiché volere udire ciò che tu udivi denota basse tendenze».
Partecipare o assistere a tali litigi, porta ad assorbire la squilibrante energia negativa che in simili momenti dai litiganti si sprigiona. A tale proposito desidero descrivere le conseguenze dell'ira sui corpi sottili energetici. |
Registrando tale distorsione energetica mediante il sistema Kirlian o altra attrezzatura del genere, si possono vedere i contorni dei corpi fisici deformati nella loro luce animica. Dal corpo spirituale che si offusca, perdendo la sua chiara luminosità, partono delle ondate di grumi energetici, che attraversano gli altri corpi alternandone la luce, l'omogeneità e la forma.
La luce bianca del corpo spirituale diviene una spenta aureola marrone, il corpo subisce una luce di colorazione sgradevole e la sua sagoma si contrae restandone deformata. Soltanto il corpo materiale, benché divenuto il contenitore di quelle deformazioni, subisce un minore deturpamento.
Dall'aureola sconvolta fuoriescono ondate di quella energia disordinata e cupa. Tali onde si espandono e penetrano nei corpi vicini, i quali si contraggono anch'essi.
Tutto il creato è in contatto, perfino la vegetazione viene danneggiata dal ritmo caotico di questa emanazione. Tale disarmonia si produce anche nella roccia che ne viene contagiata.
Col ritorno della calma il ritmo energetico subisce una ricomposizione; ondate di luce tranquilla danno nuovamente respiro alle cellule e alle sagome.
L'energia vitale di ogni individuo è in comunione, attraverso l'ambiente, con quello dei suoi simili. Per questo chi vive in armonia giova agli altri, mentre chi vive in orgasmo li danneggia.