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La Commedia
di Dante Alighieri

alla luce della Filosofia Cosmica
in chiave parapsicologica

INFERNO ­ Canto XXIII

nel libero commento di Giovanna Viva

[linea separazione]

Cerchio ottavo: fraudolenti
Bolgia sesta: ipocriti ­ Dante e Virgilio inseguiti dai Malebranche ­ entrata nella sesta bolgia ­ gli ipocriti e le loro cappe rance ­ i frati godenti Catalano e Loderingo ­ Caifa ­ il ponte rotto



       Taciti, soli, sanza compagnia
     n'andavam l'un dinanzi e l'altro dopo,
   3 come frati minor vanno per via.

Silenziosi e soli, senza accompagnatori, proseguivamo l'un dietro l'altro a capo chino pensierosi, come i frati minori vanno per via.

       Vòlt'era in su la favola d'Isopo
     lo mio pensier per la presente rissa,
   6 dov'el parlò de la rana e del topo;

Nel mio pensiero aleggiava la favola di Esopo per la rissa avvenuta fra Achilino e il Navarrese, favola che narra di un'uguale rissa fra un topo e una rana;

La rana, per fare affogare un topo che voleva guadare un fosso d'acqua, lo convise a lasciarsi legare il piede alla sua zampa.
La rana si gettò nell'acqua dove il topo sarebbe annegato, ma uno sparviero, vedendo la rana gettarsi sotto e il topo che annaspava, ghermì il topo che trascinò la rana ed ambedue furono divorati.


       ché più non si pareggia 'mo' e 'issa'
     che l'un con l'altro fa, se ben s'accoppia
   9 principio e fine con la mente fissa.

La similitudine fra i due episodi, in cui sia la rana che il Navarrese volevano liberarsi dal nemico, in tal caso il punitore, non è minore di quanto si pareggino l'avverbio 'mo' "adesso" e l'avverbio 'issa' "ipso­subito", se si riscontrano "con la mente fissa" attentamente, il principio e la fine dell'apologo e dell'episodio.

Calcabrina voleva, infatti, arrecare danno ad Alichino, che inizialmente fingeva di portare aiuto, così come la rana finse di soccorrere il topo per farlo annegare.
Ciò dimostra ancora che, come il topo era fuori dal suo ambiente nell'acqua con la rana, così il "diavolo", essendo uno spirito punitore e non pervaso da male umano, era fuori dal suo ambiente lì nel caos della malefica bolgia, in cui egli, se pur rivestito da corpo demoniaco richiesto dalla sua missione, non poteva reggere.


       E come l'un pensier de l'altro scoppia,
     così nacque di quello un altro poi,
  12 che la prima paura mi fé doppia.

Come un pensiero scaturisce da un altro, così nacque in me da tal paragone un'altra idea che raddoppiò la mia paura.

       Io pensava così: 'Questi per noi
     sono scherniti con danno e con beffa
  15 sì fatta, ch'assai credo che lor nòi.

Io pensavo così: questi punitori "per noi", per colpa della nostra errata logica, vengono considerati con scherno, con danno e con beffa ed io credo ciò procuri loro gran noia.

       Se l'ira sovra 'l mal voler s'aggueffa,
     ei ne verranno dietro più crudeli
  18 che 'l cane a quella lievre ch'elli acceffa'.

Se la nostra ira verso di loro che noi consideriamo "nemici" si ammatassa al "mal voler", al malevolo nostro giudizio che li "schernisce con siffatto danno e con beffa", essi ci inseguiranno per punirci più feroci ancora di un cane che addenta una lepre.

       Già mi sentia tutti arricciar li peli
     de la paura e stava in dietro intento,
  21 quand'io dissi: «Maestro, se non celi

Già rabbrividivo dalla paura e stavo attento a ciò che avveniva alle mie spalle quando dissi: «Maestro, se non nascondi

       te e me tostamente, i' ho pavento
     d'i Malebranche. Noi li avem già dietro;
  24 io li 'magino sì, che già li sento».

subito la tua e la mia figura (rendendo invisibili i nostri corpi col passaggio della nostra materia in evanescente movimento molecolare energetico), io ho paura dei Malebranche. Noi li abbiamo già dietro ed io li immagino così che già li sento».

       E quei: «S'i' fossi di piombato vetro,
     l'imagine di fuor tua non trarrei
  27 più tosto a me, che quella dentro 'mpetro.

E Virgilio mi rispose: «Se io fossi di "piombato vetro" di specchio, l'immagine fisica di te non rispecchierei più di quanto potrei rispecchiare la tua immagine interna, spirituale, poiché a ciò che mi chiedi ho già pensato.

       Pur mo venieno i tuo' pensier tra ' miei,
     con simile atto e con simile faccia,
  30 sì che d'intrambi un sol consiglio fei.

Proprio ora i tuoi pensieri venivano a fondersi con i miei, "con simile atto e con simile faccia" simili in tutto per filo e per segno, così che dai tuoi e i miei pensieri io trassi una sola decisione (e feci ciò che tu ora mi chiedi: mutai la dimensione della nostra materia, sì da renderla invisibile agli occhi umani).

       S'elli è che sì la destra costa giaccia,
     che noi possiam ne l'altra bolgia scendere,
  33 noi fuggirem l'imaginata caccia».

E se è così che la destra costa "giace" (non inesistente perché franata, ma inesistente per la vista umana, così come è nascosto il male di alcune religioni esistenti sulla Terra), allora noi, invisibili nell'invisibile "destra costa", possiamo nell'altra bolgia scendere e sfuggire all'immaginata caccia».

       Già non compié di tal consiglio rendere,
     ch'io li vidi venir con l'ali tese
  36 non molto lungi, per volerne prendere.

Ma non aveva finito ancora di riferire questa sua risoluzione che io vidi venire i Malebranche con le ali tese e non tanto lontani da non poterci raggiungere.

       Lo duca mio di sùbito mi prese,
     come la madre ch'al romore è desta
  39 e vede presso a sé le fiamme accese,

Il mio maestro subito mi prese (con quel grande amore di cui gli extraterrestri sono capaci) come una madre che, svegliatasi al rumore dell'incendio, vede presso di sé le fiamme accese,

       che prende il figlio e fugge e non s'arresta,
     avendo più di lui che di sé cura,
  42 tanto che solo una camicia vesta;

una madre che prende il figlio in braccio e fugge dal pericolo avendo più cura del figlio che di sé, anche se una camicia soltanto la ricopre;

       e giù dal collo de la ripa dura
     supin si diede a la pendente roccia,
  45 che l'un de' lati a l'altra bolgia tura.

e giù dall'argine superiore della roccia si lasciò scivolare supino con me tra le braccia, lungo il pendio roccioso che da uno dei lati chiude la bolgia sottostante.

       Non corse mai sì tosto acqua per doccia
     a volger ruota di molin terragno,
  48 quand'ella più verso le pale approccia,

Non corse mai così l'acqua per doccia a girare le pale del mulino infisso al suolo, allorché l'acqua raggiunge velocità maggiore all'approssimarsi delle pale,

       come 'l maestro mio per quel vivagno,
     portandosene me sovra 'l suo petto,
  51 come suo figlio, non come compagno.

come corse il maestro mio per quel vivaio portando in braccio me sopra il suo petto, "come suo figlio" (ancora un'allusione al grande Amore Cristico che i fratelli extraterrestri hanno per noi), "non come compagno".

       A pena fuoro i piè suoi giunti al letto
     del fondo giù, ch'e' furon in sul colle
  54 sovresso noi; ma non lì era sospetto;

Appena Virgilio posò i piedi giù nel fondo della sesta bolgia (invisibile e non franata), i "diavoli" punitori arrivarono sull'argine proprio sopra di noi, ma non avevamo nulla da temere;

       ché l'alta provedenza che lor volle
     porre ministri de la fossa quinta,
  57 poder di partirs'indi a tutti tolle.

perché la Divina Provvidenza, che li volle custodi della quinta bolgia, impediva a tutti loro di allontanarsi da quel posto.

Ed ecco che "la sesta bolgia franata, l'arco che giace tutto spezzato al fondo" e che rende più difficile il cammino verso le Celesti Sfere, è quel cerchio di pena in cui bruciavano il loro Karma i persecutori di Gesù ed i fautori di simile crudeltà. In quel posto, infatti, le anime vengono "restaurate" come i legni dell'arsenale dei Veneziani (Canto XXI ­ v. 9) nel martirio dei chiodi e delle funi subìto dal Cristo per opera di coloro che furono la causa del peccato più grave che incombe sul mondo.


       Là giù trovammo una gente dipinta
     che giva intorno assai con lenti passi,
  60 piangendo e nel sembiante stanca e vinta.

Laggiù trovammo una gente dipinta da copertura bugiarda che andava intorno "con lenti passi" (come è lento è lo svolgersi della penosa espiazione protratta nel tempo), piangendo e mostrandosi stanchi ed annientati dal dolore.

       Elli avean cappe con cappucci bassi
     dinanzi a li occhi, fatte de la taglia
  63 che in Clugnì per li monaci fassi.

E avevano cappe, con capucci bassi dinanzi agli occhi (occhi bendati dall'abito ecclesiastico che molto spesso vieta di guardare al Vero), simili a quelle usate per le cappe dei monaci Benedettini di Cluny, in Borgogna.

       Di fuor dorate son, sì ch'elli abbaglia;
     ma dentro tutte piombo, e gravi tanto,
  66 che Federigo le mettea di paglia.

Le cappe di fuori sono dorate tanto da abbagliare, ma sotto quella copertura "bugiarda", vi è la bassa e prezzolata falsa sapienza di quegli ecclesiastici corrotti. Quelle cappe, appesantite dai peccati, Federico usava farle sostituire con quelle di paglia quando i monaci venivano condannati al rogo.

In Matteo (23:27), Cristo paragona gli Scribi ed i Farisei ai "sepolcri imbiancati", belli di fuori, ma dentro pieni di ogni bruttura e di ossami di morti.


       Oh in etterno faticoso manto!
     Noi ci volgemmo ancor pur a man manca
  69 con loro insieme, intenti al tristo pianto;

O pesante faticoso manto (che eternamente ammanti tutta l'ipocrisia e la crudeltà che alberga nell'animo umano)! Noi ci volgemmo ancor più a sinistra

       ma per lo peso quella gente stanca
     venìa sì pian, che noi eravam nuovi
  72 di compagnia ad ogne mover d'anca.

ma per il peso di quella colpa estremamente sofferta, essi avanzavano tanto lentamente che, non potendo noi andare con loro al passo, ci trovavamo sempre con nuova compagnia ad ogni "mover d'anca" (in quanto ci lasciavamo continuamente indietro quelli che prima ci precedevano).

       Per ch'io al duca mio: «Fa che tu trovi
     alcun ch'al fatto o al nome si conosca,
  75 e li occhi, sì andando, intorno movi».

Perciò io dissi a Virgilio: «Cerca di trovare qualcuno che per storia e per sembianze si riconosca e lo sguardo, così proseguendo, gira d'intorno».

       E un che 'ntese la parola tosca,
     di retro a noi gridò: «Tenete i piedi,
  78 voi che correte sì per l'aura fosca!

Un tale intese il mio parlar toscano e dietro di noi gridò: «Trattenete i piedi, voi che correte per questa foschia del Male!

       Forse ch'avrai da me quel che tu chiedi».
     Onde 'l duca si volse e disse: «Aspetta
  81 e poi secondo il suo passo procedi».

Forse potrai avere da me ciò che tu chiedi». Per cui il mio duca si volse a me dicendo: «Rallenta la tua andatura e poi secondo il suo passo procedi».

       Ristetti, e vidi due mostrar gran fretta
     de l'animo, col viso, d'esser meco;
  84 ma tardavali 'l carco e la via stretta.

Io mi fermai e vidi due mostrare gran fretta di essermi vicini, ma il carico delle colpe li attardava e la "stretta via", che non riusciva a contenere tutte le colpe, impediva loro il passo.

In tali descrizioni lo stesso lettore potrebbe mentalmente spaziare nelle varie similitudini analizzando, per esempio, il presente concetto: I due che mostravano gran fretta "de l'animo" possono paragonarsi a quegli uomini del mondo che serbano nell'anima l'ansia di pervenire alla conoscenza della parola divina, ma che, appesantiti dalle colpe ancora da smaltire, vengono attardati nell'accettazione di tale Luce spirituale profusa dal verbo profetico.
La via espiativa alcune volte "è troppo stretta", in quanto non a tutti e soprattutto a coloro che operano il gran rifiuto, è agevole e aperta.


       Quando fuor giunti, assai con l'occhio bieco
     mi rimiraron sanza far parola;
  87 poi si volsero in sé, e dicean seco:

Quando furono giunti mi guardarono di sbieco senza proferire parola, poi si rivolsero l'un l'altro e dissero fra loro:

       «Costui par vivo a l'atto de la gola;
     e s'e' son morti, per qual privilegio
  90 vanno scoperti de la grave stola?»

«Costui par "vivo" risvegliato nella Coscienza "a l'atto de la gola" (non deve interdersi al movimento della gola nel parlare, poiché anche le gambe lo dimostrano "vivo" in tal senso e così anche la voce, nonché gli occhi e tutta la persona, ma in considerazione delle sagge parole che venivano emesse nell'atto del parlare, "dalla sua gola" poiché è la gola che emette il fiato); e se sono morti nella Coscienza e vivi negli umani errori, per quale motivo vanno in questa bolgia senza essere gravati dalla stola del peccato?»

       Poi disser me: «O Tosco, ch'al collegio
     de l'ipocriti tristi se' venuto,
  93 dir chi tu se' non avere in dispregio».

Poi dissero a me: «O Toscano che al collegio degli ipocriti tristi sei venuto, non disdegnare di dirci chi sei».

       E io a loro: «I' fui nato e cresciuto
     sovra 'l bel fiume d'Arno a la gran villa,
  96 e son col corpo ch'i' ho sempre avuto.

Ed io a loro: «Son nato e cresciuto sul bel fiume d'Arno alla gran villa (fiorita) che è la città di Firenze e sono nelle stesse sembianze che ho sempre avuto in precedenti vite.

       Ma voi chi siete, a cui tanto distilla
     quant'i' veggio dolor giù per le guance?
  99 e che pena è in voi che sì sfavilla?»

Ma voi chi siete, quale gran colpa spreme dai vostri occhi le lacrime che io vedo scorrere copiose sulle guance? E quale pena è in voi che tanto traspare e di purificazione benefica riluce?»

       E l'un rispuose a me: «Le cappe rance
     son di piombo sì grosse, che li pesi
 102 fan così cigolar le lor bilance.

Colui che già mi aveva parlato così mi rispose: «Le cappe putride di antico peccato sono di piombo così grosse che dal peso eccessivo fanno cigolare le loro bilance.

Dice "le lor bilance" e non "le bilance della Giustizia", perché quella "Giustizia" è in noi e nessuno ci giudica quando siamo di Là, ma ognuno pesa le proprie colpe sulla bilancia del sue stesso intelletto essendo allora nel Regno del Sapere dove ognuno in base alle proprie colpe sceglie l'adatta pena espiativa che servirà a rimettere l'Anima nell'equilibrio perduto.


       Frati godenti fummo, e bolognesi;
     io Catalano e questi Loderingo
 105 nomati, e da tua terra insieme presi,

Fummo "Frati godenti" e bolognesi (i "frati godenti", dell'ordine religioso e militare dei "Cavalieri di Maria Vergine Gloriosa", furono chiamati così dal popolo perché "godenti" o addirittura "capponi di Cristo" per la loro vita licenziosa); io ebbi nome Catalano e questi Loderingo (Catalano dei Catalani fu più volte podestà a Milano e in altre città e Loderingo fu podestà anch'esso a Modena, a Bologna e a Firenze. Entrambi i frati parteciparono a battaglie e morirono nel convento dei Frati Godenti di Ronzano. Furono pertanto nella ricchezza, in battaglie e in politica anziché dediti alla missione apostolica che ogni ordine religioso deve rispettare), e "da tua terra" dalla tua dimensione umana, fummo presi insieme,

       come suole esser tolto un uom solingo,
     per conservar sua pace; e fummo tali,
 108 ch'ancor si pare intorno dal Gardingo».

"come suole esser tolto" dalla vita "un uom solingo", (perché abbandonato dal Celeste Perdono), per conservare, con la morte e con l'espiazione, la sua pace spirituale perduta durante una vita peccaminosa. Fummo talmente colpevoli che "ancor si pare" il frutto della nostra mala opera dalle distruzioni intorno al Gardingo. Le distruzioni nei pressi di Piazza della Signoria dove sorgevano le case degli Uberti, messe a ferro e fuoco durante la rivolta popolare antighibellina fomentata dai due frati.

Qui non si deve intendere come è scritto nei testi scolastici, che i due furono "presi" o "tolti" dalla terra di Dante, intesa come Firenze, poiché per rivestire importanti cariche politiche, un uomo non si prende e non si toglie, ma s'invita ed egli accetta con entusiasmo. Invece è soltanto quando non vi è in lui né consapevolezza né volontà, che un uomo si prende da un posto per metterlo in un altro; e i due frati, invece, ben furono volontari strumenti della politica papale rivolta ad eliminare con la violenza l'elemento ghibellino. I due, quindi, furono tolti dalla Terra e dalle loro funzioni politiche con la morte.


       Io cominciai: «O frati, i vostri mali...»;
     ma più non dissi, ch'a l'occhio mi corse
 111 un, crucifisso in terra con tre pali.

"Io cominciai: «O frati, i vostri mali...»;" ma non dissi altro perché vidi un uomo "crucifisso in terra con tre pali" (Foto ..K). [da realizzare]

Il senso di pietà che Dante provava alla vista della sofferenza questa volta si arrestò, nel vedere un uomo crocifisso su tre pali e disteso per terra, poiché nel suo ricordo affiorò la morte in croce di Gesù assieme ai due ladri sul Golgota, dove "tre pali" erano stati piantati per ordine di Caifa, sommo sacerdote, che nel concilio dei sacerdoti e dei farisei sostenne la necessità di mandare a morte Cristo con i due malfattori "per il bene del popolo". In quell'uomo, Dante rivide Caifa.


       Quando mi vide, tutto si distorse,
     soffiando ne la barba con sospiri;
 114 e 'l frate Catalan, ch'a ciò s'accorse,

Quando egli mi vide, tutto si sistorse soffiando nella barba con sospiri; e il frate Catalano che di ciò s'accorse,

       mi disse: «Quel confitto che tu miri,
     consigliò i Farisei che convenia
 117 porre un uom per lo popolo a' martìri.

mi disse: «Quel dannato che tu vedi trafitto consigliò i Farisei che era necessario porre un uomo a martirio affiché la sua morte fosse d'esempio per coloro che lo seguivano.

       Attraversato è, nudo, ne la via,
     come tu vedi, ed è mestier ch'el senta
 120 qualunque passa, come pesa, pria.

Ed è "attraversato" e "nudo", senza protezione alcuna, lungo la via del peccato, come tu vedi, perché è necessario che egli senta sul suo corpo il peso di chiunque passa per quella strada da lui tracciata (prima ancor che siano passati, prima ancora che il "Giudizio" lo schiacci, gravi sulla sua Coscienza tutto il peso di quella colpa che da duemila anni "schiaccia" il genere umano).

       E a tal modo il socero si stenta
     in questa fossa, e li altri dal concilio
 123 che fu per li Giudei mala sementa».

E in tal modo, Anna, suocero di Caifa, come lui pontefice, è tormentato di uguale forza espiativa assieme agli altri del concilio, la mala semenza di quel malefico frutto che fu veleno per l'umanità».

       Allor vid'io maravigliar Virgilio
     sovra colui ch'era disteso in croce
 126 tanto vilmente ne l'etterno essilio.

Allora io vidi meravigliar Virgilio per l'abietta pena a cui era costretto quel peccatore nell'esilio che eterno esiste sulla dolente via del riscatto.

       Poscia drizzò al frate cotal voce:
     «Non vi dispiaccia, se vi lece, dirci
 129 s'a la man destra giace alcuna foce

Poi il maestro rivolse al frate queste parole: «Non vi dispiaccia dirci se sul versante destro si trova alcuna foce

       onde noi amendue possiamo uscirci,
     sanza costrigner de li angeli neri
 132 che vegnan d'esto fondo a dipartirci».

affinché noi si possa uscire di qui senza costringere gli Angeli Neri ad aiutarci per dipartire da questo fondo.

       Rispuose adunque: «Più che tu non speri
     s'appressa un sasso che de la gran cerchia
 135 si move e varca tutt'i vallon feri,

Egli rispose: «Più di quel che tu speri si appressa il tempo in cui "un sasso" (che collegherà Cielo e Terra), si muoverà dal Gran Cerchio della Celeste Coscienza per varcare tutti gli infernali valloni,

       salvo che 'n questo è rotto e nol coperchia:
     montar potrete su per la ruina,
 138 che giace in costa e nel fondo soperchia».

salvo che in questo è rotto e nulla ricopre, dove voi, (mutando dimensione) potete superare l'eterna rovina che dal profondo dei Celesti Abissi si eleva minacciosa».

In questo vallone, che dell'espiazione dei nemici di Cristo avvolge il mondo, non esiste più copertura alcuna. Il "sasso" che si appressa è di Cosmica Natura e costruirà sulle rovine del mondo corrotto i pilastri dell'Armonia e dell'Equilibrio che sono "i due fondamentali comandamenti".

Come dalle parole di Matteo (22:37­40):
"Ama il signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua anima". Questo è il primo pilastro ed il primo comandamento. E il secondo, simile ad esso, è: "Ama il prossimo tuo come te stesso". Da questi due comandamenti dipendono tutta la legge e i profeti.


       Lo duca stette un poco a testa china;
     poi disse: «Mal contava la bisogna
 141 colui che i peccator di qua uncina».

Il maestro stette un poco pensieroso a testa china e poi disse: «Colui che di qua punisce trascurò di avvertirci della necessità di mutare dimensione prima di valicare la bolgia sesta».

       E 'l frate: «Io udi' già dire a Bologna
     del diavol vizi assai, tra ' quali udi'
 144 ch'elli è bugiardo, e padre di menzogna».

E il frate (quasi a rimproverar Virgilio per aver giudicato il punitore): «Io ho già udito dire fra i Bolognesi che Malacoda aveva molti vizi era era padre di menzogna».

       Appresso il duca a gran passi sen gì,
     turbato un poco d'ira nel sembiante;
     ond'io da li 'ncarcati mi parti'
 148   dietro a le poste de le care piante.

Dopodiché Virgilio proseguì a grandi passi alquanto contrariato e visibilmente turbato per le parole del frate; onde io partii da quelle anime oppresse, seguendo le impronte delle care piante del mio maestro.

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