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La Commedia
di Dante Alighieri

alla luce della Filosofia Cosmica
in chiave parapsicologica

INFERNO ­ Canto III

nel libero commento di Giovanna Viva

[linea separazione]

Antinferno: la porta dell'Inferno ­ gli ignavi: il gran rifiuto ­ Pilato? ­ Celestino V? ­ Caronte ­ L'increato



       «Per me si va ne la città dolente,
     per me si va ne l'etterno dolore,
   3 per me si va tra la perduta gente.

«Attraverso me si va nel mondo del dolore, fra la gente sperduta nel pianto, e lontana dalle Leggi Divine che segnano il cammino dell'equilibrio d'amore.

       Giustizia mosse il mio alto fattore:
     fecemi la divina podestate,
   6 la somma sapïenza e 'l primo amore.

Mi mosse l'alto fattore di Giustizia fui creata dalla Divina Potenza, dalla Somma Sapienza e dalla forza del primo Amore, di quell'amore primigenio che nella sua attrazione unita tiene ogni cosa creata, gli atomi, gli uomini, le stelle, i pianeti, le galassie, il Cosmo senza fine.

       Dinanzi a me non fuor cose create
     se non etterne, e io etterno duro.
   9 Lasciate ogne speranza, voi ch'intrate».

Sin da prima della mia creazione, ogni cosa è preesistente nell'eternità in cui "nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma" ed io eterna duro lungo la scala evolutiva del Pensiero Divino. Lasciate ogni speranza voi che ritornate a nascere nell'infernale pianeta dove anime entrano e anime escono eternamente».

(Se così non fosse, questo fuoco eterno dell'umano dolore non sarebbe perfetto, poiché ogni acuta dolorosa fiamma sarebbe attutita dalla certa speranza di un vero amore che attende trepidante nel cielo il felice risveglio di ogni "io" piangente. Niente ricordi del passato, niente speranze del futuro ogni qualvolta si entra nell'eterna porta dell'umano oblio, perciò: Lasciate ogni speranza voi che entrate).


       Queste parole di colore oscuro
     vid'ïo scritte al sommo d'una porta;
  12 per ch'io: «Maestro, il senso lor m'è duro».

Le parole che Dante immaginò di leggere sulla porta della Terra gli apparvero tuttavia di colore oscuro, cioè di buio, incomprensibile significato e chiese al maestro spiegazione di tutto quell'assurdo turbinare dolorante.

       Ed elli a me, come persona accorta:
     «Qui si convien lasciare ogne sospetto;
  15 ogne viltà convien che qui sia morta.

       Noi siam venuti al loco ov'i' t'ho detto
     che tu vedrai le genti dolorose
  18 c'hanno perduto il ben de l'intelletto».

Virgilio gli rispose di lasciare ogni sospetto, che ogni paura non aveva ragione di esistere in quel luogo vivente nella pace del bene Celeste e che, come da lui predetto, erano giunti in altra dimensione da dove Dante avrebbe potuto vedere "le genti dolorose che hanno perduto il ben dell'intelletto".

       E poi che la sua mano a la mia puose
     con lieto volto, ond'io mi confortai,
  21 mi mise dentro a le segrete cose.

E con la mano nella mano (gesto spesso usato dai Fratelli del cielo in missione sulla Terra) e il volto lieto, lo mise addentro a quelle conoscenze di Verità che restavano segrete, cioè sconosciute alla umana incapacità di comprendere.

       Quivi sospiri, pianti e alti guai
     risonavan per l'aere sanza stelle,
  24 per ch'io al cominciar ne lagrimai.

Qui sospiri, pianti ad alti lamenti risuonavano per l'aere tetro senza stelle, senza alcun chiarore di confortante speranza, tanto che Dante in principio ne lacrimò.

       Diverse lingue, orribili favelle,
     parole di dolore, accenti d'ira,
  27 voci alte e fioche, e suon di man con elle

"Egli udì diverse lingue", nell'eterna babelica incomprensione umana, "orribili favelle", nel parlar crudele dell'uno contro l'altro, "parole di dolore" nella disperazione dei sofferenti, "accenti d'ira" dei prepotenti, "voci alte e fioche", nell'eterno Cainismo e Abelismo umano, e "suoni di mani" nello sciocco, inconsulto applaudire di sempre rivolto ai "Capi" che occupano i primi posti nel mondo e "con elle" (con esse voci alte e fioche) gli applausi

       facevano un tumulto, il qual s'aggira
     sempre in quell'aura sanza tempo tinta,
  30 come la rena quando turbo spira.

facevano un tumulto il qual s'aggira sempre in quell'aura senza tempo, quale caotico infernale frastuono terrestre, turbandone la pace come quando spira il turbine di vento sulla rena.

[chiarificazioni inferno] un tumulto il qual s'aggira sempre in quell'aura sanza tempo ­ v. 29­30 [chiarificazione precedente] [chiarificazione seguente]

(Le onde sonore e visive, che sono energia, una volta emesse non si distruggono, ma restano eterne e onnipresenti nello spazio. L'armonia del Cosmo viene sconvolta da ogni atto contro la Legge Divina che provoca l'infallibile giudizio della espiazione. È così che le alte Sfere Astrali dell'Intelligenza Creativa, dove risiede la pace degli astri risplendenti Luce Spirituale, avvertono il caotico turbine malefico terrestre che nel suo frastuono squilibrante, tinge quell'aura pura, fuori dal tempo, come la sabbia in un turbine di vento tinge la limpidezza dell'azzurro del cielo).

[chiarificazioni inferno] [chiarificazione precedente] [chiarificazione seguente]



       E io ch'avea d'error la testa cinta,
     dissi: «Maestro, che è quel ch'i' odo?
  33 e che gent'è che par nel duol sì vinta?»

A quella vista, Dante con la mente ristretta, offuscata dagli errori terrestri, domandò che gente era quella così dolorosamente trascinata da tanta caotica marea.

       Ed elli a me: «Questo misero modo
     tegnon l'anime triste di coloro
  36 che visser sanza 'nfamia e sanza lodo.

Il Maestro rispose che tale miserevole modo di vivere avevano coloro vissuti nei vuoti pensieri di mondane cose, nel materialismo senza Spirito, non attraendo dal Cielo né il purificatore Male, né la lode del Bene: "sanza infamia e sanza lodo", lungi dagli intendimenti Divini che vivono di Eternità.

       Mischiate sono a quel cattivo coro
     de li angeli che non furon ribelli
  39 né fur fedeli a Dio, ma per sé fuoro.

Esse sono mischiate al penoso pianto di coloro che pure essendo stati Angeli in altri pianeti, pur non avendo fatto il male, rifiutarono il bene, non ribelli a Dio, né a Lui fedeli, rifiutando anch'essi così l'unico Cammino della Vita fatto di Bene e di Male, unico Cammino oltre cui nulla esiste né Creato, né Increato.

       Caccianli i ciel per non esser men belli,
     né lo profondo inferno li riceve,
  42 ch'alcuna gloria i rei avrebber d'elli».

Non accettati dai Cieli, non perché meno belli, meno idonei degli altri, ma per avere essi stessi rifiutato di accostarsi alla Divina Verità che il loro grado evolutivo consentiva, Verità necessaria per proseguire sulla Scala dell'Esistenza.
Il profondo inferno di dolorose reincarnazioni non avrebbe potuto riceverli, essendo essi già maturi per il Cielo. Neanche i più grandi peccatori avrebbero potuto guardare a loro come ad esseri migliori.

       E io: «Maestro, che è tanto greve
     a lor che lamentar li fa sì forte?»
  45 Rispuose: «Dicerolti molto breve.

Dante domandò perché si lamentavano così forte dal momento che essi stessi avevano preferito l'annientamento. Virgilio rispose: «Ti dirò brevemente

       Questi non hanno speranza di morte,
     e la lor cieca vita è tanto bassa,
  48 che 'nvidïosi son d'ogne altra sorte.

che costoro non hanno neanche speranza di morte terrena che consente la rinascita. Il loro cieco volere è tanto basso che desiderosi li rende di ogni altra sorte che peggiore che sia è migliore del loro annientamento.

[chiarificazioni inferno] L'annientamento [chiarificazione precedente] [chiarificazione seguente]

Coloro che rifiutano il Bene e il Male uccidono così il proprio "Io" che è quella Scintilla Divina che vive in ognuno e che non incarnandosi più per libertà di scelta, in base alla Legge del "Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma" andrà a far parte di un nuovo agglomerato cellulare di Spirito­Materia senza più nome né ricordi, nel rifiuto dell'Unico Tutto Dio oltre cui nulla esiste; ciò è contemplato in quella Massima contenuta nelle parole di quell'Essere Divino che, attenendosi ai canoni della logica umana, si presentò come Dio e disse: "NON AVRAI ALTRO DIO ALL'INFUORI DI ME".

[chiarificazioni inferno] [chiarificazione precedente] [chiarificazione seguente]



       Fama di loro il mondo esser non lassa;
     misericordia e giustizia li sdegna:
  51 non ragioniam di lor, ma guarda e passa».

Nel mondo non resterà alcuna traccia di loro che rifiutarono sia il Bene che il Male».

       E io, che riguardai, vidi una 'nsegna
     che girando correva tanto ratta,
  54 che d'ogne posa mi parea indegna;

Ed io riguardando vidi un'insegna che girando su se stessa, correva tanto in fretta da non consentire di guardare lo scritto, per tanto il correre e il girare nel contempo, di ogni posa la rendeva indegna di lettura.

       e dietro le venìa sì lunga tratta
     di gente, ch'i' non averei creduto
  57 che morte tanta n'avesse disfatta.

Era l'insegna del NULLA e dietro le veniva tanta gran folla di gente che aveva preferito l'annientamento, che io non avrei mai creduto che morte tanta ne avesse disfatta.

       Poscia ch'io v'ebbi alcun riconosciuto,
     vidi e conobbi l'ombra di colui
  60 che fece per viltade il gran rifiuto.

Dopo avere riconosciuto varie persone, vidi l'ombra ovvero l'anima incarnata in nuova esperienza di vita, di colui che fece per viltà il Gran Rifiuto.

[chiarificazioni inferno] il gran rifiuto ­ v. 60 [chiarificazione precedente] [chiarificazione seguente]

Nei molti libri di studio, vari e tanti sono i riferimenti possibili a tale persona. Il Barbaglioli, Jacopo della Lana, Pietro di Dante hanno creduto di riconoscere nella figura di costui l'eremita Pier da Morrone che divenne papa nel 1294 col nome di Celestino V e che cinque mesi dopo, giudicandosi privo delle qualità occorrenti al governo della Chiesa, rinunciò al Santo Ufficio e ciò aprì la porta alla elezione di papa Bonifacio VIII.
A questa opinione aderiscono, anche se con qualche incertezza, l'Ottimo, il Buti, l'Anonimo Fiorentino e il Boccaccio, il quale ultimo dichiara però che "chi costui fosse non si sa assai certo". Queste ed altre ipotesi provengono anche da qualche scrittore trecentesco, come Nerio Moscoli, Fazio degli Uberti, Ferretti, Sercambi ed altri. Benvenuto propone l'ipotesi di Esaù che rinunciò al diritto di primogenitura in favore del fratello Giacobbe. Ma quale grande rifiuto si può mai vedere in tutti costoro che rifiutarono qualcosa di prettamente umano?... quale la Chiesa, il Cattolicesimo, il Santo Ufficio e perfino un diritto a primogenitura?

In verità il "Gran rifiuto" non si riferisce ad una specifica persona, ma a quella parte dell'umanità che rifiuta il "Cammino­Uno" della Vita, cammino fatto di Bene e di Male, perché anche il male segue una via salvifica tracciata da Dio, attraverso cui l'anima si evolve purificandosi in dolorose esperienze protratte nei secoli.
Tuttavia come esempio si può citare Ponzio Pilato, il quale non fu con Cristo, né contro di Lui perché lo abbandonò ai Pontefici, nonostante avesse deciso di salvarlo, e come dal Vangelo di Giovanni, quando i Pontefici gli gridarono: "Chi salva costui fa contro Cesare" egli lo abbandonò ai carnefici e ai Sacerdoti sempre affermando: "Non trovo in costui alcun peccato! Sono innocente del sangue di questo giusto". Pilato rifiutò la breve via del Bene e la lunga via del Male che porta ugualmente al superiore gradino della Scala dell'Evoluzione, alla Coscienza Massima Divina (DIO).

Con il Gran Rifiuto la Cellula Uomo si annulla, tramite la Forza del pensiero, sia nello Spirito, sia nella materia, ma siccome il NULLA non esiste in un unico tutto in continua evoluzione, la creatura andrà a far parte di un nuovo nucleo cellulare in formazione, cominciando da ZERO, senza lasciare la minima traccia della passata esistenza: "FAMA DI LORO IL MONDO ESSER NON LASSA".

Molti sono oggi i Ponzio Pilato nel mondo che, trafelati, inseguono l'insegna del Nulla e rifiutano i grandi problemi dell'esistenza eterna, perché presi dai piccoli problemi di questa breve vita.

[chiarificazioni inferno] [chiarificazione precedente] [chiarificazione seguente]



       Incontanente intesi e certo fui
     che questa era la setta d'i cattivi,
  63 a Dio spiacenti e a' nemici sui.

Nel mio inconscio intesi che questa era la setta dei peggiori, poiché spiacevano sia a Dio e sia ai Suoi nemici.

       Questi sciaurati, che mai non fur vivi,
     erano ignudi e stimolati molto
  66 da mosconi e da vespe ch'eran ivi.

"Questi sciagurati che mai non fur vivi, erano ignudi" cioè di ogni precedente spirituale esperienza, come mai vivi, mai prima esistiti, erano stimolati da mosconi e da vespe.

       Elle rigavan lor di sangue il volto,
     che, mischiato di lagrime, a' lor piedi
  69 da fastidiosi vermi era ricolto.

Essi si lasciavano rigare il volto di sangue e lacrime. Il "sangue" è da intendersi come dolore fisico della parte materiale giunta inutilmente alla struttura umana e le " lacrime"quale dolore dello spirito che giunto a maturazione, idoneo per il Regno felice, tornava ad annullarsi ricadendo nell'Increato.
E sangue e lacrime ai lor piedi, erano raccolti dai vermi, nel sostanziale significato che neanche la terra ai loro piedi avrebbe serbato di loro il minimo ricordo.

       E poi ch'a riguardar oltre mi diedi,
     vidi genti a la riva d'un gran fiume;
  72 per ch'io dissi: «Maestro, or mi concedi

       ch'i' sappia quali sono, e qual costume
     le fa di trapassar parer sì pronte,
  75 com'i' discerno per lo fioco lume».

Riguardando oltre, io vidi genti alla riva di un gran fiume e domandai chi fossero e qual motivo le mostrava così pronte a trapassare in fretta per quanto discernere potevo attraverso il mio ancor fioco lume di conoscenza. (Più avanti si leggerà che "la tema si volve in disio" che, cioè: la loro paura si muta in desiderio di presto finire).

       Ed elli a me: «Le cose ti fier conte
     quando noi fermerem li nostri passi
  78 su la trista riviera d'Acheronte».

Ma Virgilio mi rispose che le cose mi sarebbero state riconosciute allorquando avremmo fermati i nostri passi sulla trista riviera di Acheronte.
(Secondo le configurazioni Pagane, Acheronte è il fiume della soglia del Regno dei Morti, secondo il CELESTE INTENDERE il Regno dei Morti è il Regno Umano).
Nel linguaggio di Gesù spesso si trova tale riferimento: "Non posso seguirti, Maestro, devo prima seppellire mio padre che è morto" disse l'apostolo e Gesù rispose: "Lascia che i morti seppelliscano i morti, tu seguimi".

       Allor con li occhi vergognosi e bassi,
     temendo no 'l mio dir li fosse grave,
  81 infino al fiume del parlar mi trassi.

Timidamente, temendo che il mio dir fosse sgradito, giunti al fiume, mi astenni dal parlar più oltre.

       Ed ecco verso noi venir per nave
     un vecchio, bianco per antico pelo,
  84 gridando: «Guai a voi, anime prave!

Ed ecco andar loro incontro il vecchio Angelo della Giustizia gridando: «Guai a voi, anime prave, che avete scelto la distruzione,

       Non isperate mai veder lo cielo:
     i' vegno per menarvi a l'altra riva
  87 ne le tenebre etterne, in caldo e 'n gelo.

non sperate mai di pervenire alle celesti sfere. Per vostra scelta io vengo per menarvi all'altra riva dove inizierete un'altra esistenza in caldo e in gelo.
Ma accorgendosi della Luce Animica di Dante gli disse:

       E tu che se' costì, anima viva,
     pàrtiti da cotesti che son morti».
  90 Ma poi che vide ch'io non mi partiva,

E tu che fai costì anima viva? Fuggi da codesti che son morti nel rifiuto della vita». E visto che Dante non si allontanava,

       disse: «Per altra via, per altri porti
     verrai a piaggia, non qui, per passare:
  93 più lieve legno convien che ti porti».

continuò: «Per altra via tu vieni a "piaggia" (sosta fra l'una e l'altra vita come il breve passaggio del piano fra l'uno e l'altro monte) per altri porti, per altri ingressi non qui per passare, dove le anime si annullano ma un "più lieve legno", mezzo di trasporto leggero, volante, extraterrestre convien che ti porti". Se un'anima viva è qui fuori posto.

       E 'l duca lui: «Caron, non ti crucciare:
     vuolsi così colà dove si puote
  96 ciò che si vuole, e più non dimandare».

Virgilio rispose, "ciò fu prestabilito colà dove si può ciò che si vuole, perciò non ti crucciare e più non domandare".

       Quinci fuor quete le lanose gote
     al nocchier de la livida palude,
  99 che 'ntorno a li occhi avea di fiamme rote.

A queste parole si acchetarono le barbute gote del nocchiero della spettrale palude, che intorno agli occhi avea ruote di fiamme simbolo delle fiamme dell'umano dolore.

       Ma quell'anime, ch'eran lasse e nude,
     cangiar colore e dibattero i denti,
 102 ratto che 'nteser le parole crude.

Ma quelle anime stanche, ignude di ogni bagaglio spirituale, terrorizzante della loro trasformazione in primitiva materia, battevano i denti nel cambiare "colore" energetico, dimensionale e fu allora che si avvidero delle crudeli "parole di morte" che avevano cagionato con il rifiuto alla Vita.

       Bestemmiavano Dio e lor parenti,
     l'umana spezie e 'l loco e 'l tempo e 'l seme
 105 di lor semenza e di lor nascimenti.

"Bestemmiavano Dio e lor parenti". Ciò non significa che si misero a bestemmiare, ma che il loro rifiuto era una bestemmia contro Iddio Creatore, contro i lor parenti che li avevano preceduti, contro l'umana specie che così disconoscevano, e contro "il seme di lor semenza" servito alla loro procreazione inutile e alla loro nascita a nulla servita. Bestemmia, cioè, contro tutto ciò che il loro "Gran Rifiuto" aveva, come un colpo di spugna cancellato per sempre dalla "grande lavagna" della Vita, bestemmia contro Dio, la più grande, questa, che essere creato possa mai operare.

       Poi si ritrasser tutte quante insieme,
     forte piangendo, a la riva malvagia
 108 ch'attende ciascun uom che Dio non teme.

In quel nuovo agglomerato cellulare si fusero insieme disperatamente, formando un tutto energetico senza più nome né ricordi su quella "sponda malvagia" dell'autodistruzione, "ch'attende ciascun uomo che Dio non teme" (che attende le anime lontane dal timor di Dio),

       Caron dimonio, con occhi di bragia,
     loro accennando, tutte le raccoglie;
 111 batte col remo qualunque s'adagia.

Caronte svolge il suo compito di Giustizia, battendo col remo chiunque s'adagia, non essendo consentito riposo a chi volontariamente la pace rifiuta.

       Come d'autunno si levan le foglie
     l'una appresso de l'altra, fin che 'l ramo
 114 vede a la terra tutte le sue spoglie,

Così come in autunno cadon le foglie l'una appresso all'altra per tornare a fare di nuovo parte della terra,

       similemente il mal seme d'Adamo
     gittansi di quel lito ad una ad una,
 117 per cenni come augel per suo richiamo.

similmente quell'amaro "seme d'Adamo" seme dell'Umanità si getta nel baratro del nulla. L'una dopo l'altra ricadono le anime, come uccelli al richiamo dello specchietto del cacciatore.

       Così sen vanno su per l'onda bruna,
     e avanti che sien di là discese,
 120 anche di qua nuova schiera s'auna.

Così quelle anime annullate vanno sull'onda tetra della morte e prima che siano discese, già una nuova schiera s'aduna ­ poiché numerosissime sono queste anime volontariamente votate all'autodistruzione.

       «Figliuol mio», disse 'l maestro cortese,
     «quelli che muoion ne l'ira di Dio
 123 tutti convegnon qui d'ogne paese;

Virgilio disse che tutte le anime che muoion nell'ira di Dio, convengono qui d'ogni paese: da ogni pianeta dell'Universo

       e pronti sono a trapassar lo rio,
     ché la divina giustizia li sprona,
 126 sì che la tema si volve in disio.

e tutte son pronte a trapassare, poiché la loro volontà di distruzione le porta a presto finire, così che la loro paura si muta in desiderio di morte.

[chiarificazioni inferno] tutti convegnon qui d'ogne paese ­ v. 123 [chiarificazione precedente] [chiarificazione seguente]

Da ogni mondo dell'Universo, su di un pianeta in fase evolutiva come oggi la Terra che è prossima a far parte di un giorno radioso, convengono le anime in attesa di evolversi. "Convengon qui d'ogni paese", come in un banco di prova, in un'aula d'esami. Le anime che conseguono la maturità, avendo superata "la prova d'esame", restano a seguire l'evoluzione del pianeta nel quale il Divino Equilibrio le pose in vita, quelle immature vengono bocciate. Esse ripeteranno in altro ciclo di reincarnazione, le classi di vita sullo stesso piano umano in altri mondi, mentre il pianeta Terra si evolverà continuando anch'esso, quale cellula del Macrocosmo, la sua strada evolutiva. Le altre anime che, come già detto, giunte a maturazione spirituale rifiutano, attraverso la forza­pensiero, di proseguire verso la felicità di una Sfera Superiore, non potendo sostare in un'unico Tutto in continua evoluzione dove la sosta non esiste, si annienteranno come già detto, per tornare a ricominciare da ZERO lo stesso cammino già percorso invano, lo stesso Cammino oltre cui nulla esiste, né Creato, né Increato. E come le fogliuzze del grano disperse al vento sull'aia, dalla verga del contadino, la terra le inghiotte per un nuovo concime.

[chiarificazioni inferno] [chiarificazione precedente] [chiarificazione seguente]



       Quinci non passa mai anima buona;
     e però, se Caron di te si lagna,
 129 ben puoi sapere omai che 'l suo dir suona».

"Da qui non passano mai anime buone e se Caronte nella perfezione della Giustizia si lagna della tua presenza, ben puoi comprendere ormai il senso del suo dire».

       Finito questo, la buia campagna
     tremò sì forte, che de lo spavento
 132 la mente di sudore ancor mi bagna.

Finito questo discorso, la buia campagna dell'involuzione tremò forte per apocalittico sconvolgimento.

       La terra lagrimosa diede vento,
     che balenò una luce vermiglia
     la qual mi vinse ciascun sentimento;
 136 e caddi come l'uom cui sonno piglia.

La Terra lacrimosa diede vento, poiché attraverso le falle sprigionò i venti sotterranei, e balenò una apocalittica luce vermiglia, la quale, sopraffacendo Dante, gli tolse i sensi ed egli cadde svenuto.

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