nel libero commento di Giovanna Viva
Proemio: invocazione incertezza di Dante conforto di Virgilio Dante rinfrancato segue Virgilio
Lo giorno se n'andava, e l'aere bruno toglieva li animai che sono in terra 3 da le fatiche loro; e io sol uno m'apparecchiava a sostener la guerra sì del cammino e sì de la pietate, 6 che ritrarrà la mente che non erra. |
Il morir del giorno toglieva gli uomini dalle loro fatiche quotidiane ed io, nella notturna solitudine, mi preparavo a sostener la guerra sia del cammino lungo i tortuosi sentieri della vita e sia della pietà di cui "la mente che non erra" deve esser dotata per poter generosamente perdonare quelle menti che errano nella incapacità di comprendere.
(Ricordiamo che Dante prima di rendere materia di studio la sua "Commedia" fu come tutti i portatori di Verità definito "regolarmente": "pazzo, megalomane e visionario". Doveva necessariamente quindi, durante la notte che favorisce i contatti extraterrestri, predisporsi al coraggio per affrontare lo scetticismo e alla pietà per coloro che lo combattevano ostacolandolo, dichiarandolo "malato di mente"). |
O muse, o alto ingegno, or m'aiutate; o mente che scrivesti ciò ch'io vidi, 9 qui si parrà la tua nobilitate. |
Dante si rivolse alle superiori Intelligenze e al suo "Io" cosciente (o Spirito Guida o Angelo Custode) dicendo: "O Muse, o alto ingegno, or m'aiutate, o mente che scrivesti quel ch'io vidi, qui si parrà il tuo spirituale valore". |
Io cominciai: «Poeta che mi guidi, guarda la mia virtù s'ell'è possente, 12 prima ch'a l'alto passo tu mi fidi. Tu dici che di Silvïo il parente, corruttibile ancora, ad immortale 15 secolo andò, e fu sensibilmente. |
Dante, dubitando di essere idoneo all'alto passo del viaggio spaziale e in altre dimensioni, disse a Virgilio: «Tu dici che il padre di Silvio, Enea, "corruttibile ancora" (ancora soggetto alla corruzione umana) "ad immortale secolo andò e fu sensibilmente" (fuori del tempo e con i propri sensi umani) quindi in corpo fisico terrestre. |
Però, se l'avversario d'ogne male cortese i fu, pensando l'alto effetto 18 ch'uscir dovea di lui, e 'l chi e 'l quale |
Però Iddio, avversario d'ogni male, fu consenziente a tale straordinaria missione, perché un alto effetto doveva derivarne, e "il chi e il quale" (l'uomo Enea e il suo compito) |
non pare indegno ad omo d'intelletto; ch'e' fu de l'alma Roma e di suo impero 21 ne l'empireo ciel per padre eletto: |
non pare indegno ad uomo capace d'intendere tale necessità per il bene di Roma e del suo Impero che anziché sotto un cielo purissimo di bene spirituale e nell'amore del «Padre Eletto»: (DIO), viveva sotto un cielo denso di sangue e di violenza. |
la quale e 'l quale, a voler dir lo vero, fu stabilita per lo loco santo 24 u' siede il successor del maggior Piero. |
"La quale e il quale", (Roma e il suo Impero) fu stabilito costituisse il luogo santo, sede del successore dell'apostolo Pietro.
(Il profeta Enea, padre di Silvio, fu portato nello spazio da un mezzo extraterrestre, allora definito "Turbo" perché alto e veloce come turbine, o "Carro di fuoco", che oggi noi chiamiamo "Disco Volante". Come dal sesto canto dell'Eneide, "Enea fu rapito al terzo cielo per poter parlare agli uomini di quella fede ch'è principio di salvazione" poiché la conoscenza della Verità è come l'Amore, necessaria all'evoluzione). |
Per quest'andata onde li dai tu vanto, intese cose che furon cagione 27 di sua vittoria e del papale ammanto. |
Per questa andata che tu mi porti ad esempio furono intese cose errate per cui il papa si ammantò di potenza, di ricchezze e di dominio, anziché intendere quel Messaggio Celeste nella parola del Cristo di umiltà, pace e amore. |
Andovvi poi lo Vas d'elezïone, per recarne conforto a quella fede 30 ch'è principio a la via di salvazione. |
In un simile viaggio extraterrestre andò anche "lo Vas d'elezione" l'apostolo Paolo, eletto a "Vasello dello Spirito Santo" così definito perché degno di contenere nel suo corpo fisico, lo Spirito Santo, cioè uno Spirito Divino appartenente alla massima Dimensione Cosmica. |
Ma io perché venirvi? o chi 'l concede? Io non Enëa, io non Paulo sono: 33 me degno a ciò né io né altri 'l crede. |
Ma io perché venirvi? chi me lo concede? Io non sono né Paolo, né Enea e che io ne sia degno non credo, né altri credono. |
Per che, se del venire io m'abbandono, temo che la venuta non sia folle. 36 Se' savio; intendi me' ch'i' non ragiono». |
Temo perciò che la mia venuta in altre dimensioni sia folle e che tu mi creda saggio mentre la mia mente potrebbe non essere preparata a tal punto». |
(Gli Spiriti Superiori possono servirsi del corpo fisico di una persona da Loro prescelta ed essere presenti ovunque sia necessario, usando il video e l'audio della persona degna di questo come noi usiamo le nostre camere televisive).
E qual è quei che disvuol ciò che volle e per novi pensier cangia proposta, 39 sì che dal cominciar tutto si tolle, tal mi fec'ïo 'n quella oscura costa, perché, pensando, consumai la 'mpresa 42 che fu nel cominciar cotanto tosta. |
Dante, preso da titubanza, perse il coraggio dell'impresa, e come colui che disvuol ciò che volle, anch'esso fu preso dallo smarrimento buio della incapacità di decidere e venne meno in lui quella sicurezza che fu in principio tanto salda. |
«S'i' ho ben la parola tua intesa», rispuose del magnanimo quell'ombra, 45 «l'anima tua è da viltade offesa; |
«Se io ho ben capito la tua parola», rispose l'ombra del magnanimo poeta: "ombra" in quanto non era esattamente lo stesso Virgilio, ma, se pur sempre lui, ora aveva un nuovo corpo fisico. L'ombra del poeta disse: «l'anima tua è offesa, contaminata da viltà, |
la qual molte fïate l'omo ingombra sì che d'onrata impresa lo rivolve, 48 come falso veder bestia quand'ombra. |
la quale molte volte l'uomo invade e inceppa distogliendolo da onorata impresa, come se vedesse una bestia dove invece vi è soltanto l'ombra. |
Da questa tema acciò che tu ti solve, dirotti perch'io venni e quel ch'io 'ntesi 51 nel primo punto che di te mi dolve. |
Affinché ti liberi da questo timore, ti dirò perché io venni e ciò che intesi sul principio quando di te mi addolorai. |
Io era tra color che son sospesi, e donna mi chiamò beata e bella, 54 tal che di comandare io la richiesi. |
"Io era tra color che sono sospesi", non appartenente ancora ad una esatta sfera dimensionale "sospeso" in attesa, come dire: "appena morto". Qui si ripete il concetto già menzionato prima "nacqui sub Iulio ancor che fosse tardi" appena in tempo, per potermi presentare a te come guida extraterrestre. |
Lucevan li occhi suoi più che la stella; e cominciommi a dir soave e piana, 57 con angelica voce, in sua favella: |
"Lucevano gli occhi suoi più che la stella", qui potrebbe intendersi "più che UNA stella" oppure "più che LA stella"... ma quale stella? Era forse, questa, simile alla stella cometa di Betlemme un mezzo di trasporto extraterrestre che aveva accompagnato la bella donna nella dimensione umana? Si sa che ogni corpo pesante necessita di un mezzo di trasporto per viaggiare nello spazio! Ella era infatti in corpo fisico poiché più che la stella rilucevano i suoi occhi, ed aveva corde vocali, poiché parlò "con angelica voce in sua favella". |
"O anima cortese mantoana, di cui la fama ancor nel mondo dura, 60 e durerà quanto 'l mondo lontana, |
Ella disse: "O anima cortese di cui la fama dura e durerà finché avrà vita il mondo, |
l'amico mio, e non de la ventura, ne la diserta piaggia è impedito 63 sì nel cammin, che vòlt'è per paura; |
l'amico mio (non amico di ventura, ma per averlo avuto compagno di umano cammino) è impedito nel suo procedere terreno, tanto che volto è per paura; |
e temo che non sia già sì smarrito, ch'io mi sia tardi al soccorso levata, 66 per quel ch'i' ho di lui nel cielo udito. |
e temo che egli sia già smarrito, coinvolto nella malefica spirale del male e che io mi sia levata già tardi in suo soccorso, per quello che dal cielo ho udito di lui. |
Or movi, e con la tua parola ornata, e con ciò c'ha mestieri al suo campare, 69 l'aiuta, sì ch'i' ne sia consolata. |
Or vai e con tua poetica suadente parola, e con ciò che ha bisogno (affinità) il suo campare terreno, aiutalo, affinché io ne sia consolata. |
I' son Beatrice che ti faccio andare; vegno del loco ove tornar disio: 72 amor mi mosse, che mi fa parlare. |
Vengo dal mio pianeta di felicità dove ardo tornare. |
Quando sarò dinanzi al segnor mio, di te mi loderò sovente a lui". 75 Tacette allora, e poi comincia' io: |
Quando sarò nel mio mondo vivente nell'amore di Dio, pregherò il mio Signore per te". Ella tacque ed io le dissi: |
"O donna di virtù sola per cui l'umana spezie eccede ogne contento 78 di quel ciel c'ha minor li cerchi sui, |
"O donna fatta di virtù soltanto, per cui l'umana specie supera ogni gioia possibile in quel cielo dimensionale che ha minori cerchi evolutivi, |
tanto m'aggrada il tuo comandamento, che l'ubidir, se già fosse, m'è tardi; 81 più non t'è uo' ch'aprirmi il tuo talento. |
tanto mi è gradito il tuo comandamento quanto l'ubbidirti, e se io non fossi più in tempo, eseguirei ugualmente la tua preghiera. Non è necessario spiegarti oltre, ho compreso l'alto pensiero d'amore. |
È il cielo della Terra, pianeta meno evoluto la cui umanità emana energia distonica, al contrario di Saturno, che possiede maggiori e luminosissimi anelli di energia enzimatica positiva formati dalla emanazione energetica della sua evoluta popolazione.
Ma dimmi la cagion che non ti guardi de lo scender qua giuso in questo centro 84 de l'ampio loco ove tornar tu ardi". |
Ma dimmi il motivo per cui non temi di scendere qua giù in questo centro del genere umano". |
"Da che tu vuo' saver cotanto a dentro, dirotti brievemente", mi rispuose, 87 "perch'i' non temo di venir qua entro. |
"Poiché tu vuoi conoscere profondamente il mio pensiero ella rispose brevemente ti dirò". |
Temer si dee di sole quelle cose c'hanno potenza di fare altrui male; 90 de l'altre no, ché non son paurose. |
Temer si deve di solo quelle cose che hanno il potere di fare male agli altri, ciò che scaturisce da amore non arreca distonia nel Divino Equilibrio. |
I' son fatta da Dio, sua mercé, tale, che la vostra miseria non mi tange, 93 né fiamma d'esto 'ncendio non m'assale. |
Io sono giunta per dono di Dio ad un così alto gradino evolutivo, che la vostra misera cattiveria non mi tocca, né mi assale la fiamma di questo vostro infernale pianeta. (Notiamo ancora che Beatrice, rivolgendosi a Virgilio dice: "la vostra cattiveria" considerandolo appena uscito dalla vita umana (come al canto primo). |
Donna è gentil nel ciel che si compiange di questo 'mpedimento ov'io ti mando, 96 sì che duro giudicio là sù frange. |
Un'amorosa donna è nel cielo che piange per questo terrestre impedimento al bene, tanto duro è il giudizio che lassù cozza contro il benefico impulso d'amore. |
Questa chiese Lucia in suo dimando e disse: Or ha bisogno il tuo fedele 99 di te, e io a te lo raccomando . |
Questa donna invitò Lucia dicendo: Ora il tuo fedele ha bisogno di te ed io a te lo raccomando (questa donna divina poteva essere simile a Maria di Nazaret a cui Dante con fede si era rivolto, e nell'equilibrio della Legge Cosmica: "chiedi e ti sarà dato, bussa e ti sarà aperto", avendo Dante chiesto aiuto a "Lucia", doveva Ella intervenire in suo aiuto e non Beatrice. Ecco perché Beatrice dice: "Il tuo fedele" e "io a te lo raccomando") |
Lucia, nimica di ciascun crudele, si mosse, e venne al loco dov'i' era, 102 che mi sedea con l'antica Rachele. |
Lucia, nemica del male, si mosse e venne al luogo dove io ero vicino all'antica Rachele. (Antica compagna di umane esperienze di Virgilio). |
Disse: Beatrice, loda di Dio vera, ché non soccorri quei che t'amò tanto, 105 ch'uscì per te de la volgare schiera? |
Lucia disse a Beatrice: Beatrice, vera lode di Dio, perché non soccorri tu colui che ti amò tanto da uscire per te alla volgare schiera dell'umanità? |
Non odi tu la pieta del suo pianto, non vedi tu la morte che 'l combatte 108 su la fiumana ove 'l mar non ha vanto? |
Non odi tu la pena del suo pianto? Non vedi tu la lotta che sostiene per non ricadere nel gorgo della morte umana, per non venire travolto dalla opaca marea del male che nella limpidezza del pensiero Divino non ha alcun vanto?
Da queste parole di Lucia si presume che l'elevatura della forza d'amore esistente fra i due, avrebbe concesso a Beatrice di porgere a Dante ella stessa l'aiuto, anche se a lei non richiesto, senza pertanto violare la Cosmica Legge di Equilibrio. |
Al mondo non fur mai persone ratte a far lor pro o a fuggir lor danno, 111 com'io, dopo cotai parole fatte, |
Nel mondo non vi furono mai persone pronte ad attrarre il bene e a fuggire il danno come, dopo questo pensiero d'amore, che ora a te in parole trasmetto, |
venni qua giù del mio beato scanno, fidandomi del tuo parlare onesto, 114 ch'onora te e quei ch'udito l'hanno". |
fui pronta io a venire quaggiù dal mio luogo beato fidandomi del tuo parlare onesto che onora te e chi ben lo intende". |
Poscia che m'ebbe ragionato questo, li occhi lucenti lagrimando volse; 117 per che mi fece del venir più presto. |
Dopo queste sue parole lacrimando volse gli occhi e ciò mi spinse a venire in fretta da te. |
E venni a te così com'ella volse; d'inanzi a quella fiera ti levai 120 che del bel monte il corto andar ti tolse. |
Io ti liberai dall'umano male che ti tolse dal corto sentiero che porta al Bel Monte, |
Dunque: che è? perché, perché restai, perché tanta viltà nel core allette, 123 perché ardire e franchezza non hai, poscia che tai tre donne benedette curan di te ne la corte del cielo, 126 e 'l mio parlar tanto ben ti promette?» |
perché dunque ti arresti? Perché tanta paura alberga nel tuo cuore?. Perché non fughi ogni dubbio e timore or che tu sai che tre donne benedette si curan di te nella corte del Cielo e il mio parlare ti promette il bene?» |
Quali fioretti, dal notturno gelo chinati e chiusi, poi che 'l sol li 'mbianca 129 si drizzan tutti aperti in loro stelo, |
Così come i chiusi fiorellini chini sotto il notturno gelo allor che il sole li illumina si drizzano aperti in sullo stelo, |
tal mi fec'io di mia virtude stanca, e tanto buono ardire al cor mi corse, 132 ch'i' cominciai come persona franca: |
io mi risollevai, tanto ardire mi affluì nel cuore e gli dissi: |
«Oh pietosa colei che mi soccorse! e te cortese ch'ubidisti tosto 135 a le vere parole che ti porse! |
«Oh pietosa colei che mi salvò dal male e tu cortese che ubbidisti alle amorevoli parole che ti rivolse! |
Tu m'hai con disiderio il cor disposto sì al venir con le parole tue, 138 ch'i' son tornato nel primo proposto. |
Tu hai fatto nascere nel mio cuore tanto desiderio di venire che nella precedente decisione son tornato. |
Or va, ch'un sol volere è d'ambedue: tu duca, tu segnore, e tu maestro». Così li dissi; e poi che mosso fue, 142 intrai per lo cammino alto e silvestro. |
Or vai ché un sol volere è d'ambedue, decidi tu, mio signore e maestro». E quando lui si mosse io lo seguì entrando nel cammino alto e silvestro. "Alto" poiché lo sollevava da Terra, "silvestro" poiché scabroso e difficile per lui che non si considerava idoneo al par di Paolo apostolo e di Enea profeta. |