hide random home http://www.videosoft.it/nonsoloufo/inf12.htm (Internet on a CD, 07/1998)

La Commedia
di Dante Alighieri

alla luce della Filosofia Cosmica
in chiave parapsicologica

INFERNO ­ Canto XII

nel libero commento di Giovanna Viva

[linea separazione]

Cerchio settimo: violenti
Girone primo: violenti contro il prossimo nella persona e negli averi ­ il Minotauro ­ Flegetonte ­ i centauri ­ tiranni, omicidi, assassini e ladroni
I violenti contro il prossimo sono immersi nel Flegetonte e vengono saettati dai centauri



       Era lo loco ov'a scender la riva
     venimmo, alpestro e, per quel che v'er'anco,
   3 tal, ch'ogne vista ne sarebbe schiva.

Il luogo dove giungemmo scendendo la riva, era scabroso e, per ciò che ancor vi era, ogni vista ne sarebbe turbata.

       Qual è quella ruina che nel fianco
     di qua da Trento l'Adice percosse,
   6 o per tremoto o per sostegno manco,

Come quella rovina che l'Adige percosse verso Trento per terremoto o per mancanza di sostegno,

       che da cima del monte, onde si mosse,
     al piano è sì la roccia discoscesa,
   9 ch'alcuna via darebbe a chi sù fosse:

che dalla cima del monte cadde al piano, così quella riva discoscesa nessuna possibilità di transito darebbe a chi sù fosse:

       cotal di quel burrato era la scesa;
     e 'n su la punta de la rotta lacca
  12 l'infamïa di Creti era distesa

       che fu concetta ne la falsa vacca;
     e quando vide noi, sé stesso morse,
  15 sì come quei cui l'ira dentro fiacca.

simile a quella era questa discesa e sulla punta di questa costa franata, l'infamia di Creta era distesa.
L'infamia di Creta, era il Mino­tauro "uomo­toro" nato dal rapporto di un toro con Pasife, moglie di Minosse, la quale si era introdotta in una forma di vacca dove il Minotauro fu concepito.
(Questa storia appartiene alla Mitologia, ma... quale mente umana potrebbe scindere il falso dal vero?)
Quando il Minotauro ci vide, si morse il corpo con ira per la sua infelice natura.

       Lo savio mio inver' lui gridò: «Forse
     tu credi che qui sia 'l duca d'Atene,
  18 che sù nel mondo la morte ti porse?

Virgilio gli gridò: «Forse tu credi che qui sia il duca d'Atene, che nel mondo umano ti portò la morte?

       Pàrtiti, bestia, ché questi non vene
     ammaestrato da la tua sorella,
  21 ma vassi per veder le vostre pene».

Vattene, bestia, ché questo non viene ammaestrato dalla tua sorella, ma percorre questa via per vedere le vostre pene».

       Qual è quel toro che si slaccia in quella
     c'ha ricevuto già 'l colpo mortale,
  24 che gir non sa, ma qua e là saltella,

Come un toro che si libera dal legame dopo aver ricevuto il colpo mortale e che agir non sa, ma qua e là saltella,

       vid'io lo Minotauro far cotale;
     e quello accorto gridò: «Corri al varco;
  27 mentre ch'e' 'nfuria, è buon che tu ti cale».

io vidi il Minotauro far lo stesso e Virgilio, accorto, mi gridò: «Corri all'uscita; è bene che mentre egli infuria tu discenda».

       Così prendemmo via giù per lo scarco
     di quelle pietre, che spesso moviensi
  30 sotto i miei piedi per lo novo carco.

Così riprendemmo la discesa giù per lo scarico di quelle pietre che spesso si muovevano sotto i miei piedi per il mio nuovo peso riacquistato ritornando in dimensione umana.

       Io gia pensando; e quei disse: «Tu pensi
     forse a questa ruina ch'è guardata
  33 da quell'ira bestial ch'i' ora spensi.

Io pensavo e Virgilio mi disse: «Pensi forse a questa ruina custodita da quell'ira bestiale che io ora placai?

       Or vo' che sappi che l'altra fïata
     ch'i' discesi qua giù nel basso inferno,
  36 questa roccia non era ancor cascata.

Voglio che tu sappia che l'altra volta che io discesi quaggiù nel basso inferno, questa roccia non era ancor cascata (Cio dimostra lo scompenso della Natura in maggior aumento dopo la nascita del Minotauro).

       Ma certo poco pria, se ben discerno,
     che venisse colui che la gran preda
  39 levò a Dite del cerchio superno,

Ma certo se ben ricordo, fu poco prima che venisse al mondo il Minotauro che gran numero di vittime elevò al supremo cerchio Divino,

       da tutte parti l'alta valle feda
     tremò sì, ch'i' pensai che l'universo
  42 sentisse amor, per lo qual è chi creda

(Ogni morte penosa purifica l'anima elevandola a Dio, ma quella volta tutta la valle tremò)
tutta la valle terrestre, fedele all'equilibrio d'amore, tremò così nella sua struttura che io pensai che l'Universo intero soffrisse per quell'amore sconvolto per il quale vi è chi crede

       più volte il mondo in caòsso converso;
     e in quel punto questa vecchia roccia
  45 qui e altrove, tal fece riverso.

che il mondo più volte sia stato riverso e che giunta a tal punto di male, questa vecchia roccia del pianeta Terra si rivoltò all'inverso.

       Ma ficca li occhi a valle, ché s'approccia
     la riviera del sangue in la qual bolle
  48 qual che per vïolenza in altrui noccia».

Ma spingi lo sguardo in questa "valle di lacrime" che si approssima la riviera del sangue nella quale bolle chi nuoce con violenza agli altri».

       Oh cieca cupidigia e ira folle,
     che sì ci sproni ne la vita corta,
  51 e ne l'etterna poi sì mal c'immolle!

Oh cieca cupidigia, o ira folle che tanto ci sproni in questa breve vita, e nell'eterna poi così dolorosamente nel sangue purificatore c'immergi!

       Io vidi un'ampia fossa in arco torta,
     come quella che tutto 'l piano abbraccia,
  54 secondo ch'avea detto la mia scorta;


       e tra 'l piè de la ripa ed essa, in traccia
     corrien centauri, armati di saette,
  57 come solien nel mondo andare a caccia.

Io vidi un'ampia fossa arcuata come quella che tutto il pianeta abbraccia racchiudendo questo male intenso (la caccia), e vidi centauri armati di saette correre così come nel mondo si suole andare a caccia.

       Veggendoci calar, ciascun ristette,
     e de la schiera tre si dipartiro
  60 con archi e asticciuole prima elette;

Vedendoci scendere, ogni centauro si fermò e tre di loro, dipartendosi dalla schiera, si diressero verso di noi con archi e frecce già da prima destinate a tale funzione punitrice;

       e l'un gridò da lungi: «A qual martiro
     venite voi che scendete la costa?
  63 Ditel costinci; se non, l'arco tiro».

e uno di loro da lontano gridò: «A quale martiro siete diretti voi che scendete la costa? Ditelo subito altrimenti io tiro l'arco».

       Lo mio maestro disse: «La risposta
     farem noi a Chirón costà di presso:
  66 mal fu la voglia tua sempre sì tosta».

Virgilio rispose: «Daremo la risposta a Chirone qui accanto: la tua fretta così testarda fu sempre male».

       Poi mi tentò, e disse: «Quelli è Nesso,
     che morì per la bella Deianira
  69 e fé di sé la vendetta elli stesso.

Poi mi toccò, per richiamare la mia attenzione, e disse: «Quelli è Nesso, che morì per la bella Dejanira e della sua morte si vendicò da sé stesso.
(Il centauro Nesso, innamoratosi di Dejanira, moglie di Ercole, cercò di rapirla mentre la trasportava in groppa attraverso il fiume Eveno, ma Ercole, offeso, lo uccise con le frecce avvelenate. Di quel sangue avvelenato fu intrisa la la tunica di Nesso che prima di morire offrì a Dejanira quella tunica assicurandole che aveva il potere di fare innamorare la persona che l'indossava. Dejanira cercò di adoperarla per far tornare a sé il marito innamorato di Iole, ma non appena Ercole la ebbe indossata, fu preso da un male furioso causato dall'energia del sangue emesso da Nesso, e colto da furia dolorosa morì).

       E quel di mezzo, ch'al petto si mira,
     è il gran Chirón, il qual nodrì Achille;
  72 quell'altro è Folo, che fu sì pien d'ira.

Quello che è al centro e che al petto si guarda a capo chino, è il gran Chirone che allevò Achille. E quell'altro è Folo che fu così pieno d'ira.
(Folo, durante le nozze di Pirotoo e Ippodamia, si unì ai centauri ubriachi per rapire la sposa e le altre donne).

       Dintorno al fosso vanno a mille a mille,
     saettando qual anima si svelle
  75 del sangue più che sua colpa sortille».

I Centauri, nella missione di punitori, vanno a mille a mille intorno al fosso (che tutto il piano terrestre abbraccia) saettando le anime che cercano di allontanarsi dal sangue in cui la loro colpa le porta.

       Noi ci appressammo a quelle fiere isnelle:
     Chirón prese uno strale, e con la cocca
  78 fece la barba in dietro a le mascelle.

Noi ci avvicinammo a quelle fiere scattanti nella loro natura mentre Chirone con la tacca della freccia spinse la barba dietro alle mascelle.

       Quando s'ebbe scoperta la gran bocca,
     disse a' compagni: «Siete voi accorti
  81 che quel di retro move ciò ch'el tocca?

Quando ebbe scoperta la gran bocca, disse ai compagni: «Vi siete accorti che quello di dietro muove ciò che tocca?
(Dante, in materia umana, urtava i corpi densi).

       Così non soglion far li piè d'i morti».
     E 'l mio buon duca, che già li er'al petto,
  84 dove le due nature son consorti,

Così non sono soliti fare i piedi di coloro che sono morti alla dimensione umana».
E Virgilio che gli era vicino al petto dove le due nature, l'umana e l'equina, si congiungono,

       rispuose: «Ben è vivo, e sì soletto
     mostrar li mi convien la valle buia;
  87 necessità 'l ci 'nduce, e non diletto.

rispose: «Egli è ben vivo e così soletto nella sua umana dimensione qui tra noi; ed io devo mostrargli la valle buia di peccato, poiché necessità lo induce a questo viaggio e non diletto.
Egli deve portare al mondo il suo messaggio rivelatore di Divina Verità.

       Tal si partì da cantare alleluia
     che mi commise quest'officio novo:
  90 non è ladron, né io anima fuia.

Un'anima beata si mosse dal Cielo per affidarmi questa alta missione. E questo non è un ladro, né io un'anima avida che prende ciò che non le vien concesso.

       Ma per quella virtù per cu' io movo
     li passi miei per sì selvaggia strada,
  93 danne un de' tuoi, a cui noi siamo a provo,

Per quella virtù Divina per cui io muovo i miei passi per così selvaggia strada, offri un po' dei tuoi, forti e veloci a noi che siamo messi alla prova di un arduo cammino,

       e che ne mostri là dove si guada,
     e che porti costui in su la groppa,
  96 ché non è spirto che per l'aere vada».

e porta sulla groppa costui "ché non è spirto che per l'aere vada" perché non è in superiore dimensione da poter fare a meno di un mezzo di trasporto».

       Chirón si volse in su la destra poppa,
     e disse a Nesso: «Torna, e sì li guida,
  99 e fa cansar s'altra schiera v'intoppa».

Chirone si volse sul lato destro, sollevando contemporaneamente quella parte del suo corpo per poter voltarsi dalla vita in sù e disse a Nesso: «Torna e guidali e fa scansare la schiera se questa chiudesse a loro il passaggio».

       Or ci movemmo con la scorta fida
     lungo la proda del bollor vermiglio,
 102 dove i bolliti facieno alte strida.

Ci muovemmo, con la scorta fidata, lungo la sponda del bollor di sangue dove le anime che vi erano immerse mandavano alte grida.
(Così lo stesso Nesso che un tempo accompagnò Dejanira, ora accompagnava Dante).

       Io vidi gente sotto infino al ciglio;
     e 'l gran centauro disse: «E' son tiranni
 105 che dier nel sangue e ne l'aver di piglio.

Dante vide gente che in quel ruscello era immersa fino al ciglio; e il gran centauro disse: «Essi son tiranni che commisero delitti per impadronirsi degli averi altrui.

       Quivi si piangon li spietati danni;
     quivi è Alessandro, e Dïonisio fero,
 108 che fé Cicilia aver dolorosi anni.

Qui si piangono gli spietati omicidi; qui è Alessandro e Dionisio, che procurarono alla Sicilia dolorosi anni.

       E quella fronte c'ha 'l pel così nero,
     è Azzolino; e quell'altro ch'è biondo,
 111 è Opizzo da Esti, il qual per vero

E quella fronte dai capelli nerissimi è Azzolino; (Ezzelino III, famoso tiranno della Marca Trevigiana e capo dei ghibellini, morto in carcere nel 1259. Egli fu un crudele tiranno e signoreggiò con forza e tirannia la Marca di Trevigi e la città di Padova e gran parte della Lombardia. Dei cittadini di Padova molta gente distrusse e accecò e come dice il Villani (Cron. 6, 72: "molta parte consumò e acceconne pur de' migliori e de' più nobili in grande quantità, e togliendo le loro possessioni, mandogli mendicando per lo mondo, e molti altri per diversi martorii e tormenti fece morire, e a un'ora undicimila padovani fece ardere. Sotto l'ombra d'una rudda e scellerata giustizia fece molti mali") e quell'altro che è biondo, è Opizzo da Est, il quale

       fu spento dal figliastro sù nel mondo».
     Allor mi volsi al poeta, e quei disse:
 114 «Questi ti sia or primo, e io secondo».

fu ucciso dal figliastro, in sua vita nel mondo». Allora mi volsi al poeta, che mi disse: «Nesso ti sia primo maestro e io il secondo».

       Poco più oltre il centauro s'affisse
     sovr'una gente che 'nfino a la gola
 117 parea che di quel bulicame uscisse.

Poco più oltre il centauro si fermò al di sopra di gente che pareva uscisse da quel bollore fino alla gola.

       Mostrocci un'ombra da l'un canto sola,
     dicendo: «Colui fesse in grembo a Dio
 120 lo cor che 'n su Tamisi ancor si cola».

Egli mi indicò un'ombra che era sola in un canto e disse: «Colui uccise in grembo a Dio (martirizzò i Cristiani) e in segno di ammonimento per gli altri fece esporre in alto sul Tamigi un cuore sanguinante».
E ancora oggi scorre quel sangue dal martorizzato cuore di tutto il mondo.

       Poi vidi gente che di fuor del rio
     tenean la testa e ancor tutto 'l casso;
 123 e di costoro assai riconobb'io.

Poi vidi esseri che al di fuori del fiume avevano la testa e il torace, essendo in quel punto il fosso diventato più basso; ed io molti di quelli riconobbi.

       Così a più a più si facea basso
     quel sangue, sì che cocea pur li piedi;
 126 e quindi fu del fosso il nostro passo.

Così il rosso ruscello si spegneva sempre di più fino a bagnare soltanto i piedi; e noi di là passammo.

       «Sì come tu da questa parte vedi
     lo bulicame che sempre si scema»,
 129 disse 'l centauro, «voglio che tu credi

«Così come tu da questa parte puoi vedere, il bollore del sangue si attenua sempre più», disse il centauro, «voglio che tu creda

       che da quest'altra a più a più giù prema
     lo fondo suo, infin ch'el si raggiunge
 132 ove la tirannia convien che gema.

che dalla parte opposta, il fondo del dolore diventa sempre più profondo fino a raggiungere il punto dove la tirannia convien che muoia.

       La divina giustizia di qua punge
     quell'Attila che fu flagello in terra
 135 e Pirro e Sesto; e in etterno munge

       le lagrime, che col bollor diserra,
     a Rinier da Corneto, a Rinier Pazzo,
     che fecero a le strade tanta guerra».
 139   Poi si rivolse, e ripassossi 'l guazzo.

La Divina Giustizia purifica, in questo posto, Attila, il capo degli Unni, definito "il flagello di Dio" e Pirro e Sesto e Rinier da Corneto, Rinier pazzo che sparse tanto sangue».
Tale sofferenza che dura in eterno nel mondo umano, attraverso le lacrime libera l'uomo dal male e ridona, all'anima purificata, la pace e la felicità perdute e dimenticate ed esistenti nei mondi migliori, riportando così Dio all'uomo e l'uomo a Dio.
Il Centauro Nesso si volse indietro e ripassammo il basso ruscello dove la sofferenza e il sangue quasi non vi erano più.
(Ed ecco la sofferenza della vita, il Karma, questo effetto di cause remote che avvolge e travolge nei vari cicli di vite terrene gli esseri che si muovono agitandosi nel labirinto della vita bagnato dal Flegetonte e che poi, alla fine del ruscello doloroso, riemergono luminosi per ritornare a Dio).

[linea separazione]

[pagina iniziale][e-mail] [Inferno canto XI][Inferno canto XIII][canti dell'Inferno][La Commedia][indice libri]