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La Commedia
di Dante Alighieri

alla luce della Filosofia Cosmica
in chiave parapsicologica

INFERNO ­ Canto X

nel libero commento di Giovanna Viva

[linea separazione]

Cerchio sesto: eretici ­ Farinata degli Uberti e Cavalcante de' Cavalcanti



       Ora sen va per un secreto calle,
     tra 'l muro de la terra e li martìri,
   3 lo mio maestro, e io dopo le spalle.

Virgilio se ne va per un sentiero segreto tra il muro che la Terra recinge e i suoi martiri ed io dopo di lui,

       «O virtù somma, che per li empi giri
     mi volvi», cominciai, «com'a te piace,
   6 parlami, e sodisfammi a' miei disiri.

«O virtù somma, che per questi sacrileghi cerchi mi evolvi», dissi io, «illumina la mia mente come a te piace e soddisfa i miei desideri.

       La gente che per li sepolcri giace
     potrebbesi veder? già son levati
   9 tutt'i coperchi, e nessun guardia face».

La gente che giace per questi sepolcri si potrebbe vedere? (I sepolcri sono da intendere i corpi umani che come monumenti funerari chiudono l'animo umano al buio di ogni conoscenza divina), già tutti i coperchi son socchiusi e socchiusa è la loro Coscienza che alla luce del sapere si protende e nessuno è a guardia per impedire il loro risveglio».

       E quelli a me: «Tutti saran serrati
     quando di Iosafàt qui torneranno
  12 coi corpi che là sù hanno lasciati.

Ed egli a me: «Tutti i sepolcri saranno serrati con il proprio bagaglio spirituale, quando tutta la Terra sarà "valle di Iosafat" e gli uomini qui torneranno a reincarnarsi con i corpi le cui immagini la sù nella scia del Cosmo hanno lasciate.

       Suo cimitero da questa parte hanno
     con Epicuro tutti suoi seguaci,
  15 che l'anima col corpo morta fanno.

Epicuro e tutti i suoi seguaci, che disconoscono la sopravvivenza dell'anima, in questa parte eretica avranno il loro cimitero.

[chiarificazioni inferno] coi corpi che là sù hanno lasciati ­ v. 12 [chiarificazione precedente] [chiarificazione seguente]

Ogni creatura lascia, durante il corso delle esperienze di vita, due scie nell'energia del Cosmo, una visiva e una uditiva. È questo un principio di fisica, ormai accettato da tutti, secondo il quale le onde sonore e visive, una volta emesse, non si distruggono, ma si trasformano in luce e restano eterne e onnipresenti. Queste onde sono captabili e quindi ricostruibili. E come sono ricostruibili ed eterne le altre energie, così, molto di più, è ricostruibile l'onda visiva con l'uso di adatte apparecchiature come quella di Padre Pellegrino Ernetti che nel 1960 è stato nominato dallo Stato italiano docente di prepolifonia (cioè della musica prima dell'anno mille) al conservatorio Benedetto Marcello di Venezia.
Egli, assieme a un gruppo di dodici fisici, è riuscito a costruire un complesso di apparecchiature di altissima precisione che consentono di ricostruire immagini, suoni e avvenimenti accaduti centinaia e centinaia di anni or sono. Con lo stesso sistema con cui gli astronomi calcolano gli anni luce e riescono a ricostruire l'aspetto di una stella spenta da migliaia di anni, sono stati "captati" personaggi storici; un'intera tragedia scritta nel 169 a. C., e andata poi dispersa, è stata ricostruita. L'intera vita di Cristo è stata fotografata.
Ecco il significato dei "CORPI CHE LÀ SÙ HANNO LASCIATI".
Questa doppia scia, una visiva e una uditiva, si potrebbe considerare una specie di carta d'identità, essendo essa prettamente individuale.
Vien fatto di domandarsi: "perché mai questa macchina resta sconosciuta alla umana gente?" ­ Questa macchina ­ ha affermato alla stampa Padre Pellegrino ­ potrebbe provocare una tragedia universale, perché toglie la libertà di parola, di azione e di pensiero. Infatti ANCHE IL PENSIERO È UNA EMISSIONE DI ENERGIA, quindi captabile...
Ecco perché è necessario che questi apparecchi non diventino alla portata di tutti...
FINO A QUANDO L'UOMO NON IMPARERÀ AD AGIRE BENE PER IL BENE...

[chiarificazioni inferno] [chiarificazione precedente] [chiarificazione seguente]



       Però a la dimanda che mi faci
     quinc'entro satisfatto sarà tosto,
  18 e al disio ancor che tu mi taci».

Alla domanda che mi fai io subito in questo luogo ti risponderò e sarai soddisfatto anche per il desiderio che or tu mi nascondi».

       E io: «Buon duca, non tegno riposto
     a te mio cuor se non per dicer poco,
  21 e tu m'hai non pur mo a ciò disposto».

Ed io: «Nulla nascondo a te, mio cuore, se non per paura d'importunarti col mio parlare, ed a ciò tu altre volte mi hai predisposto».

       «O Tosco che per la città del foco
     vivo ten vai così parlando onesto,
  24 piacciati di restare in questo loco.

«O Toscano, che per la città del fuoco vivo vai così parlando nel vero, ti piaccia ancor restare in questo luogo.

       La tua loquela ti fa manifesto
     di quella nobil patrïa natio,
  27 a la qual forse fui troppo molesto».

Il tuo dolce parlare manifesta in te la nobiltà della tua patria verso la quale io forse fui troppo molesto per averne severamente parlato».

       Subitamente questo suono uscìo
     d'una de l'arche; però m'accostai,
  30 temendo, un poco più al duca mio.

Queste parole uscirono all'improvviso da uno di quei sepolcri ed io, per paura, mi avvicinai al mio maestro.

       Ed el mi disse: «Volgiti! Che fai?
     Vedi là Farinata che s'è dritto:
  33 da la cintola in sù tutto 'l vedrai».

Egli mi disse: «Volgiti, che fai? Guarda Farinata che dalla cintola in su si è levato» (in un parziale risveglio di Coscienza).

Lo scrittore Iacopo Degli Uberti, soprannominato Farinata, era stato il più importante rappresentante dei Ghibellini.


       Io avea già il mio viso nel suo fitto;
     ed el s'ergea col petto e con la fronte
  36 com'avesse l'inferno a gran dispitto.

Io avevo il mio viso vicinissimo al suo ed egli si ergeva col petto e con la fronte come se a gran dispetto avesse quelle pene infernali a cui la sua eresia lo aveva portato.

       E l'animose man del duca e pronte
     mi pinser tra le sepulture a lui,
  39 dicendo: «Le parole tue sien conte».

Le affettuose mani di Virgilio mi spinsero a lui fra quelle sepolture ed egli mi disse: «Le parole tue siano convincenti e persuasive» (nella Verità a cui Farinata allor si risvegliava).

       Com'io al piè de la sua tomba fui,
     guardommi un poco, e poi, quasi sdegnoso,
  42 mi dimandò: «Chi fuor li maggior tui?»

Quando a Farinata fui vicino, mi guardò un poco con ritegno altero come a nascondere il suo rammarico per esser costretto a capitolare a quella Verità a cui prima era stato avverso. Egli mi domandò: «Chi fuor li maggior tui?» Chi furono i tuoi "maggiori", Celesti Maestri che ti guidarono la mente alla luce di Conoscenza?

       Io ch'era d'ubidir disideroso,
     non gliel celai, ma tutto gliel'apersi;
  45 ond'ei levò le ciglia un poco in suso;

Desideroso di ubbidire al mio maestro, senza nulla nascondere parlai a Farinata dei Fratelli del cielo ed egli, schiudendo gli occhi alla Verità,

       poi disse: «Fieramente furo avversi
     a me e a miei primi e a mia parte,
  48 sì che per due fïate li dispersi».

mi disse: «Essi fieramente furono avversi a me, ai miei predecessori e a coloro che dalla mia parte, come me li considerarono nemici, così che per due volte, non accettandoli, li dispersi».
(I Fratelli maggiori della nostra grande famiglia universale sono costretti a ritornarsene nei loro paradisiaci pianeti quando non sono accettati dall'errato intendere umano che li considera invasori. Essi non possono violare la legge del "Libero Arbitrio" che consente ad ogni umanità sul proprio pianeta libertà di accettare o meno la loro presenza.

       «S'ei fur cacciati, ei tornar d'ogne parte»,
     rispuos'io lui, «l'una e l'altra fïata;
  51 ma i vostri non appreser ben quell'arte».

«Se furono scacciati dall'ignoranza umana, Essi, spinti da fraterno amore tornarono da ogni parte della Terra», io gli risposi, «l'una e l'altra volta; (come sempre hanno fatto in tutte le epoche della umana storia, quando più feroce imperversava nel mondo la crudeltà umana); ma i vostri simili non appresero ben quell'arte d'amare».

       Allor surse a la vista scoperchiata
     un'ombra, lungo questa, infino al mento:
  54 credo che s'era in ginocchie levata.

Allora sorse, scoperta alla vista, un'altra anima, anch'essa risvegliata ma ancora soltanto fino al mento, che pareva in ginocchio levata.

       Dintorno mi guardò, come talento
     avesse di veder s'altri era meco;
  57 e poi che 'l sospecciar fu tutto spento,

Essa d'intorno mi guardò come a voler vedere se altri erano con me e poi che la speranza le fu tutta spenta,

       piangendo disse: «Se per questo cieco
     carcere vai per altezza d'ingegno,
  60 mio figlio ov'è? e perché non è teco?»

piangendo disse: «Se per questo carcere cieco di incomprensione tu vai per merito del tuo alto ingegno, mio figlio, anch'esso d'ingegno, dov'è? perché non è con te?»

       E io a lui: «Da me stesso non vegno:
     colui ch'attende là, per qui mi mena
  63 forse cui Guido vostro ebbe a disdegno».

E io a lui: «Non vengo di mia iniziativa, ma per volere del Cielo colui che là mi attende per qui mi manda. Ciò che io faccio, forse Guido vostro disdegnò di fare».

       Le sue parole e 'l modo de la pena
     m'avean di costui già letto il nome;
  66 però fu la risposta così piena.

Il suo parlare e il suo soffrire mi fecero percepire il nome di suo figlio, perciò la mia risposta fu così decisa.
(Si tratta dello scrittore Guido Cavalcante, seguace di Epicuro, che nei suoi scritti disconosceva l'immortalità dell'anima, portando così al mondo i suoi concetti errati. Come già affermato nel terzo Canto, il rifiuto di accettare la Verità porta gli esseri giunti a maturazione spirituale idonea all'accettazione, ad annullarsi, attraverso la Forza­Pensiero, così nello Spirito come nella materia, fu perciò che la risposta spaventò il padre di Guido).

       Di subito drizzato gridò: «Come?
     dicesti "elli ebbe"? non viv'elli ancora?
  69 non fiere li occhi suoi lo dolce lume?»

Subito domandò: «Come dicesti? non vive egli forse più sul cammino evolutivo? Non ricevono più gli occhi suoi il dolce lume della Vita?»

       Quando s'accorse d'alcuna dimora
     ch'io facea dinanzi a la risposta,
  72 supin ricadde e più non parve fora.

E accortosi della decisa risposta mia, cadde supino e più non parve riaversi.

       Ma quell'altro magnanimo, a cui posta
     restato m'era, non mutò aspetto,
  75 né mosse collo, né piegò sua costa:

Ma quell'altro magnanimo alla cui richiesta era ancora restato completare la risposta, restò immobile immerso nel suo primo pensiero

       e sé continüando al primo detto,
     «S'elli han quell'arte», disse, «male appresa,
  78 ciò mi tormenta più che questo letto.

e continuando il precedente discorso, «Se i Fratelli del Cielo hanno avuta la loro arte d'amare», disse, «male apprezzata,tale ingratitudine umana mi tormenta di più di questo karma che io brucio in questo pianeta di dolore.

       Ma non cinquanta volte fia raccesa
     la faccia de la donna che qui regge,
  81 che tu saprai quanto quell'arte pesa.

Ma non cinquanta, bensì tante e tante volte si è riaccesa più crudele la faccia della violenza, l'Arpia, donna che qui nel mondo regge l'andamento della vita. E tu saprai quanto quest'arte d'amare pesa fra cotanta malvagità.
(Come pesò a Cristo la parola d'amore che portò al mondo).

       E se tu mai nel dolce mondo regge,
     dimmi: perché quel popolo è sì empio
  84 incontr'a' miei in ciascuna sua legge?»

E se tu mai sapessi chi nel dolce mondo regge la vita, perché quel popolo extraterrestre è contrario al mio in ogni sua legge?»


       Ond'io a lui: «Lo strazio e 'l grande scempio
     che fece l'Arbia colorata in rosso,
  87 tal orazion fa far nel nostro tempio».

Io gli risposi: «Ciò che lo rende contrario è lo scempio che la violenza, "Arpia color di sangue", fa fare agli uomini nel nostro mondo».
(Tali "orazioni" sono: Sfoderare uncinati artigli contro i portatori di Verità Divine, benedire le armi dando il braccio ai violenti, combattere Santi e Profeti e rendere squallido il loro cammino sulla Terra, negare e ridicolizzare la parola Biblica e i segni profetici, adorare gli "Idoli": Denaro, Gloria e Potenza. Queste sono le orazioni che famnno gli uomini sulla Terra, seguendo fedelmente l'Arpia colorata in rosso. Questo è ciò che rende contrario alle nostre idee quel popolo Celeste).

       Poi ch'ebbe sospirando il capo scosso,
     «A ciò non fu' io sol», disse, «né certo
  90 sanza cagion con li altri sarei mosso.

Le mie parole gli rammentarono l'odio e la violenza delle sue lotte politiche e dopo aver sospirato e il capo scosso, come colto da pentimento, disse: «Non certo senza ragione mi sarei con gli altri mosso.

       Ma fu' io solo, là dove sofferto
     fu per ciascun di tòrre via Fiorenza,
  93 colui che la difesi a viso aperto».

Ma fui io solo a combattere mentre ognuno soffriva quando nel Concilio di Empoli i Ghibellini avevano stabilito la distruzione di Firenze. Allora fui io solo che la difesi a viso aperto».
(L'Arpia, quest'Arte Politica Ria che l'umanità separa e rende gli uomini nemici e tinge di sangue le strade del mondo).

       «Deh, se riposi mai vostra semenza»,
     prega' io lui, «solvetemi quel nodo
  96 che qui ha 'nviluppata mia sentenza.

«Se dovesse pace trovare la vostra stirpe di eroi», io chiesi, «risolvetemi quel dubbio che blocca la mia mente e non mi fa capire come questo per voi costituisca il bene della vita.

       El par che voi veggiate, se ben odo,
     dinanzi quel che 'l tempo seco adduce,
  99 e nel presente tenete altro modo».

Pare che voi sappiate, se bene intendo, ciò che riserva la Giustizia a coloro che come voi spargono il sangue combattendo, tuttavia, nel presente avete altro modo d'agire non adeguato a coloro che hanno tali conoscenze».

       «Noi veggiam, come quei c'ha mala luce,
     le cose», disse, «che ne son lontano;
 102 cotanto ancor ne splende il sommo duce.

«Noi vediamo le cose, come quelli che hanno cattiva luce d'intendere gli eventi», disse, «che da noi sono lontani nel tempo futuro, solo fino a tal punto splende ancor per noi la luce intellettiva che ci consente il sommo Iddio.

       Quando s'appressano o son, tutto è vano
     nostro intelletto; e s'altri non ci apporta,
 105 nulla sapem di vostro stato umano.

Quando gli eventi si appressano o già sono, tutto è vano, insufficiente è il nostro intelletto e se altri (Fratelli superiori) non ci apportano consocenze, nulla sapremo del vostro stato umano.

       Però comprender puoi che tutta morta
     fia nostra conoscenza da quel punto
 108 che del futuro fia chiusa la porta».

Perciò comprender puoi che tutta spenta è la nostra conoscenza da quel punto in cui la nostra mente si ferma nella percezione del futuro a cui l'incapacità chiude la porta».

       Allor, come di mia colpa compunto,
     dissi: «Or direte dunque a quel caduto
 111 che 'l suo nato è co'vivi ancor congiunto;

Sentendomi in colpa per aver causato il gran dolore al padre di Guido Cavalcante, dissi: «Or direte a quel padre stramazzato per aver creduto suo figlio autodistrutto dal "gran rifiuto", che egli è ancor congiunto ai vivi;

       e s'i' fui, dianzi, a la risposta muto,
     fate i saper che 'l fei perché pensava
 114 già ne l'error che m'avete soluto».

e che se io fui alla risposta muto, fu perché temevo di sbagliare».

       E già 'l maestro mio mi richiamava;
     per ch'i' pregai lo spirto più avaccio
 117 che mi dicesse chi con lu' istava.

Ma mi rivolsi allo spirito più evoltuo che stava con lui. Da esso appresi che Guido non era annullato, ma ancor con lui sul cammino della Vita.

       Dissemi: «Qui con più di mille giaccio:
     qua dentro è 'l secondo Federico,
 120 e 'l Cardinale; e de li altri mi taccio».

Così mi disse: «Io giaccio con più di mille. Qui con me è anche il cardinale Ubaldini di Bologna e Federico II (eretico anch'esso non credente al dopo morte); e degli altri mi taccio».

       Indi s'ascose; e io inver' l'antico
     poeta volsi i passi, ripensando
 123 a quel parlar che mi parea nemico.

Il padre di Guido si nascose ed io verso il poeta avanzai ripensando a quel parlare che mi pareva nemico.

       Elli si mosse; e poi, così andando,
     mi disse: «Perché se' tu sì smarrito?»
 126 E io li sodisfeci al suo dimando.

Il Maestro riprese il cammino e così andando mi disse: «Perché sei così smarrito». E io gli detti la mia risposta alla sua domanda.

       «La mente tua conservi quel ch'udito
     hai contra te», mi comandò quel saggio;
 129 «e ora attendi qui», e drizzò 'l dito:

«La tua mente conservi come cosa contraria il ricordo di ciò che ha udito», mi disse; «attendi qui», e alzò il dito come ad incidere la sua spiegazione chiedendo attenzione maggiore:

       «quando sarai dinanzi al dolce raggio
     di quella il cui bell'occhio tutto vede,
 132 da lei saprai di tua vita il vïaggio».

«Quando sarai dinanzi al dolce raggio della Divina Sapienza sarai tu stesso in grado di sapere il significato del "viaggio" della tua vita».

       Appresso mosse a man sinistra il piede:
     lasciammo il muro e gimmo inver' lo mezzo
     per un sentier ch'a una valle fiede,
 136   che 'nfin là sù facea spiacer suo lezzo.

Dopo egli volse il passo sul lato sinistro (dove alberga il negativo del corpo umano) e allontanandoci dal muro di Dite, girammo verso il centro del cerchio di dolore. Il sentiero chiudeva una valle la cui disgustosa distonia del peccato fa giungere fin sulle Celesti Sfere la sua energia negativa.

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