nel libero commento di Giovanna Viva
Cerchio secondo: Minosse Francesca da Rimini e Paolo Malatesta La violenta bufera
Così discesi del cerchio primaio giù nel secondo, che men loco cinghia 3 e tanto più dolor, che punge a guaio. |
Così dal primo cerchio del Minerale discesi nel Vegetale, secondo gradino dimensionale dove, quanto minor luogo recinge, tanto più dolore "punge a guaio" stimolando guaiti, gemiti. Infatti i vegetali trapiantati nei vasi, dove minore luogo recinge, hanno dolorosamente aggrovigliate le radici alle quali è impedito distendersi, e le piante, costrette in minore spazio in giardini e in campi custoditi dall'uomo, soffrono per lo svellimento, il trapianto la potatura. Nelle libere selve, dove maggiore spazio recinge, il dolore è minore, le piante sono affidate all'Equilibrio Creativo del clima e del luogo dove l'Intelligenza Divina le pose in vita.
In questa dimensione vegetale vi è Minosse che veste un corpo animale, in dimensione successiva di quella delle anime che custodisce. Naturalmente si violerebbe la Legge Gerarchica se un essere in corpo Angelico custodisse i vegetali e gli animali. La Camera Kirlian ha permesso di fotografare il pianto dei vegetali attraverso gli sprazzi di colore, la paura all'avvicinarsi del potatore, il grido doloroso durante la potatura e lo stato di conforto nell'approssimarsi dell'innaffiatoio; sono stati fotografati inoltre gli impulsi energetici emanati da una pianta all'altra, da ciò gli scienziati russi e americani hanno dedotto che le piante trasmettono fra loro. |
Stavvi Minòs orribilmente, e ringhia: essamina le colpe ne l'intrata; 6 giudica e manda secondo ch'avvinghia. |
Minosse ringhia, esamina le colpe e stabilisce le pene secondo gli avvolgimenti della coda intorno al suo corpo. |
Dico che quando l'anima mal nata li vien dinanzi, tutta si confessa; 9 e quel conoscitor de le peccata |
Quando "l'anima mal nata" nata male, ancora in dimensione inferiore "li vien dinanzi, tutta si confessa", si mostra, cioè nuda di ogni finzione come a confessarsi, poiché nulla sfugge a quel conoscitore del peccato. |
vede qual loco d'inferno è da essa; cignesi con la coda tante volte 12 quantunque gradi vuol che giù sia messa. |
Egli vede quale luogo di pena è ad essa necessario e si avvolge con la coda tante volte per quanti gradi crede debba in profondità espiare. Maggiore è il grado di profondità e più tempo impiega la pianta ad uscire alla luce del sole. |
Sempre dinanzi a lui ne stanno molte; vanno a vicenda ciascuna al giudizio, 15 dicono e odono e poi son giù volte. |
Dinanzi a Minosse vi son sempre molte anime che a vicenda vanno a giudizio. "dicono e odono" comunicano cioè, coscientemente con Minosse Giustiziere Divino, essendo loro fra l'una e l'altra vita, nel Regno dello Spirito, pienamente coscienti nel discernimento del Bene e del Male. Scelgono esse stesse anime, assieme a Minosse, la via salvifica nell'adatta pena evolutiva. Poi nel proseguimento del ciclo espiativo, "son giù volte", nel profondo della terra. |
«O tu che vieni al doloroso ospizio», disse Minòs a me quando mi vide, 18 lasciando l'atto di cotanto offizio, |
«O tu che vieni in questo ricovero doloroso», disse Minosse interrompendo il suo ufficio alla vista di Dante, |
«guarda com'entri e di cui tu ti fide; non t'inganni l'ampiezza de l'intrare!» 21 E 'l duca mio a lui: «Perché pur gride? |
«guarda bene di non riporre con leggerezza la tua fiducia. Non t'inganni l'ampiezza della via che porta a questa dimensione». Virgilio gli rispose: «Perché gridi? |
Non impedir lo suo fatale andare: vuolsi così colà dove si puote 24 ciò che si vuole, e più non dimandare». |
Non impedire il suo viaggio programmato dall'Alto dove si puote ciò che si vuole e più non domandare». |
Or incomincian le dolenti note a farmisi sentire; or son venuto 27 là dove molto pianto mi percuote. Io venni in loco d'ogne luce muto, che mugghia come fa mar per tempesta, 30 se da contrari venti è combattuto. |
Ora ricominciano le acute sofferenze, ora sono pervenuto in un luogo privo di ogni luce di bene dove le anime mugghiano senza parole e senza corpo e il loro pianto è come un rumore assordante simile a quello di un mare tempestoso flagellato da venti avversi. |
La bufera infernal, che mai non resta, mena li spirti con la sua rapina; 33 voltando e percotendo li molesta. |
La bufera infernale che, in un turbine di continua evoluzione, non si arresta mai, trascina gli spiriti con violenta furia e li tormenta con l'impeto delle sue correnti. |
Quando giungon davanti a la ruina, quivi le strida, il compianto, il lamento; 36 bestemmian quivi la virtù divina. |
Quando giungono davanti alla rovina di un corpo fisico inferiore nel quale si immettono gli spiriti che vogliono abbreviare il proprio tempo di pena, piangono e stridono e il loro lamento è simile a bestemmia, poiché causato dal loro precedente operare contro la Virtù Divina. |
Intesi ch'a così fatto tormento enno dannati i peccator carnali, 39 che la ragion sommettono al talento. |
Io compresi che a tale tormento erano condannati i "peccatori carnali" che la "ragione" l'intelligenza innata nell'uomo che, pertanto, è un dono divino, quindi naturalmente versata al buon vivere altruistico, sottomettono al "talento" che è la voglia delle materiali cose che nulla di spirituale racchiudono. ("PECCATORI CARNALI" sono da intendersi coloro che vivono dei piaceri della materia, coloro che vivono per inebriarsi di ricchezza e di gloria, quell'agglomerato di egoisti trascinati in un'onda di corrente densa di opere di odio e di morte verso l'avidità di possedere la potenza della vita per un godimento egocentrico a danno degli altri). |
E come li stornei ne portan l'ali nel freddo tempo, a schiera larga e piena, 42 così quel fiato li spiriti mali di qua, di là, di giù, di sù li mena; nulla speranza li conforta mai, 45 non che di posa, ma di minor pena. |
Come gli storni che volano nel freddo tempo a schiera larga e piena, così quegli spiriti in pena vengono sbattuti dal vento di qua e di là, di su e di giù. La loro sofferenza non li rende capaci del concetto del perdono Divino, perciò nessuna speranza li conforta mai se non quella dell'alleggerimento della loro terribile pena. |
E come i gru van cantando lor lai, faccendo in aere di sé lunga riga, 48 così vid'io venir, traendo guai, |
E come le gru stridono durante tutto il tempo dei loro voli di emigrazione, disegnando nel cielo una lunga riga, nello stesso modo io vidi avanzare le anime in pena, piangendo, |
ombre portate da la detta briga; per ch'i' dissi: «Maestro, chi son quelle 51 genti che l'aura nera sì gastiga?» |
travagliate dalla bufera, e domandai: «Maestro, chi sono quelle genti che la buia onda del male tanto castiga?» |
«La prima di color di cui novelle tu vuo' saper», mi disse quelli allotta, 54 «fu imperadrice di molte favelle. |
Virgilio rispose: «La prima di cui tu vuoi notizie è Semiramide, di lei si parlò nel mondo; |
A vizio di lussuria fu sì rotta, che libito fé licito in sua legge, 57 per tòrre il biasmo in che era condotta. |
ella fu travolta dal vizio a tal punto da dover rendere lecita, per legge, la libidine onde evitare il biasimo dei suoi sudditi. |
Ell'è Semiramìs, di cui si legge che succedette a Nino e fu sua sposa: 60 tenne la terra che 'l Soldan corregge. |
Ella succedette a Nino e fu sua sposa e governò la terra d'Egitto, che ora è guidata dal sultano. |
L'altra è colei che s'ancise amorosa, e ruppe fede al cener di Sicheo; 63 poi è Cleopatràs lussurïosa. |
L'altra è Didone, regina di Cartagine che si offrì amorosa ad Enea, venendo meno alla memoria del marito Sicheo e che poi abbandonata da Enea si uccise. Poi vi è Cleopatra, famosa regina d'Egitto, "lussuriosa" poiché amante dei piaceri della vita lussuosa. Ella divenne amica di Cesare per poter vivere nella Roma corrotta. Tutti suicidi per amore. |
Elena vedi, per cui tanto reo tempo si volse, e vedi 'l grande Achille, 66 che con amore al fine combatteo. |
Ed ecco Elena che fu la causa della lunga e sanguinosa guerra di Troia, ecco Achille che con grande amore combatté. Egli innamorato della figlia di Priamo, Polissena, per amor suo si lasciò uccidere a tradimento. |
Vedi Parìs, Tristano»; e più di mille ombre mostrommi e nominommi a dito, 69 ch'amor di nostra vita dipartille. |
E paris e Tristano e più di mille ombre mi mostrò, "ch'amor di nostra vita" amor mal concepito "dipartille" costrinse ad uccidersi. |
Poscia ch'io ebbi il mio dottore udito nomar le donne antiche e ' cavalieri, 72 pietà mi giunse, e fui quasi smarrito. |
Queste anime prive del corpo fisico che col suicidio avevano ripudiato, ora disincarnate soffrivano senza posa. Dopo che il mio Maestro così mi parlò di donne antiche e cavalieri, io da gran pietà fui smarrito. |
I' cominciai: «Poeta, volontieri parlerei a quei due che 'nsieme vanno, 75 e paion sì al vento esser leggeri». |
Io cominciai: «Poeta, volentieri parlerei con quei due che insieme vanno e paiono andar leggeri, liberi da impedimenti nell'estrinsecazione dei loro profondi sentimenti». |
Ed elli a me: «Vedrai quando saranno più presso a noi; e tu allor li priega 78 per quello amor che i mena, ed ei verranno». |
Virgilio rispose: «Quando saranno più vicini a noi li pregherai in nome di quell'amor che ancor li tiene insieme e loro verranno». |
Sì tosto come il vento a noi li piega, mossi la voce: «O anime affannate, 81 venite a noi parlar, s'altri nol niega!» |
Quando il vento dell'espiazione li spinse a noi più vicini, io a loro parlai e loro, più degli altri intendere potevano il mio parlare in quanto era nell'equilibrio d'amore che essi espiavano insieme: «O anime tormentate, venite a parlar con noi se qualche Legge Divina non ve lo vieta!» |
Quali colombe dal disio chiamate con l'ali alzate e ferme al dolce nido 84 vegnon per l'aere, dal voler portate; |
Come le colombe chiamate dal desiderio del dolce nido s'arrestano con le ali alzate; |
cotali uscir de la schiera ov'è Dido, a noi venendo per l'aere maligno, 87 sì forte fu l'affettüoso grido. |
così quelle anime s'arrestarono e uscendo dalla schiera dell'espiazione dove Dio le aveva poste, attraversarono l'aere malefico e si diressero verso di noi, così forte fu l'affettuoso invito. |
«O animal grazïoso e benigno che visitando vai per l'aere perso 90 noi che tignemmo il mondo di sanguigno, |
«O essere animato grazioso e buono che visitando vai per l'aere del male noi che di sangue tingemmo il mondo, |
se fosse amico il re de l'universo, noi pregheremmo lui de la tua pace, 93 poi c'hai pietà del nostro mal perverso. |
se fossimo nella grazia di Dio, pregheremmo Lui per la tua pace, poiché tu hai pietà del nostro male. |
Di quel che udire e che parlar vi piace, noi udiremo e parleremo a voi, 96 mentre che 'l vento, come fa, ci tace. |
Noi parleremo con voi di quello che parlar vi piace, mentre il vento dell'espiazione si placa, come ora già fa. |
Siede la terra dove nata fui su la marina dove 'l Po discende 99 per aver pace co' seguaci sui. |
La terra che mi dette i natali siede sulla marina dove il Po discende per dar pace a coloro che amano in quel luogo cercar la pace. |
Amor, ch'al cor gentil ratto s'apprende, prese costui de la bella persona 102 che mi fu tolta; e 'l modo ancor m'offende. |
L'amore, che prende facilmente i cuori gentili, nacque nel cuore di costui dalla bella persona, ("bella persona"si intende: buono, gentile, intelligente, evoluto, bello spiritualmente); quest'uomo, dalla bella persona, mi fu strappato con la morte e il modo crudele di quel delitto ancora mi addolora. |
Amor, ch'a nullo amato amar perdona, mi prese del costui piacer sì forte, 105 che, come vedi, ancor non m'abbandona. |
"Amor, ch'a nullo amato amar perdona" si riferisce a quell'amore umanamente sconosciuto che, anche se per nulla è ricambiato, perdonare sa l'amore per il quale il suo sentimento non fu corrisposto. Questo sentimento, che sa dare amore senza chiedere amore, conquistò in modo così completo la persona amata che, come vedi, non mi abbandona neanche dopo la morte. |
Amor condusse noi ad una morte: Caina attende chi a vita ci spense». 108 Queste parole da lor ci fuor porte. Quand'io intesi quell'anime offense, china' il viso e tanto il tenni basso, 111 fin che 'l poeta mi disse: «Che pense?» |
L'amore ci portò ad una stessa morte e grave pena attende chi ci spense alla vita. Da queste parole compresi la sofferenza che travagliava quelle anime. Chinai il capo e tanto lo tenni basso che il Maestro mi domandò: «Che pensi?» |
Quando rispuosi, cominciai: «Oh lasso, quanti dolci pensier, quanto disio 114 menò costoro al doloroso passo!» |
Io gli risposi: «Oh me affranto! quanta dolcezza di amorosi sentimenti menò costoro al doloroso passo!» |
Poi mi rivolsi a loro e parla' io, e cominciai: «Francesca, i tuoi martìri 117 a lagrimar mi fanno tristo e pio. |
Poi mi rivolsi a loro e così parlai: «Francesca, le tue sofferenze mi commuovono sino al pianto. |
Ma dimmi: al tempo d'i dolci sospiri, a che e come concedette Amore 120 che conosceste i dubbiosi disiri?» |
Ma dimmi: nel tempo dei dolci sospiri come si rivelò il vostro reciproco sentimento d'amore?» |
E quella a me: «Nessun maggior dolore che ricordarsi del tempo felice 123 ne la miseria; e ciò sa 'l tuo dottore. |
Ed ella a me: «Nessun dolore è maggiore del ricordo del tempo felice quando si vive nell'infelicità e questo il tuo dotto Maestro ben lo sa. |
Ma s'a conoscer la prima radice del nostro amor tu hai cotanto affetto, 126 dirò come colui che piange e dice. |
Ma se tu hai desiderio di sapere l'origine del nostro amore, io, piangendo, a te parlerò. |
Noi leggiavamo un giorno per diletto di Lancialotto come amor lo strinse: 129 soli eravamo e sanza alcun sospetto. |
Noi leggevamo un giorno per diletto la storia di Lancillotto del Lago, nel punto in cui egli s'innamora della regina Ginevra, moglie di re Artù. Soli eravamo e senza alcun sospetto di ciò che sarebbe in seguito accaduto.
(Francesca, figlia di Guido da Polenta, Signore di Ravenna, fu costretta a sposare, per motivi politici, il deforme, zoppo Cianciotto Malatesta, poi, innamoratasi del cognato Paolo, fu trucidata assieme all'amante). |
Per più fïate li occhi ci sospinse quella lettura, e scolorocci il viso; 132 ma solo un punto fu quel che ci vinse. |
Francesca continua: più volte quella lettura ci spinse a guardarci negli occhi e ci fece impallidire. Ma solo un punto fu che ci sospinse a rivelare l'un all'altro il nostro reciproco amore. |
Quando leggemmo il disïato riso esser basciato da cotanto amante, 135 questi, che mai da me non fia diviso, |
Quando leggemmo che Lancillottto baciava la bocca sorridente di Ginevra, allora costui, che da me mai sarà diviso, |
la bocca mi basciò tutto tremante. Galeotto fu 'l libro e chi lo scrisse: 138 quel giorno più non vi leggemmo avante». |
la bocca mi baciò tutto tremante. Galeotto fu il libro e chi lo scrisse e da quel giorno smettemmo la lettura». |
Mentre che l'uno spirto questo disse, l'altro piangëa; sì che di pietade io venni men così com'io morisse. 142 E caddi come corpo morto cade. |
Mentre uno spirito parlava, l'altro piangeva, così che di pietà io venni meno e parve ch'io morissi. E caddi come corpo morto cade.
Paolo e Francesca furono uccisi perché colpevoli di amarsi. |