nel libero commento di Giovanna Viva
Antipurgatorio: sulla spiaggia dell'isola Dante e Virgilio riprendono il cammino paura di Dante di essere stato abbandonato da Virgilio Manfredi
Avvegna che la subitana fuga dispergesse color per la campagna, 3 rivolti al monte ove ragion ne fruga, |
Avvenne che (al rimprovero di Catone) le anime fuggirono improvvisamente, disperdendosi per la sconfinata prateria della vita, in direzione del monte, dove la giustizia fruga nei reconditi meandri della Coscienza, |
i' mi ristrinsi a la fida compagna: e come sare' io sanza lui corso? 6 chi m'avria tratto su per la montagna? |
allora mi strinsi alla fida compagnia del mio maestro: e come sarei andato io senza di lui per il sentiero della salvezza? chi mi avrebbe condotto verso la vetta suprema? |
El mi parea da sé stesso rimorso: o dignitosa coscïenza e netta, 9 come t'è picciol fallo amaro morso! |
Virgilio mi pareva per se stesso turbato: o Coscienza nobile e pura, come anche una piccola grinza può procurarti amaro rimorso! |
Quando li piedi suoi lasciar la fretta, che l'onestade ad ogn'atto dismaga, 12 la mente mia, che prima era ristretta, |
Quando il maestro ebbe rallentato il passo, lasciando quella fretta che altera ogni atto, la mente mia che prima era concentrata al pensiero di quanto era accaduto, |
lo 'ntento rallargò, sì come vaga, e diedi 'l viso mio incontr'al poggio 15 che 'nverso 'l ciel più alto si dislaga. |
rivolse l'attenzione ad altre cose, ed io alzai lo sguardo al monte, che più in alto nel cielo si espande. |
Lo sol, che dietro fiammeggiava roggio, rotto m'era dinanzi a la figura, 18 ch'avëa in me de' suoi raggi l'appoggio. |
Il sole, che dietro di noi fiammeggiava infuocato, disegnava l'appoggio dei suoi raggi, che si interrompevano sul mio corpo fisico, nell'ombra che si stagliava davanti a me. |
Io mi volsi dallato con paura d'essere abbandonato, quand'io vidi 21 solo dinanzi a me la terra oscura; |
Allora che io vidi soltanto la mia ombra riflessa mi volsi di lato per paura di essere stato abbandonato dal mio maestro; |
e 'l mio conforto: «Perché pur diffidi?», a dir mi cominciò tutto rivolto; 24 «non credi tu me teco e ch'io ti guidi? |
e Virgilio: «Perché diffidi di me?», e piantandosi davanti a me con tutta la sua persona, cominciò, a dire: «non credi che io sia sempre qui con te e che ti guidi? |
Vespero è già colà dov'è sepolto lo corpo dentro al quale io facea ombra: 27 Napoli l'ha, e da Brandizio è tolto. |
È ormai vespro, nel tempo che avanza verso l'alba della nuova era; è vespro nel mondo dove fu sepolto il mio corpo col quale anch'io facevo ombra. Il mio corpo è a Napoli e vi fu portato da Brindisi.
Com'è noto, Virgilio morì il 22 settembre del 19 a.C. a Brindisi e poi fu trasportato a Napoli. |
Ora, se innanzi a me nulla s'aombra, non ti maravigliar più che d'i cieli 30 che l'uno a l'altro raggio non ingombra. |
Ora, se innanzi a me non scorgi ombra, non meravigliarti, poiché "d'i cieli" delle diverse dimensioni una forma di luce non urta l'altra, vibrante di energia diversa.
Tutto è luce, anche la materia è forma di luce condensata da velocità vibratoria, che rende le cellule compatte. |
A sofferir tormenti, caldi e geli simili corpi la Virtù dispone 33 che, come fa, non vuol ch'a noi si sveli. |
La Perfezione Divina crea simili corpi pesanti di dolorosa materia densa, con la predisposizione a patire varie forme di tormento fisico, e, come fa non vuole che sia a noi svelato.
I tormenti serviranno a cancellare le colpe e a ristabilire nell'anima l'equilibrio perduto nel male operare. |
Matto è chi spera che nostra ragione possa trascorrer la infinita via 36 che tiene una sustanza in tre persone. |
È stoltezza sperare che la limitata ragione umana possa facilmente percorrere l'infinita via (della Conoscenza e penetrare la Realtà Vitale della Mente Divina) che tiene una sostanza in tre persone (nella perfezione dei propri attributi, è distinta in tre persone: "Una e Trina").
Anche l'uomo è una Trinità formata da anima, corpo e Spirito. Nelle scritture sacre si legge che il corpo fisico e il corpo animico sono collegati allo Spirito, il quale può attarversare all'infinito la Barriera Celeste, ma resta il mistero primo ed ultimo del Suo operare. |
State contenti, umana gente, al quia; ché se potuto aveste veder tutto, 39 mestier non era parturir Maria; |
Siate contente, umane genti, di conoscere la verità come è fornita e riferita, senza pretendere di poterla razionalizzare, misurare con il limitato metro del vostro intelletto, poiché se foste stati capaci di intendere tutto, "mestier non era parturir Maria" non avreste avuto bisogno di un Cristo redentore del peccato; |
e disïar vedeste sanza frutto tai che sarebbe lor disio quetato, 42 ch'etternalmente è dato lor per lutto: |
e vedeste gli uomini desiderare la pace, senza speranza, e nella sconoscenza che il frutto del dolore, che eternamente è dato loro veder per lutto, "tai che sarebbe lor disio quetato" altro non è che la spinta che conduce verso il Traguardo di una nuova Luce: |
io dico d'Aristotile e di Plato e di molt'altri»; e qui chinò la fronte, 45 e più non disse, e rimase turbato. |
mi riferisco ad Aristotile e Platone e a molti altri»; e qui chinò la testa, più non disse e rimase turbato. |
Noi divenimmo intanto a piè del monte; quivi trovammo la roccia sì erta, 48 che 'ndarno vi sarien le gambe pronte. |
Giungemmo intanto ai piedi del "monte" (lì dove la vetta maggiormente si eleva nella Conoscenza consentita alle anime del Purgatorio); ma vi trovammo la roccia così alta che ogni agilità delle gambe sarebbe stata cosa inutile (in contrasto alla ragione umana che s'illude di poter da sola proseguire sulla via che porta al "Monte").
La ragione umana disconosce la realtà della ineluttabile eterna Intelligenza Cosmica, che ha composto il veicolo fisico umano equipaggiandolo di tutti quegli elementi necessari per intraprendere nella legge limitata del tempo, il viaggio più o meno lungo e a mettere in moto gli ingranaggi intellettivi più o meno sviluppati, a seconda del numero delle vite già vissute; e pertanto "'ndarno vi sarien le gambe pronte". |
Tra Lerice e Turbìa la più diserta, la più rotta ruina è una scala, 51 verso di quella, agevole e aperta. |
Il più accessibile dirupo roccioso esistente tra Lerici, nel golfo di La Spezia, e Turbia, nella impervia riviera ligure è, in confronto, una scala agevole e aperta. |
«Or chi sa da qual man la costa cala», disse 'l maestro mio fermando 'l passo, 54 «sì che possa salir chi va sanz'ala?» |
«Ora chissà da quale parte la costa s'abbassa», disse Virgilio fermandosi, «così che possa salire chi va sanza ali?» |
E mentre ch'e' tenendo 'l viso basso essaminava del cammin la mente, 57 e io mirava suso intorno al sasso, |
E mentre egli a capo chino esaminava il cammino, che avrebbe consentito l'ascesa di un così impervio dirupo, ed io guardavo sù intorno al sasso, |
da man sinistra m'apparì una gente d'anime, che movieno i piè ver' noi, 60 e non pareva, sì venïan lente. |
dalla sinistra mi apparve una schiera di anime, le quali proseguivano verso di noi, ma tanto lentamente, che pareva non camminassero. |
«Leva», diss'io, «maestro, li occhi tuoi: ecco di qua chi ne darà consiglio, 63 se tu da te medesmo aver nol puoi». |
«Alza», dissi io, «gli occhi tuoi, Maestro: ecco di qua chi ci darà consiglio, se non riesci da solo a prendere una decisione». |
Guardò allora, e con libero piglio rispuose: «Andiamo in là, ch'ei vegnon piano; 66 e tu ferma la spene, dolce figlio». |
Egli allora guardò e con sereno aspetto mi rispose: «Andiamo loro incontro, che essi vengono piano (la insufficiente evoluzione non consente loro un passo più spedito sul camino evolutivo), e tu rinsalda la speranza, dolce figlio». |
Ancora era quel popol di lontano, i' dico dopo i nostri mille passi, 69 quanto un buon gittator trarria con mano, |
Dopo aver noi fatto un migliaio di passi, la turba era ancora lontana, quanto un valente tiratore riuscirebbe a scagliare un sasso con la mano, |
quando si strinser tutti ai duri massi de l'alta ripa, e stetter fermi e stretti 72 com'a guardar, chi va dubbiando, stassi. |
quando vedendoci si strinsero tutti ai duri massi dell'altra ripa e stettero fermi e stretti come stanno a guardare quelli pieni di dubbio (che si arrestano per paura di fronte alle divine rivelazioni e si stringono alle roccie delle ottuse errate interpretazioni, rallentando così il loro passo evolutivo). |
«O ben finiti, o già spiriti eletti», Virgilio incominciò, «per quella pace 75 ch'i' credo che per voi tutti s'aspetti, |
«Ben arrivati sul cammino della vita, o spiriti eletti», Virgilio incominciò, «per quella pace che, io credo, da voi tutti è attesa, |
ditene dove la montagna giace, sì che possibil sia l'andare in suso; 78 ché perder tempo a chi più sa più spiace». |
diteci dove la "montagna" giace meno ripida, così che più facile sia per noi l'ascesa, poiché il procedere lentamente, a chi più conosce il Vero, più spiace».
Chi più conosce il vero sa cosa significa il perder tempo nelle esperienze di vita necessarie all'evoluzione. Come le cellule del corpo umano, le quali nel lento pulsare vanno predisponendosi a disordinate vibrazioni e vanno incontro a malattie, così anche le "celluleuomo", nel lento ritmo vitale, scivolano in vibrazioni negative, in un modo errato di pensare e di agire, nuocendo al prossimo e a se stessi. |
Come le pecorelle escon del chiuso a una, a due, a tre, e l'altre stanno 81 timidette atterrando l'occhio e 'l muso; |
Come le pecorelle escono dal recinto a una, a due, a tre e le altre stanno timidette, atterrando l'occhio e il muso; |
e ciò che fa la prima, e l'altre fanno, addossandosi a lei, s'ella s'arresta, 84 semplici e quete, e lo 'mperché non sanno; |
e ciò che fa la prima fanno le altre, addossandosi ad essa se essa si arresta, semplici e quiete senza conoscerne il motivo; |
sì vid'io muovere a venir la testa di quella mandra fortunata allotta, 87 pudica in faccia e ne l'andare onesta. |
così io vidi muovere e venire i primi di quella schiera fortunata di trovarsi sul cammino purgatoriale, umile e dignitosa nell'aspetto e nel portamento. |
Come color dinanzi vider rotta la luce in terra dal mio destro canto, 90 sì che l'ombra era da me a la grotta, |
Appena i primi della schiera videro la luce del sole interrotta dal mio corpo denso, che proiettava la sua ombra dai miei piedi fino alla roccia, |
restaro, e trasser sé in dietro alquanto, e tutti li altri che venièno appresso, 93 non sappiendo 'l perché, fenno altrettanto. |
si fermarono e ritrassero un poco indietro e tutti gli altri che li seguivano, non sapendo perché, fecero lo stesso. |
«Sanza vostra domanda io vi confesso che questo è corpo uman che voi vedete; 96 per che 'l lume del sole in terra è fesso. |
«Senza vostra domanda io vi chiarisco che questo corpo che voi vedete è in dimensione umana ed è per questo che la sua materia densa e pesante interrompe la luce. |
Non vi maravigliate, ma credete che non sanza virtù che da ciel vegna 99 cerchi di soverchiar questa parete». |
Non vi meravigliate, ma credete che per Volontà Divina egli cerca di oltrepassare i confini della sua dimensione». |
Così 'l maestro; e quella gente degna «Tornate», disse, «intrate innanzi dunque», 102 coi dossi de le man faccendo insegna. |
Così disse il maestro e quelle anime degne «Tornate sui vostri passi», dissero, «e andate sempre avanti», facendo cenno coi dorsi delle mani. |
E un di loro incominciò: «Chiunque tu se', così andando, volgi 'l viso: 105 pon mente se di là mi vedesti unque». |
E uno di loro, mi disse: «Chiunque tu sia, che vai oltre il tuo piano di luce (se è vero che il tuo cammino è voluto dal Cielo, ed i tuoi sensi pertanto sono in sintonia con la nostra frequenza energetica), volgi il viso: e poni mente se, di là della tua dimensione, vedessi il mio (di più lieve materia)».
Qui conviene ricordare che l'occhio umano percepisce nella gamma energetrica racchiusa fra 0,38 e 0,75 micron e che i valori energetici dell'uomo del pianeta Terra si manifestano attraverso l'energia esistente nel "Raggio di Luce Bianca" che, urtando contro i vari strati dell'atmosfera, produce una gamma di colori circoscritta, oltre la quale l'uomo terrestre non è sintonizzato. |
Io mi volsi ver lui e guardail fiso: biondo era e bello e di gentile aspetto, 108 ma l'un de' cigli un colpo avea diviso. |
Io mi volsi verso di lui e lo fissai: era biondo, bello e di gentile aspetto, ma aveva un sopracciglio spaccato da un colpo. |
Quand'io mi fui umilmente disdetto d'averlo visto mai, el disse: «Or vedi»; 111 e mostrommi una piaga a sommo 'l petto. |
Quando io ebbi umilmente affermato di non averlo mai veduto, egli mi disse: «Or vedi»; e mi mostrò una piaga che aveva nella parte superiore del petto. |
Poi sorridendo disse: «Io son Manfredi, nepote di Costanza imperadrice; 114 ond'io ti priego che, quando tu riedi, |
Poi (dopo che ebbe fugato ogni dubbio sulla mia persona) sorridendo mi disse: «Io son Manfredi, nipote di Costanza imperatrice; perciò ti prego che, quando ritorni nel tuo mondo, |
vadi a mia bella figlia, genitrice de l'onor di Cicilia e d'Aragona, 117 e dichi 'l vero a lei, s'altro si dice. |
vada dalla mia bella figlia che generò l'onore di Sicilia e d'Aragona e dica il vero a lei (del mio stato di grazia e che la "scomunica", maledizione dei sacerdoti, che mi condannava alla disperazione eterna, nulla mi ha tolto della Misericordia del Divino Amore, e dille il Vero sulle Leggi Universali, tu che hai conosciuto), se pur altro si dice (nel mondo cieco, che ignora le grandi Verità). |
Poscia ch'io ebbi rotta la persona di due punte mortali, io mi rendei, 120 piangendo, a quei che volontier perdona. |
Dopo che io ebbi il corpo trafitto da due ferite mortali, che mi resero meritevole di grazia, mi affidai, piangendo, a Colui che volentieri perdona. |
Orribil furon li peccati miei; ma la bontà infinita ha sì gran braccia, 123 che prende ciò che si rivolge a lei. |
I miei peccati furono orribili, ma la Bontà di Dio è infinita ed ha così gran braccia, che salva chiunque ad essa si affidi. |
Se 'l pastor di Cosenza, che a la caccia di me fu messo per Clemente allora, 126 avesse in Dio ben letta questa faccia, |
Se il cardinale, vescovo di Cosenza, che fu mandato alla mia caccia dal papa Clemente IV, avesse "in Dio ben letta questa faccia" conosciuto questo misericordioso aspetto della Suprema Bontà, |
l'ossa del corpo mio sarieno ancora in co del ponte presso a Benevento, 129 sotto la guardia de la grave mora. |
le ossa del mio corpo sarebbero ancora sul ponte del fiume Calore, presso Benevento, seppellite sotto "la guardia de la grave mora" il cumulo di pietre (eretto dai soldati di Carlo d'Angiò, ognuno dei quali gettò un sasso sul mio corpo). |
Or le bagna la pioggia e move il vento di fuor dal regno, quasi lungo 'l Verde, 132 dov'e' le trasmutò a lume spento. |
Ora le bagna la pioggia e le muove il vento fuori della mia terra di Napoli, quasi sulla riva del fiume Verde, dove "le trasmutò a lume spento" il vescovo le trasportò a ceri spenti.
Secondo il decreto ecclesiastico, che non permetteva agli scomunicati di venire seppelliti nella terra consacrata dei cimiteri e, quale altro oltraggio ad essi riservato, ordinava di trasportarli fuori da queste terre a ceri spenti e capovolti. |
Per lor maladizion sì non si perde, che non possa tornar, l'etterno amore, 135 mentre che la speranza ha fior del verde. |
Per le scomuniche, maledizioni dei sacerdoti, non si perde l'eterno Amore Divino, così che l'anima non possa tornare a Dio nell'atteso Gran Giorno, mentre è questa la sola speranza che è "fior del verde" fiore della verdeggiante energia vitale della terrena esistenza. |
Vero è che quale in contumacia more di Santa Chiesa, ancor ch'al fin si penta, 138 star li convien da questa ripa in fore, |
Vero è invece che quel sacerdote che si sottrae alle regole "more in contumacia" di Santa Chiesa, così come concepita dal misericordioso Pensiero Divino, anche se alla fine si pente, gli conviene stare "da questa ripa in fore" al di fuori, cioè lontano, dalla Chiesa e dall'abito sacerdotale. |
per ognun tempo ch'elli è stato, trenta, in sua presunzïon, se tal decreto 141 più corto per buon prieghi non diventa. |
per ogni vita vissuta, nella umana dimensione del tempo, con la sua presunzione (di potersi sostituire a Dio, vituperando, uccidendo e perseguitando in nome Suo), dovrà espiare, nel corso di lunghi cicli di reincarnazione questa pesante colpa, a meno che tale decreto non venga mitigato per intercessione di "buone preghiere" (provenienti da creature degne di tale missione). |
Vedi oggimai se tu mi puoi far lieto, revelando a la mia buona Costanza come m'hai visto, e anco esto divieto; 145 ché qui per quei di là molto s'avanza». |
Vedi, ormai, se puoi farmi lieto, rivelando alla mia buona Costanza lo stato di pace in cui mi hai visto, spiegandole anche che la scomunica e il suo divieto (quale maledizione dei sacerdoti), non ha attinenza alcuna con il Divino Amore (che Gesù ci portò, a prezzo del Suo Sacrificio sulla Croce)». |