La Commedia
di Dante Alighieri

alla luce della Filosofia Cosmica
in chiave parapsicologica

PURGATORIO ­ Canto V

nel libero commento di Giovanna Viva

[linea separazione]

Antipurgatorio: secondo balzo ­ ripresa della salita ­ le anime dei negligenti "per forza morti" ­ Jacopo del Cassero ­ Buonconte da Montefeltro ­ Pia de' Tolomei



       Io era già da quell'ombre partito,
     e seguitava l'orme del mio duca,
   3 quando di retro a me, drizzando 'l dito,

Allontanatomi dalle ombre dei pigri, ripresi a salire seguendo Virgilio, quando uno di loro, vedendo me (che, se pure in corpo denso, grazie alla leggerezza cellulare raggiunta, pareva sfiorassi anch'io terra con i piedi), indicandomi col dito,

       una gridò: «Ve' che non par che luca
     lo raggio da sinistra a quel di sotto,
   6 e come vivo par che si conduca!»

gridò: «Guardate come la luce del sole si arresta di colpo sul corpo di quello che sale per ultimo, pur se come vivo in questa dimensione par si comporti!»

       Li occhi rivolsi al suon di questo motto,
     e vidile guardar per maraviglia
   9 pur me, pur me, e 'l lume ch'era rotto.

Mi volsi al suo di quella voce, e vidi tutti guardare con meraviglia sia me che la luce arrestata sul mio corpo.

Il corpo di Dante proiettava ombra e lo distingueva da tutte quelle anime.


       «Perché l'animo tuo tanto s'impiglia»,
     disse 'l maestro, «che l'andare allenti?
  12 che ti fa ciò che quivi si pispiglia?

«Perché l'animo tuo tanto divaga», disse Virgilio, «che l'andare allenti? impigliandosi in ciò che si bisbiglia?

Virgilio temeva che quelle manifestazioni di meravigia attardassero il cammino di Dante.


       Vien dietro a me, e lascia dir le genti:
     sta come torre ferma, che non crolla
  15 già mai la cima per soffiar di venti;

Vieni dietro a me, e non ti curar dell'altrui giudizio: stai come torre ferma che non crolla, come cima che giammai si muove al soffiar dei venti;

       ché sempre l'omo in cui pensier rampolla
     sovra pensier, da sé dilunga il segno,
  18 perché la foga l'un de l'altro insolla».

poiché l'uomo, il cui pensiero tentenna, facilmente viene distratto e s'attarda nell'ascesa, quando la foga del pensiero dell'altro lo coinvolge e gli arresta il cammino».

       Che potea io ridir, se non «Io vegno»?
     Dissilo, alquanto del color consperso
  21 che fa l'uom di perdon talvolta degno.

Come potevo rispondergli, se non «Io vengo»? Lo dissi accettando il suo saggio consiglio e le sue esortazioni, con quella vergogna che arrossa il viso e rende l'uomo degno di perdono.

       E 'ntanto per la costa di traverso
     venivan genti innanzi a noi un poco,
  24 cantando 'Miserere' a verso a verso.

E intanto in direzione trasversale, lungo la costa del monte, venivano persone un po' più avanti di noi, cantando 'Miserere' "a verso a verso" da espiazione a espiazione.

       Quando s'accorser ch'i' non dava loco
     per lo mio corpo al trapassar d'i raggi,
  27 mutar lor canto in un «oh!» lungo e roco;

Quando quelle anime si accorsero che il mio corpo non dava spazio al trapassare dei raggi, mutarono il canto in un prolungato «oh!» di meraviglia, lungo e roco;

       e due di loro, in forma di messaggi,
     corsero incontr'a noi e dimandarne:
  30 «Di vostra condizion fatene saggi».

e due di loro ci corsero incontro come messaggeri per domandarci: «Dateci notizia delle vostre condizioni di vita».

       E 'l mio maestro: «Voi potete andarne
     e ritrarre a color che vi mandaro
  33 che 'l corpo di costui è vera carne.

E il mio maestro: «Voi potete riferire a coloro che vi mandarono che il corpo di costui "è vera carne" di materia vibrante in dimensione umana.

       Se per veder la sua ombra restaro,
     com'io avviso, assai è lor risposto:
  36 fàccianli onore, ed esser può lor caro».

(Le Forze Cosmiche vivificano e ristabiliscono l'Equilibrio del Cammino Evolutivo, attraverso la Conoscenza).
Se per vedere la sua ombra arrestarono il cammino, come io penso, li ho soddisfatti con la mia risposta. Il desiderio di Conoscenza, tanto gradito al Cielo, " fàccianli onore" faccia loro onore e può essere loro cara la mia chiarificazione (che costituisce, quale spinta evolutiva, un tassello del mosaico della Grande Verità)».

       Vapori accesi non vid'io sì tosto
     di prima notte mai fender sereno,
  39 né, sol calando, nuvole d'agosto,

Non vidi mai vapori accesi di prima notte, né al tramonto tra nuvole d'agosto, fendere così rapidamente il sereno del cielo,

       che color non tornasser suso in meno;
     e, giunti là, con li altri a noi dier volta
  42 come schiera che scorre sanza freno.

come vidi tornare su con le altre le due anime a riferire il messaggio, poi tutte si allontanarono veloci come schiera che scorre senza freno.

       «Questa gente che preme a noi è molta,
     e vegnonti a pregar», disse 'l poeta:
  45 «però pur va, e in andando ascolta».

«Molti sono gli uomini desiderosi di Conoscenza, e questi vegono a chiedere il tuo aiuto», disse il poeta: «però tu non fermarti e nel proseguire ascolta».

       «O anima che vai per esser lieta
     con quelle membra con le quai nascesti»,
  48 venian gridando, «un poco il passo queta.

«O anima che vai per esser lieta con quelle membra con le quali nascesti», mi raggiungevano voci diverse, «rallenta un poco il passo.

       Guarda s'alcun di noi unqua vedesti,
     sì che di lui di là novella porti:
  51 deh, perché vai? deh, perché non t'arresti?

Guarda se alcuno di noi conosci, affinché tu possa portare di lui notizie al mondo umano: deh, perché vai? deh perché non ti fermi?

       Noi fummo tutti già per forza morti,
     e peccatori infino a l'ultima ora;
  54 quivi lume del ciel ne fece accorti,

Noi fummo uccisi e peccatori fino all'ultima ora; qui, in questo momento la Luce Divina ci illumina il pensiero (la dolorosa morte ci purificò e ci rese consapevoli dei nostri trascorsi errori, la Grazia ci pervase),

       sì che, pentendo e perdonando, fora
     di vita uscimmo a Dio pacificati,
  57 che del disio di sé veder n'accora».

così che pentendoci e perdonando chi ci dette la morte, uscimmo dalla sfera espiativa nella pace di Dio, ed ora ci accora il desiderio di giungere alla Vetta Suprema».

       E io: «Perché ne' vostri visi guati,
     non riconosco alcun; ma s'a voi piace
  60 cosa ch'io possa, spiriti ben nati,

E io: «Non riconosco di voi nessuno che mi sia noto, ma se volete così che io possa, spiriti ben nati,

       voi dite, e io farò per quella pace
     che, dietro a' piedi di sì fatta guida
  63 di mondo in mondo cercar mi si face».

ditemi i vostri nomi, ed io vi aiuterò per quella pace che cerco andando di mondo in mondo, seguendo i passi di sì alta guida che la Grazia mi concede».

       E uno incominciò: «Ciascun si fida
     del beneficio tuo sanza giurarlo,
  66 pur che 'l voler nonpossa non ricida.

Ed uno di loro disse: «Ciascuno di noi si fida della tua promessa, pur che alcuna Legge Divina non impedisca l'aiuto.

       Ond'io, che solo innanzi a li altri parlo,
     ti priego, se mai vedi quel paese
  69 che siede tra Romagna e quel di Carlo,

perciò io, che ti parlo prima degli altri, ti prego, se mai vedessi il paese di Fano, che risiede tra la Romagna e la terra di Carlo d'Angiò, il regno di Napoli,

       che tu mi sie di tuoi prieghi cortese
     in Fano, sì che ben per me s'adori
  72 pur ch'i' possa purgar le gravi offese.

che tu mi usi la cortesia di dire ai congiunti e agli amici di Fano, di pregare per me affinché la preghiera (proveniente da persone in grazia di Dio), mi aiuti ad iniziare l'espiazione nel Purgatorio delle mie gravi colpe.

       Quindi fu' io; ma li profondi fóri
     ond'uscì 'l sangue in sul quale io sedea,
  75 fatti mi fuoro in grembo a li Antenori,

Io nacqui in Fano, ma le ferite mortali sul corpo nel quale aveva sede la mia anima, mi furono inflitte "in grembo a li Antenori" nei pressi di Padova, fondata dal principe troiano Antenore,

       là dov'io più sicuro esser credea:
     quel da Esti il fé far, che m'avea in ira
  78 assai più là che dritto non volea.

là dove io più sicuro mi credevo: Azzolino d'Este mi fece uccidere; egli mi odiava più di quanto fosse guisto.

       Ma s'io fosse fuggito inver' la Mira,
     quando fu' sovragiunto ad Orïaco,
  81 ancor sarei di là dove si spira.

Se fossi fuggito verso Mira, quando fui raggiunto ad Oriaco, mi sarei salvato.

       Corsi al palude, e le cannucce e 'l braco
     m'impigliar sì ch'i' caddi; e lì vid'io
  84 de le mie vene farsi in terra laco».

Corsi a nascondermi nella palude, e lì tra le piante palustri m'impigliai, caddi; e lì vidi formarsi per terra un lago del mio sangue».

       Poi disse un altro: «Deh, se quel disio
     si compia che ti tragge a l'alto monte,
  87 con buona pïetate aiuta il mio!

Poi un altro disse: «Possa esaudirsi il tuo desiderio di salire rapido il monte, con spirito di carità aiutami a realizzare la stessa aspirazione!

       Io fui di Montefeltro, io son Bonconte;
     Giovanna o altri non ha di me cura;
  90 per ch'io vo tra costor con bassa fronte».

Io fui Bonconte di Montefeltro; né mia moglie Giovanna né altri hanno cura di pregare per me; perciò io vado con costoro umiliato e triste».

       E io a lui: «Qual forza o qual ventura
     ti travïò sì fuor di Campaldino,
  93 che non si seppe mai tua sepultura?»

E io a lui: «Quale destino o sventura ti portò fuori da Campaldino, tanto che mai si seppe il luogo di tua sepoltura?»

       «Oh!», rispuos'elli, «a piè del Casentino
     traversa un'acqua c'ha nome l'Archiano,
  96 che sovra l'Ermo nasce in Apennino.

«Oh!», egli rispose, «ai piedi del Casentino traversa un fiume che ha nome Archiano, che nasce sopra l'Ermo in Appennino.

       Là 've 'l vocabol suo diventa vano,
     arriva' io forato ne la gola,
  99 fuggendo a piede e sanguinando il piano.

Là dove si spegne il suo nome (allor che l'acqua si riversa nell'Arno), io arrivai ferito nella gola, fuggendo a piedi e insanguinando il piano.

       Quivi perdei la vista e la parola;
     nel nome di Maria fini', e quivi
 102 caddi, e rimase la mia carne sola.

Qui perdetti la vista e la parola; finì col nome di Maria e qui caddi e rimase solo il mio corpo fisico.

       Io dirò vero e tu 'l ridì tra ' vivi:
     l'angel di Dio mi prese, e quel d'inferno
 105 gridava: "O tu del ciel, perché mi privi?

Io ti dirò il vero e tu lo ripeterai tra i vivi, in dimensione umana: l'angelo di Dio mi prese con sé, mentre l'angelo dell'Inferno gridava: "O tu del ciel, perché mi privi?

       Tu te ne porti di costui l'etterno
     per una lagrimetta che 'l mi toglie;
 108 ma io farò de l'altro altro governo!"

Tu porti con te la sua animica parte eterna, per una lacrimetta che ti versa; ma io farò dell'altra parte altro governo (ristabilirò in lui l'equilibrio perduto, con la mia opera purificatrice)!"

       Ben sai come ne l'aere si raccoglie
     quell'umido vapor che in acqua riede,
 111 tosto che sale dove 'l freddo il coglie.

Tu sai certamente (continuò Bonconte) come nell'aria si raccoglie il vapore che ricade in pioggia, dopo essersi condensato nel piano freddo dell'aria.

       Giunse quel mal voler che pur mal chiede
     con lo 'ntelletto, e mosse il fummo e 'l vento
 114 per la virtù che sua natura diede.

Così giunse quel mal volere che, se pur mal chiede con l'intelletto, tramuta il Male in Bene (come "quell'umido vapor che in acqua riede" ritorna) e mosse il fumo e il vento per mezzo della potenza purificatrice che la sua natura diede.

[chiarificazioni purgatorio] l'angel di Dio mi prese, e quel d'inferno gridava ­ v. 104­105 [chiarificazione precedente] [chiarificazione seguente]

Questa disputa tra l'Angelo bianco e l'Angelo nero, entrambi Angeli al servizio di Dio, se pur in differente missione, viene raccontata da Bonconte, affinché Dante la ripeta tra i vivi, che non conoscono le Leggi Divine della Vita e della Morte.
L'Angelo punitore voleva riportare all'anima l'Equilibrio che era stato disarmonizzato col peccato, essendo il corpo fisico il terminale dell'anima, si prefiggeva di ristabilirlo, attraverso il dolore fisico.
(Sia il dispiacere dell'anima che il dolore fisico raggiungono entrambi la stessa purificazione).
A tal punto il lettore, al buio delle Leggi Divine, si domanderà:
"Come potrebbe ristabilirsi l'equilibrio perduto, se la parte mortale, il corpo, è morto e insensibile, poiché privo di anima?"
Come già affermato nel Canto I ­ v. 25­27 dell'Inferno, per un tempo approssimativo ai tre giorni, dopo che il cuore ha cessato di battere, l'anima resta ancora collegata al suo involucro fisico attraverso un filo di energia che rende il corpo perfettamente sensibile, come nella vita così per tre giorni dopo la "morte" e pertanto Bonconte dice:
"Così sul Pratomagno giunse quel male proveniente da ferrea volontà che lo richiede e che la forza evolutiva concede, e mosse il fumo e il vento".

[chiarificazioni purgatorio] [chiarificazione precedente] [chiarificazione seguente]



       Indi la valle, come 'l dì fu spento,
     da Pratomagno al gran giogo coperse
 117 di nebbia; e 'l ciel di sopra fece intento,

Poi quando il di' fu spento nelle tenebre della notte, il gran giogo della disarmonia delle forze naturali coperse il Pratomagno e una densa nebbia offuscò la Terra e il cielo,

       sì che 'l pregno aere in acqua si converse;
     la pioggia cadde e a' fossati venne
 120 di lei ciò che la terra non sofferse;

così il pregno aere si convertì in acqua; la pioggia cadde sferzante e copiosa nei fossati in una tempesta che mai prima di allora quella terra aveva sofferto;

       e come ai rivi grandi si convenne,
     ver' lo fiume real tanto veloce
 123 si ruinò, che nulla la ritenne.

e come avviene nelle grandi cascate, che si gettano verso il fiume così veloce, si rovesciò quell'acqua che nulla la ritenne.

       Lo corpo mio gelato in su la foce
     trovò l'Archian rubesto; e quel sospinse
 126 ne l'Arno, e sciolse al mio petto la croce

Il mio corpo gelato si rivoltò nella ghiaia e l'Archiano, nelle forze della natura disastrata, lo sospinse nel fondo dell'Arno, e si sciolse così dal mio petto la croce del peccato

       ch'i' fe' di me quando 'l dolor mi vinse;
     voltòmmi per le ripe e per lo fondo,
 129 poi di sua preda mi coperse e cinse».

nella Grazia, quando il dolore mi vinse e la tempesta mi rivoltò contro gli scogli e nel fondo del fiume, il mio corpo gonfio di rena e di melma rimase sepolto sotto la ghiaia».

Così Bonconte svelò la sua fine, il suo sconosciuto luogo di sepoltura e lo svolgersi della eterna Legge di Giustizia, che Dante avrebbe portato alla conoscenza umana.


       «Deh, quando tu sarai tornato al mondo,
     e riposato de la lunga via»,
 132 seguitò 'l terzo spirito al secondo,

«Deh, quando tu sarai tornato nel tuo mondo e riposato dalla lunga via», intervenne un terzo, dopo il secondo spirito,

       «ricorditi di me, che son la Pia:
     Siena mi fé, disfecemi Maremma:
     salsi colui che 'nnanellata pria
 136   disposando m'avea con la sua gemma».

«ricordati di me, che son la Pia: nacqui a Siena, morii in Maremma: si svegli dalla lunga morte umana colui che prima di uccidermi mi aveva inanellata con la sua gemma».

Di fronte a Dante, Pia de' Tolomei non dice né perché, né come era stata uccisa. Ella ha perdonato il suo assassino, che non nomina neppure.

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