nel libero commento di Giovanna Viva
Anime dei combattenti per la fede Cacciaguida mostra a Dante le altre anime beate ascesa al cielo le lettere luminose e la figura dell'aquila imperiale invettiva di Dante contro la Curia romana e l'avarizia degli ecclesiastici.
Già si godeva solo del suo verbo quello specchio beato, e io gustava 3 lo mio, temprando col dolce l'acerbo; |
Già Cacciaguida, specchio beato, in cui si riflette la luce divina, godeva intimamente del suo pensiero ed io assaporavo il mio, temprando la parte di me, ancora involuta, con quella dolce della sua ormai già matura evoluzione; |
e quella donna ch'a Dio mi menava disse: «Muta pensier; pensa ch'i' sono 6 presso a colui ch'ogne torto disgrava». |
e Beatrice, che mi elevava verso pił alte dimensioni, mi disse: «Muta pensiero, pensa che io appartengo al piano di luce di Colui che alleggerisce ogni colpa». |
Io mi rivolsi a l'amoroso suono del mio conforto; e qual io allor vidi 9 ne li occhi santi amor, qui l'abbandono: |
A queste parole affettuose, quale luce d'amore io vidi risplendere negli occhi suoi santi, rinuncio a descrivere, |
non perch'io pur del mio parlar diffidi, ma per la mente che non può redire 12 sovra sé tanto, s'altri non la guidi. |
non solo perché io non ho fiducia nella capacità espressiva delle mie parole, ma anche perché la memoria non può riportare ciò che si svolge al di sopra di noi se la grazia divina non la guida. |
L'uomo della Terra ha sempre ricevuto dai Fratelli del Cielo guida ed aiuto. In tutti i tempi lo Spirito Divino ha guidato gli uomini, specie mentalmente. Non sempre costoro ascoltarono gli illuminati, preferirono piuttosto seguire i loro capi, che esercitavano enorme potere sulle loro pecore e ne esercitano tutt'ora. Non solo l'uomo ignaro, sarà chiamato a rispondere delle sue azioni, ma anche tutti coloro che si chiamano «servi del Signore», i quali pretendono di insegnare la complessa Veritą di Dio, solo sotto l'aspetto dei dogmi limitanti.
Infatti il Signore dice:
«ciechi guidano ciechi ed entrambi cadono nella fossa». Questo potere viene loro conferito dal popolo ignorante, che presta loro fede ciecamente, senza esaminare con profondo discernimento.
Chi vuole entrare nel Regno dei Cieli deve portare questo Regno con sé. Il paradiso e l'inferno sono insiti in ogni uomo. Chi purifica la propria anima crea in essa il paradiso, poiché permette alle alte forze « Legge di Dio», di scorrere dentro di sé; esso parla ed agisce secondo le istruzioni del Signore. Chi, invece, si lega solo alla Terra e lascia libero corso alle abitudini umane, si crea l'inferno. Costui dovrà subire i tormenti che si è procurato da sé, o in questa vita, o nelle sfere di purificazione, o in una prossima incarnazione.
Tanto poss'io di quel punto ridire, che, rimirando lei, lo mio affetto 15 libero fu da ogne altro disire, |
Solo questo io posso ridire di quel momento, poiché, guardando lei, il mio animo fu lontano da ogni altro desiderio, |
fin che 'l piacere etterno, che diretto raggiava in Beatrice, dal bel viso 18 mi contentava col secondo aspetto. |
finché l'eterna divina bellezza da Beatrice irraggiava, io ero appagato dal suo secondo aspetto, (cioè dalla sua bellezza fisica che di fronte alla spirituale era in secondo piano).
Il Soffio dello Spirito Santo (Spirito di vita), alita e mantiene l'uomo. Più l'uomo si sintonizza con tutti i suoi pensieri su Dio, e più forze eteree entrano nella sua anima e nel suo corpo fisico (secondo aspetto). L'alito dello Spirito Santo pulsa sempre più nell'anima e nel corpo e dona ad entrambi (allo spirito e al corpo), armonia e gioia. Questo porta la salute alle cellule e agli organi del corpo. Tale processo avviene attraverso la membrana delle cellule e, di conseguenza, più equilibrato e sano è l'uomo. Una persona che giunge a tal punto non si accontenterà di opinioni umane. Se la Legge divina scorre nell'uomo egli la potrà richiamare. |
Vincendo me col lume d'un sorriso, ella mi disse: «Volgiti e ascolta; 21 ché non pur ne' miei occhi è paradiso». |
Superando le mie forze, con la luce d'un sorriso, ella mi disse: «Volgiti (verso Cacciaguida) e ascolta, ché non solo nei miei occhi è il paradiso». |
Come si vede qui alcuna volta l'affetto ne la vista, s'elli è tanto, 24 che da lui sia tutta l'anima tolta, |
Come si vede sulla Terra, quando l'affetto si manifesta nell'aspetto esteriore, se esso è così forte da occupare tutta l'anima, |
così nel fiammeggiar del folgór santo, a ch'io mi volsi, conobbi la voglia 27 in lui di ragionarmi ancora alquanto. |
così, nell'accresciuto splendore di Cacciaguida, riconobbi il desiderio che esso aveva di parlarmi ancora un poco. |
El cominciò: «In questa quinta soglia de l'albero che vive de la cima 30 e frutta sempre e mai non perde foglia, |
Egli cominciò: «In questa quinta dimensione dell'albero della vita, che assorbe l'energia vitale dalla cima, poiché dalla glandola astrofisica Sole, esso beve la vita, e frutta sempre e mai non perde foglia (nel cammino evolutivo), |
spiriti son beati, che giù, prima che venissero al ciel, fuor di gran voce, 33 sì ch'ogne musa ne sarebbe opima. |
ci sono spiriti beati, che giù in Terra, prima di morire, furono di così gran fama che, dai loro scritti, ogni poeta avrebbe ricca materia di poesia. |
Però mira ne' corni de la croce: quello ch'io nomerò, lì farà l'atto 36 che fa in nube il suo foco veloce». |
Pertanto, guarda nei bracci della croce; ognuna delle anime che io chiamerò per nome, scivolerà lungo la croce stessa, come fa il lampo attrraverso la nube, dalla quale è generato». |
Io vidi per la croce un lume tratto dal nomar Iosuè, com'el si feo; 39 né mi fu noto il dir prima che 'l fatto. |
Appena fu fatto il nome di Giosuè, il celebre successore di Mosè e conquistatore della Terra Promessa, vidi una luce trascorrere sulla Croce, |
E al nome de l'alto Macabeo vidi moversi un altro roteando, 42 e letizia era ferza del paleo. |
E al nome di Giuda Maccabeo ( il maggiore dei cinque fratelli Maccabei, che liberò gli ebrei dalla tirannide di Antioco Epifane, re di Siria), vidi un altro che passava roteando su sé stesso e pareva che la letizia fosse la cordicella che lo faceva girare come una trottola.
(Come già detto, queste anime liete, esprimono così come con danze e canti, la gioia delle visite che ricevono dai fratelli della Terra, è un inneggiare di amor fraterno). |
Così per Carlo Magno e per Orlando due ne seguì lo mio attento sguardo, 45 com'occhio segue suo falcon volando. |
Così per Carlo Magno e per Orlando, il maggiore dei paladini di Carlo Magno, morto nella rotta di Roncisvalle, due ne seguì il mio attento sguardo, come il falconiere segue il volo del suo falco. |
Poscia trasse Guiglielmo e Rinoardo e 'l duca Gottifredi la mia vista 48 per quella croce, e Ruberto Guiscardo. |
Attrasse la mia vista Guglielmo e Rinoardo (Guglielmo d'Orange, valoroso combattente contro i Saraceni, e Rinoardo, saraceno convertito da Guglielmo), vidi poi il duca Gottifredi, lungo la croce luminosa, e Roberto Guiscardo, figlio di Tancredi d'Altavilla, duca di Puglia e di Calabria, che scacciò i Saraceni dalla Sicilia. |
Indi, tra l'altre luci mota e mista, mostrommi l'alma che m'avea parlato 51 qual era tra i cantor del cielo artista. |
Così Cacciaguida, che mi aveva parlato, mi mostrò quale artista egli fosse tra gli altri cantori del Cielo. |
Io mi rivolsi dal mio destro lato per vedere in Beatrice il mio dovere, 54 o per parlare o per atto, segnato; |
Io mi rivolsi alla mia destra per sapere da Beatrice cosa fosse, per me, doveroso fare, dietro sua indicazione, trasmessami con parole e con segni; |
e vidi le sue luci tanto mere, tanto gioconde, che la sua sembianza 57 vinceva li altri e l'ultimo solere. |
e vidi i suoi occhi più fulgidi e lei più splendente di tutte le altre volte. |
E come, per sentir più dilettanza bene operando, l'uom di giorno in giorno 60 s'accorge che la sua virtute avanza, |
E come per il fatto di provare maggior diletto nel bene operare l'uomo s'accorge che la sua forza si eleva ancora di più, |
sì m'accors'io che 'l mio girare intorno col cielo insieme avea cresciuto l'arco, 63 veggendo quel miracol più addorno. |
così, vedendo Beatrice più risplendente di luce e bellezza, mi accorsi di essere salito ad un piano evolutivo più alto del precedente. |
E qual è 'l trasmutare in picciol varco di tempo in bianca donna, quando 'l volto 66 suo si discarchi di vergogna il carco, |
E come in un piccolo spazio di tempo avviene il mutamento nel volto di una donna, che si distacchi dal rossore della vergogna e riprenda il colorito naturale, |
tal fu ne li occhi miei, quando fui vòlto, per lo candor de la temprata stella 69 sesta, che dentro a sé m'avea ricolto. |
così mi apparve mutato il colore del cielo, quando mi volsi a guardarlo, dopo aver staccato gli occhi da Beatrice, |
Io vidi in quella giovial facella lo sfavillar de l'amor che lì era, 72 segnare a li occhi miei nostra favella. |
io vidi in quella gioiosa favilla splendente d'amor divino, qual'era quel pianeta che mi ospitava, lo sfavillio dell'amore che irraggiava dalle anime evolute che lì vivevano, così come nel nostro intendere è possibile percepire. |
E come augelli surti di rivera, quasi congratulando a lor pasture, 75 fanno di sé or tonda or altra schiera, |
E come uccelli levatisi in volo dalla riva di un fiume, quasi, rallegrandosi fra loro del cibo preso, si dispongono in cerchio o in altra schiera, |
sì dentro ai lumi sante creature volitando cantavano, e faciensi 78 or D or I or L in sue figure. |
così nelle loro fulgide aureole esse volteggiavano e cantavano facendo di loro ora una D, ora una I, ora una L.
Come nel significato: Dio, Illumina, Libera) ma, come si vedrà in appresso, le due prime lettere significano «DILIGITE IUSTITIAM». |
Prima, cantando, a sua nota moviensi; poi, diventando l'un di questi segni, 81 un poco s'arrestavano e taciensi. |
Prima si muovevano al ritmo del proprio canto, poi assumendo la forma di una delle suddette lettere, un poco s'arrestavano e tacevano. |
O diva Pegasea che li 'ngegni fai gloriosi e rendili longevi, 84 ed essi teco le cittadi e 'regni, |
O divina musa, che rendi longevi gli ingegni dei poeti con il tuo aiuto e ugualmente le cittą e i regni, |
illustrami di te, sì ch'io rilevi le lor figure com'io l'ho concette: 87 paia tua possa in questi versi brevi! |
illuminami del tuo valore, così che io possa rilevare le lor figure come io le ho concepite; si manifesti la tua potenza in questi versi brevi! |
Mostrarsi dunque in cinque volte sette vocali e consonanti; e io notai 90 le parti sì, come mi parver dette. |
Quelle anime si mostrarono in trentacinque fra vocali e consonanti, ed io presi nota delle singole lettere, a mano a mano che esse apparvero dette graficamente. |
'DILIGITE IUSTITIAM', primai fur verbo e nome di tutto 'l dipinto; 93 'QUI IUDICATIS TERRAM', fur sezzai. |
Diligite Iustitiam, furono le prime lettere della scritta dipinta nel cielo. Gli ultimi vocaboli furono: Qui Iudicatis Terram.
Tutta la frase costituisce il primo versetto del libro della «Sapienza», monito ai rettori del mondo, che dovrebbero attuare, in forma terrena, l'idea universale della Giustizia: «AMATE LA GIUSTIZIA VOI CHE GOVERNATE LA TERRA». |
Poscia ne l'emme del vocabol quinto rimasero ordinate; sì che Giove 96 pareva argento lì d'oro distinto. |
In fine, tutte quelle anime rimasero ordinate nell'emme dell'ultima parola (terram), così che il pianeta Giove appariva come un disco argenteo intarsiato d'oro, (per via della luce ardente dei beati). |
E vidi scendere altre luci dove era il colmo de l'emme, e lì quetarsi 99 cantando, credo, il ben ch'a sé le move. |
E vidi scendere altre anime luminose proprio sulla sommità dell'emme e lì fermarsi, inneggiando a Dio, che le attira a sé. |
Poi, come nel percuoter d'i ciocchi arsi surgono innumerabili faville, 102 onde li stolti sogliono agurarsi, |
Poi, come dai ceppi arsi dal fuoco, allorché vengono percossi, si sprigionano innumerevoli faville, da cui gli stolti sogliono trarre presagi, |
resurger parver quindi più di mille luci e salir, qual assai e qual poco, 105 sì come 'l sol che l'accende sortille; |
si videro levarsi di nuovo più di mille luci e salire, qual più e qual meno, a secondo del grado di evoluzione, da loro raggiunto; |
e quietata ciascuna in suo loco, la testa e 'l collo d'un'aguglia vidi 108 rappresentare a quel distinto foco. |
e, fermatasi ciascuna al suo posto, vidi rappresentare da quelle anime splendenti che si distinguevano dallo sfondo argenteo del cielo, la testa e il collo d'un'aquila, quale «uccel di Giove» o «aquila di Dio», simbolo del legame d'amore che unisce il Cielo alla Terra, nel quale simbolo, a sua volta, si manifesta la Giustizia Divina. (È da ricordare che tale nome è stato attribuito, come tanti altri, ai mezzi Extraterrestri, che hanno sempre visitato la Terra, durante tutto il corso della sua evoluzione e, maggiormente, nei tempi in cui, più forte incalzava, nel mondo terreno, la crudeltà umana). |
Quei che dipinge lì, non ha chi 'l guidi; ma esso guida, e da lui si rammenta 111 quella virtù ch'è forma per li nidi. |
Colui che dipinge nel cielo non ha maestri che lo guidi, ma Esso guida.
Il concetto che ciascuna creatura ha in sé l'istinto che la porta a fine provveduto è un caposaldo della filosofia di Dante. L'attività di ciascun ente (scintilla di Dio) è l'attuazione della Legge Divina; ma il soggiacere degli esseri alla legge divina non è un contrasto tra questa e l'attività di ciascuno, bensì è l'Universale Armonia, perché la Legge di Dio si attua per mezzo dell'attività spontanea e dell'istinto proprio di ciascun essere del creato. |
L'altra beatitudo, che contenta pareva prima d'ingigliarsi a l'emme, 114 con poco moto seguitò la 'mprenta. |
Gli altri spiriti beati, che prima assunsero la forma del giglio, con poco moto compirono, mutando la forma del giglio, la figura dell'aquila. |
O dolce stella, quali e quante gemme mi dimostraro che nostra giustizia 117 effetto sia del ciel che tu ingemme! |
O dolce stella, quali e quante gemme mi dimostrarono con tali figure, che la giustizia umana deriva dall'influsso del cielo che tu adorni! |
Per ch'io prego la mente in che s'inizia tuo moto e tua virtute, che rimiri 120 ond'esce il fummo che 'l tuo raggio vizia; |
Per la qual cosa io prego Dio, da cui deriva il tuo moto e la tua forza che guardi il luogo da dove deriva il malefico fumo che offusca il tuo raggio benefico, |
sì ch'un'altra fiata omai s'adiri del comperare e vender dentro al templo 123 che si murò di segni e di martìri. |
in modo che un'altra volta torni ad adirarsi (come già fece Gesù contro coloro che mercanteggiavano nel tempio di Gerusalemme, per l'infame traffico che si sta facendo nella sua Chiesa, le cui mura furono costruite coi «segni» miracolosi e con il sangue dei martiri. |
O milizia del ciel cu' io contemplo, adora per color che sono in terra 126 tutti sviati dietro al malo esemplo! |
O anime beate, o milizia del Cielo che io ora contemplo, prega per coloro che sono in Terra tutti sviati dietro al cattivo esempio! |
Già si solea con le spade far guerra; ma or si fa togliendo or qui or quivi 129 lo pan che 'l pio Padre a nessun serra. |
Già si errava prima, solendo con le spade far guerra, versando il sangue dei fratelli di umano cammino, contro l'amore divino, ma ora la guerra si fa anche per mezzo di interdetti e scomuniche, togliendo or a questo or a quello, per mezzo delle così dette «Sacre Inquisizioni», il pane della vita che Dio non nega a nessuno. |
Ma tu che sol per cancellare scrivi, pensa che Pietro e Paulo, che moriro 132 per la vigna che guasti, ancor son vivi. |
Ma tu o Chiesa che lanci scomuniche al solo fine di cancellarle per denaro, pensa che Pietro e Paolo che morirono per far vivere la Legge del Signore (la vigna) che tu ora deturpi, sono ancora vivi. |
Ben puoi tu dire: «I' ho fermo 'l disiro sì a colui che volle viver solo e che per salti fu tratto al martiro, 136 ch'io non conosco il pescator né Polo». |
Ben tu puoi dire: «Io ho fermamente rivolto il mio desiderio con tanto ardore a colui che volle vivere solitario nel deserto e che fu martorizzato per le danze di Salomè, che io non conosco né il pescatore né il navigatore».
Qui risalta la cattiva volontà della Chiesa di addentrarsi nella Conoscenza del Divino. Risalta inoltre il «malo esempio» della guida ecclesiastica. |