hide random home http://www.millecose.it/cefalu/home2.htm (Internet on a CD, 07/1998)

Cefalu'
Nobili Marinai Stregoni

Scorcio della villa del barone Bordonaro.
A foreshortening of the villa Bordonaro.

Dall'alto della torre merlata della villa Bordonaro alle porte di Cefalu' (loc. Mazzaforno), si vede il mare. Si insinua, orlato, di spume, in tre piccoli golfetti, in frangendosi sulla spiaggia sabbiosa e su sette inusitati piccoli faraglioni che sorgono neri dalle acque. L'incongrua presenza, nel bel mezzo di un golfo sabbioso, di questi faraglioni, e' stata spiegata come spesso accade (per non dir sempre), con una leggenda: i faraglioni altro non sarebbero che sette miseri fratelli pietrificati nelle basse acque del golfetto dove si erano gettati nel vano tentativo di salvare dalle grinfie dei pirati la loro unica sorella. Erano i costumi dei tempi. Che fine abbia poi fatto la tapina non ci e' dato di saperlo, ma la storia del rapimento non e' tanto improbabile. Ratti e rapine furono a lungo pratiche comuni, e certo Cefalu' non fu inunune dalle incursioni piratesche che affligevano le coste siciliane e da cui gli abitanti variamente si difendevano, ora nascondendosi ora tentando improbabili reazioni. La torre cui prima accennavamo, di fondazione medievale, e', difatti, sapientemente fortificata. Dall'alto di essa si puo' agevolmente abbracciare con lo sguardo un'ampia fetta d'orizzonte. I difensori, asserragliati in cima, potevano scagliare dardi o sparare pallottole su eventuali nemici o far precipitare incauti assalitori in profonde fosse opportunamente munite di spade e lancie acuminate.
Le botole studiate per questo scopo sono oggi chiuse ermeticamente, e lo sono da lungo tempo. I membri della famiglia Bordonaro, padrona della villa da tempi immemorabili, utilizzarono la torre a scopi tutt'altro che bellicosi. Sulle pareti delle due luminose stanze che si aprono in cima ad una strettissima scaletta di pietra, vi sono avanzi di delicate pitture fioreali, ripetute simmetricamente a creare l'effetto di una delicata carta da parati. E, come dicevamo, da lassu' si vede il mare. Ci piace pensare all'ultimo erede della famiglia, Gabriele Ortolano di Bordonaro, Principe di Torremuzza, seduto lassu' a rimirare le distese d'acqua, d'ulivi e limoni ai suoi piedi. Poche cose, ormai denotano la sua presenza: al piano nobile, pochi mobili, qualche quadro alle pareti e, sorprendentemente, una piccolissima raccolta di libri vistosamente letti e riletti; su un tavolo della sala da pranzo, una bottiglia per il rosolio con i suoi piccoli bicchieri. Eppure, il suo norfie e sempre presente: una targa di marmo, murata a sinistra del portone d'accesso, ricorda che la villa adesso e' proprieta' del Comune di Cefalu', per espressa volonta' del principe, munifico mecenate d'altri tempi che gia' prima aveva donato la pinacoteca di famiglia alla Galleria Abbatellis di Palermo. La villa, silenziosa nei profumi di gelsomino e lavanda che la circondano, attende le cure del suo nuovo padrone. L'intento e' quello di trasformare l'avita magione di campagna della famiglia Bordonaro in sede di rappresentanza del Municipio, per incontri e convegni a sfondo artistico e culturale, a rispecchiare l'indole del vecchio principe.
Interno del teatro comunale.
The interior of the municipal theatre

Questi, in qualche modo, ha continuato una tradizione di famiglia nell'ambito della cultura cefaludese: ben due baroni di Bordonaro appaiono tra i proprietari dell'antico teatro comunale di Cefalu', ed il nome della famiglia appare altresi' tra quello dei promotori della costruzione. Il teatro, infatti, fu voluto e finanziato, al principio del secolo scorso, da un gruppo di famiglie d'alto rango. La sua attivita', a quanto risulta dai documenti dell'epoca, fu intensa, dapprincipio, tanto che molti comuni vicini, visto il buon esito dell'iniziativa, s'affrettarono a dotarsi di consimili strutture. Ma, nonostante la buona volonta', la storia del teatro fu piuttosto travagliata: alternativamente chiuso e riaperto (nel 1837 fu perfino adibito a lazzaretto in occasione di un'epidemia di peste), passo' infine al Comune, il quale avvio' restauri, ampliamenti ed abbellimenti (1884). La decorazione, in particolare, fu affidata ad un pittore cefaludese, Rosario Spagnolo,
giovane artista di grande talento che meriterebbe ben altra attenzione. Dai suoi pennelli scaturirono la gigantesca tela che avrebbe omato il soffitto, i fondali ed il sipario. L'inaugurazione del teatro fu un grande evento e ad essa seguirono alcuni anni di intensa attivita': sul palcoscenico cefaludese si alternarono la prosa, l'operetta ed il bel canto, e financo il cinema trovo' un suo spazio negli anni Venti. Abbandonato e definitivamente chiuso alla soglia degli anni Ottanta, il grazioso teatrino ando' sempre piu' decadendo, fin quando, circa un anno fa, sono stati avviati i restauri. L'interno, al momento, e' pressocche' inaccessibile e tutti gli arredi sono stati opportunamente rimossi. Sul fondo del palcoscenico, rimane soltanto, malinconicamente appesa, il cellophane a proteggere le rotonde forme di Muse e Arti, la grande tela di Rosario Spagnolo, gia' restaurata ed in attesa di essere ricollocata al suo posto, a far da volta ai graziosi piccoli palchetti. Un'altra famiglia, oltre ai Bordonaro, merita d'essere menzionata, parlando di Cefalu'. I Ventimiglia, d'origine ligure, giunsero in Sicilia nel XIII secolo e si affermarono tra i potenti dell'isola. Il loro feudo comprendeva amplissime porzioni di territorio nelle Madonie, e i loro castelli si possono ancor oggi vedere a Castelbuono e Geraci Siculo.
Una delle bifore sulla facciata dell'Osterio Magno prospiciente via Amendola.
One of the double-millioned windows of the Osterio Magno on the facade on via Amendola.

A Cefalu', che fu loro feudo fino al 1431, acquisirono l'Osterio Magno, un bel palazzetto che tradizionalmente si indicava come residenza cefaludese di Ruggero 11, il re normanno che tanto amo' la cittadina sotto la rocca da volere qui la costruzione di una cattedrale bellissima, che ancora oggi e' il suo principale vanto. In effetti, fino ad una certa altezza, le mura della massiccia torre quadrangolare che forma l'angolo del palazzo - disposto ad L tra corso Ruggero e la stretta via Amendola - sono di epoca normanna, ma l'Osterio Magno non ha nulla a che vedere con la dimora di Ruggero. Altri, e gia' molto tempo prima, abitarono questo luogo: gli scavi di archeologia, infatti, volti alla esplorazione dell'antico tessuto urbano condotti a cavallo degli anni Ottanta/Novanta dal professore Amedeo Tullio, hanno rivelato la presenza di abitazioni ellenistiche e hanno
restituito un,tuon numero di reperti relativi a questa fase. I lavori di restauro, che si sono svolti nello stesso periodo sotto la direzione degli architetti Braida e Corselli D'Ondes, dal canto loro non furono meno interessanti: sotto strati di intonaco, si rinvennero - sul prospetto sulla via Amendola - le linee ed i colori originali di eleganti bifore duecentesche incorniciate da fasce bicrome senza paragone in Sicilia (diligentemente ricostruite con pezzi originali ritrovati nello spessore dei muri del palazzo); dietro un architrave, rimosso per la disinfestazione, salto' fuori, accuratamente ripiegato, un disegno seicentesco che ritraeva il complesso della "Domus Magna" dall'alto. Si e' molto lontani, pero', dalla fine dei restauri. I molti, pregevoli risultati conseguiti, e la definizione di una destinazione museale per l'edificio (a cura dell'Azienda Autonoma Turismo), non devono far dimenticare che grande parte di esso e' ancora frazionato in mano a privati, per via di un processo di parcellizzazione avviato gia' nei primissimi anni del Seicento, con la cessione dell'Osterio ai Frati Domenicani. Allora, il palazzo fu suddiviso in appartamenti e botteghe, (ancora nel secolo scorso ben poco si sapeva financo della sua reale dimensione ed estensione) e tale divisione e' rimasta ancora oggi. Lasciato l'Osterio Magno, percorrendo corso Ruggero, la principale arteria del centro storico, si arriva alla gia' citata cat- tedrale, alta in cima ad una scalinata a dominare un'ampia piazza quadrangola- re. Da essa, dirimpetto al monumentale edificio sacro, si diparte una piccola strada in discesa che conduce al mare. Su di essa prospetta il palazzetto ove dimorava un A ei personaggi che hanno fatto parte altro della' storia di Cefalu': il barone Enrico Pi- raino di Mandralisca (1809 - 1864). Uomo di levatura eccezionale, questi, il quale, per dirla con Vincenzo Consolo, per sfug- gire all'impasse di una vita costretta in rigide regole e doveri, si abbandona alle av- venture dello spirito, alla passione della rĄcer- ca, alla febbre degli ideali: si consegna allo studio e alle esplorazioni izaturalĄstiche e ar- cheologiche, si nutre di ial-eali risorgimentali. Rappresentante di Cefalu' nel Parla- mento Siciliano nel 1848 e deputato', tredici anni dopo, nel primo parlamento del Regno d'Italia, il Mandralisca, nonostante la capacita' politica ed il fervore con cui si batteva per le sue proposte (ad esempio l'abolizione dei privilegi feudali), lega il suo nome al mondo delle scienze naturali ed arcleologiche, che formarono la passione piu' stilizzata della sua vita (G. La Loggia). La sua casa, oggi, e' un museo che porta il suo nome e celebra, un po' troppo silenziosamente, a dire il vero, la memoria di questo raccoglitore d'arte, erudito archeologo, numismatico e naturalista di notevole livello (G. La Loggia). Per ampliare le sue raccolte, il barone si sobbarco' spese e fatiche non comuni, ma quel che colpisce non e' tanto questo, quanto il fatto che gia' in origine tale patrimonio portasse il destino di "memoria" degli interessi di quest'uomo di cultura (T. Viscuso). Egli, infatti, aveva gia' ben chiaro in mente un preciso intento educativo: nel suo testamento destino' le rendite annue dei suoi beni alla fondazione e mantenimento di un Liceo e stabili' che le preziose raccolte venissero degnamente conservate per "servire" alla stessa scuola e per la crescita culturale della citta'. Il Museo Mandralisca, arricchito nel 1879 del generoso lascito dell'avvocato Vincenzo Cirrincione, e' suddiviso in piu' sezioni: la pinacoteca, la sezione archeolo gica - con un'ampia e preziosa raccolta numismatica, la raccolta malacologica ed una biblioteca. Ognuna di esse ha, naturalmente uno o piu' "pezzi forti": merita piu' di un'attenzione fuggevole, ad esempio, il "cratere del venditore di tonno", un vaso, la campana" del IV sec. a.C. proveniente da Lipari.
Il "Ritratto di ignoto" e' uno dei capolavori di Antonello da Messina. Si trova nel Museo Mandralisca.
The "Portrait of an Unknown Person" is one of the masterpieces of Antonello da Messina. It is to be found in the Museo Mandralisca.

Ma l'attenzione e' calamitata da un unico pregevolissimo quadro, vero e proprio fulcro del museo: il "Ritratto di Ignoto" di Antonello da Messina (1465-70), fu acquistato dal barone Mandralisca a Lipari, dove pare l'avesse notato in una farmacia, montato a far da sportello ad uno stipetto. Il dipinto, di non grandi dimensioni (cm 31x24,5), raffigura un giovane uomo (un marinaio? un nobiluomo? un buffone?) dallo sguardo penetrante, mobilissimo pur nella sua fissita', le labbra appena increspate da un sorriso a meta' tra il malizioso e il beffardo. Meno "inquietanti", ma non per questo meno interessanti, sono le opere esposte nel recentissimo museo di Gibilmanna, frazione di Cefalu' appollaiata sui bassi monti alle sue spalle. Vi si giunge percorrendo larghi tornanti tra quercie e castagni, dominando un panorama via via sempre piu' ampio sul mare e le vallate. Il museo, inaugurato nel giugno 1993, e' annesso ad un santuario cappuccino che, secondo la tradizione, sarebbe stato fondato, insieme ad altri cinque, da Gregorio Magno. Le dieci sale adibite a museo sono state ricavate negli antichi locali di servizio del convento dei frati, sottoposte ad un attento restauro che ha restituito loro il rustico aspetto originale, nel pieno rispetto delle strutture preesistenti.
Vi sono esposte opere d'arte sacra provenienti dalla Val Demone e risalenti al XVII e XVIII secolo. Dipinti, paramenti sacri d'eccezionale valore artistico, statuette e crocifissi narrano la storia semplice della religione francescana ma anche, e non solo per riflesso della precedente, la vita quotidiana dei semplici abitanti della Sicilia di due e piu' secoli fa. Vi e' - infatti - una sezione etnoantropologica, con i piu' diversi attrezzi della massaia, del contadino, del calzolaio ecc., raccolti con attenzione affettuosa dai curatori del museo. Per chi volesse saperne di piu', vi e' anche una ricca biblioteca, con incunaboli e cinquecentine rari e preziosi, testi del Seicento, volumi di storia, filosofia e teologia. Inoltre, sotto il santuario, si possono visitare le piccole catacombe dove sono stati sistemati ex voto di grande interesse: proprio all'ingresso, ad esempio, vi e' un grande pannello con uno "zodiaco ecclesiastico": in dodici minuscoli reliquiari, uno per ogni mese dell'anno, sono sistemate le reliquie di tutti i santi che vengono commemorati giomo per giorno. Dal rassicurante misticismo cristiano di Gibilmanna, per contrasto il pensiero corre a quello, sconvolgente, di Aleisteir Crowley, vissuto a Cefalu' al principio degli anni Venti di questo secolo. Sulla sua identita' sono state fatte le piu' singolari ipotesi, scaturite dall'alone di mistero che lo circonfondeva: stregone, cocainomane, demonio, pervertito,piu' semplicemente, pazzo, Crowley fu, probabilmente, un po' di tutto questo. La parentesi cefaludese di Crowley ebbe termine nel 1923, quando la polizia locale, insospettita dalle voci di spionaggio e istigata dalla popolazione, timorosa e sconcertata dai comportamenti veri o supposti dello stregone e dei suoi "mormoni", decise d'intervenire, grazie anche alla collaborazione di una delle adepte della setta. Crowley fu processato per oltraggio al pudore e per tutte le sue misteriose pratiche, cacciato da Cefalu' e interdetto dal risiedere sul suolo italiano. La casa-abbazia, semi-sommersa dall'esuberante vegetazione e nascosta dalle nuove palazzine sorte tutt'intormo, attende un'iniziativa di restauro e recupero che tuteli la memoria di uno dei personaggi e dei luoghi piu' singolari di Cefalu'. Cosi' come l'attendono i mulini ad acqua, per nulla misteriosi, ma ugualmente custodi di un'importante memoria storica. Essi, per la maggior parte rovinati o inglobati in proprieta' private, costituivano con la loro attivita' una voce positiva nell'economia di Cefalu'. Sfruttando l'acqua delle sorgenti sulla rocca, essi si sviluppavano in due lunghe file verso il mare, ricalcando, probabilmente, una teoria di mulini esistenti gia' in epoca araba e citati dal geografo Edrisi nella sua descrizione di Cefalu' nel 1151.
Stalattiti nella Grotta delle meraviglie.
Stalacties in the Grotta delle meraviglie. (Wonders grotto)

Infine, parlando di future, auspicabi iniziative, vogliamo citare le due grotte sulla rocca che domina la cittadina. Esse, profonde e scure, si insinuano nella montagna ornate di stalattiti e stalagmiti di rara bellezza e suggestione. Una di esse, d'accesso relativamente facile, e' stata fatta oggetto, purtroppo, delle devastanti attenzioni di vandali collezionisti, bramosi di portarsi a casa un inconsueto souvenir. La seconda, al contrario, di piu' difficile accesso, e' intatta nella sua straordinaria ricchezza che, grazie ad opportuni itinerari assistiti e guidati si potrebbe rendere fruibile dal pubblico, arricchendo ancor piu' il patrimonio d'attrazioni non indifferente che Cefalu' puo' vantare.




copyrig.gif - .084 K Realizzazione a cura della MDM s.r.l. Tutti i diritti riservati.