Parecchio interesse ha suscitato, tra i lettori di “Pianeta Rosa”, la presenza nell’ultimo numero del racconto di Bob Geldof in cui egli spiegava i motivi che lo spinsero ad accettare la parte di protagonista nel film The Wall, opera rock in celluloide che ha suscitato molto clamore ed è stata sempre considerata un vero capolavoro, tenendo a mente la natura psicologica dei contenuti ed il suo senso di pessimismo totale ed imperante. Sorprendentemente, Bob Geldof si è sempre dimostrato molto critico nei confronti del film da lui stesso interpretato; in sostanza, lui ha sempre affermato, piuttosto pesantemente, che il concept-movie di Waters non era altro che un’accozzaglia indecifrabile di frustrazioni psicologiche proprie dell’autore, che lui ha interpretato con molto distacco proprio perché non le avvertiva come proprie e, comunque, non ne condivideva la negatività delle concezioni ed il senso di isolamento che, invece, traspare durante l’intero arco di durata del film. A questo riguardo, il cantante irlandese ha affermato: “Non capisco cosa diavolo ci possano trovare di tanto interessante in un incubo portato alla realtà. The Wall era solamente una visione distorta della realtà, qualcosa di molto personale e, comunque, influenzato dalla sofferenza di un protagonista alla disperata ricerca di un’identità. Non ho niente di personale contro Waters, piuttosto lo compatisco, comprendo che deve aver trascorso un’infanzia allucinante e questo ha indubbiamente influito sulla formazione del suo carattere ma, fossi stato in lui, non avrei mai fatto di tutto ciò un prodotto da vendere al pubblico; questa non è arte e nemmeno psicologia, piuttosto è una triste storia umana che assume contorni ancora più mediocri se analizzata oltre le sfumature. Roger è una persona che si trascina dietro frustrazioni ed ansietà di un’esistenza negativa, dove i modelli e le regole erano sostanzialmente ingiuste al punto tale che il muro ideale non era solo un ostacolo insormontabile, ma anche una protezione immaginaria da una realtà completamente diversa da come Waters l’aveva interpretata.
Non credo che lui sia mai riuscito a sfondare quel muro, né credo ci riuscirà mai...
Riguardo al film, accettai la parte perché ero totalmente al verde e non potevo rinunciare ad un’occasione tanto propizia. Non mi piaceva il copione, né tantomeno mi sentivo calato nel personaggio, e pensare che quando lessi le critiche si parlava della mia splendida interpretazione...!”.
Bob Geldof ha esteso le sue critiche anche al regista del film, Alan Parker, descritto come un pazzoide schizofrenico che riesce a stento a controllare le sue sensazioni. Dal canto suo, Roger Waters non ha mai dato troppo peso alle accuse mossegli da Geldof ed ha sempre accettato piuttosto serenamente i suoi giudizi. Ha detto al riguardo: “Quando dovemmo scegliere un interprete per The Wall non avemmo dubbi che Geldof fosse la persona giusta. Tutto sommato, sono molto soddisfatto dell’interpretazione di Geldof, più che altro perché è riuscito a calarsi nel personaggio senza necessariamente condividere le concezioni dello stesso, e questo è davvero molto difficile. Definire The Wall un film autobiografico mi sembra errato; alcune delle componenti a livello di spunti sono frutto della più pura fantasia, che può anche essere negativo, ma non per questo necessariamente riconducibile ad una personalità scura ed oppressa. C’è molto impegno in questo film, la voglia di comunicare qualcosa, di incitare la gente a non chiudere gli occhi ed a capire se stessi attraverso l’introspezione psicologica. The Wall va a coronare un ciclo molto importante che, fortunatamente, ha avuto un felice esito: il muro è andato giù...
Riguardo a Bob Geldof, lo avrei voluto avere nello show di Berlino, così come gli altri Pink Floyd ma, in fondo, questa era la mia storia ed ho preferito contare su forze positive”.
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